Siria, guerra aperta nel sud


Michele Giorgio - Near Neast News Agency


Ieri, nel caos, le elezioni municipali nel paese di Bashar Al-Assad. Intanto duri combattimenti sono in corso da sabato scorso tra truppe governative e disertori nella regione di Lujah.


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Siria, guerra aperta nel sud

Sotto strette misure di sicurezza ieri si sono aperte le urne per le elezioni municipali in tutta la Siria. Si è votato per il rinnovo di 1.337 amministrazioni. Ma l'attenzione del paese è tutta rivolta ai duri combattimenti in corso da sabato scorso tra truppe governative e disertori nella regione di Lujah e nella cittadina di Busra al Harir. Ieri sera inoltre è scaduto l'ultimatum che, secondo gli oppositori del presidente Bashar Assad, sarebbe stato fissato dalle forze armate per riportare la calma ad Homs, epicentro da mesi di violenti scontri e dimostrazioni. Mohamed Hamdo, del sedicente del Libero esercito siriano, ha riferito che venerdì i comandi militari avevano dato 72 ore di tempo ai disertori per consegnare le armi e arrendersi. I soldati governativi avrebbero anche costruito trincee attorno ad Homs lasciando immaginare un lungo assedio. Il governo siriano però non ha confermato l'esistenza di un'ultimatum e la tv pubblica ha mostrato ieri immagini di una normale vita quotidiana in città, dando informazioni sulle elezioni municipali e sottolineando che tremila candidati sono in corsa nella sola regione di Homs. Non sorprende perciò la guerra di numeri scoppiata tra media ufficiali e opposizione sui dati dell'affluenza alle urne. Per il governo alle 12 ieri aveva votato il 30% degli aventi diritto. L'opposizione, che ha incitato a boicottare le elezioni, ha riferito cifre assai più modeste: neanche il 10% del totale.
La zona di Lujah, nel sud del paese, è diventata un rifugio per i militari disertori a causa della sua conformazione, montagnosa e disseminata di grotte naturali, quindi inaccesibile ai mezzi corazzati. Verso quest'area è avanzata la 12esima brigata meccanizzata e si è scatenata la prima ampia battaglia tra forze armate dall'inizio delle proteste contro il regime. I disertori di Lujah, alcune centinaia, sono in possesso di armi prese dalle caserme dove prestavano servizio prima di darsi alla fuga e in parte giunte anche da Giordania, Libano e Turchia (il confinante Iraq, sostiene Assad). L'inviato del Guardian, Ghaith Abdul-Ahad, domenica ha raccontato in un lungo reportage le rotte del traffico di armi a favore dei disertori siriani.
Per ora non si conosce alcun bilancio dei combattimenti nel sud della Siria. Si sa soltanto che sono molto violenti. L'agenzia britannica Reuters ha citato una donna di Busra al Harir che ha riferito di bombardamenti e della popolazione chiusa in casa. Di 13 vittime civili, solo nella giornata di ieri, parlano invece i Comitati di coordinamento locali (anti-regime): 10 a Homs, di cui un bimbo di 2 anni, 2 nella regione centrale di Hama e 1 in quella nord-occidentale di Idlib. Un resoconto che non può essere verificato da fonti indipendenti. Assad ha vietato l'ingresso alla stampa estera ma questa decisione si è rivelata un boomerang poiché ha lasciato alle opposizioni la possibilità di occupare all'estero tutto lo spazio mediatico, specie in Occidente dove gli organi d'informazione statali siriani non sono ritenuti credibili. Sulla Siria ormai piovono accuse di ogni tipo e da più parti. La Francia, pur ammettendo di non avere prove, ha punta ugualmente l'indice verso il regime di Damasco per l'attentato dell'altro giorno in Libano contro militari francesi dell'Unifil. Secondo un giornale turco, Sabah, vicino al premier sunnita Erdogan (nemico di Assad), Damasco avrebbe armato i propri missili a medio raggio con 600 testate chimiche da una tonnellata, da usare nel caso di un intervento militare armato straniero. Assad avrebbe anche ordinato il dislocamento di 21 lanciamissili lungo i confini con la Turchia.
È proseguita anche ieri la campagna di «disobbedienza civile» avviata dalle opposizioni e contrassegnata domenica da un primo sciopero generale in diverse località del Paese. «A Daraa, Idlib e in alcuni quartieri di Damasco lo sciopero ha avuto una adesione quasi totale», hanno comunicato gli attivisti dell'opposizione che hanno anche postato su youtube filmati in cui si mostrano negozi con le saracinesche abbassate e strade vuote, anche in alcuni rioni periferici della capitale. Aggiungono che domenica l'intervento violento delle forze di sicurezza ha costretto i negozianti ad aprire e a riprendere le attività. Da parte loro l'agenzia «Sana» e la televisione statale hanno mostrato immagini dei mercati delle città del paese regolamente aperti.
Sul piano politico-diplomatico si attende l'esito della riunione dei ministri degli esteri dei paesi della Lega araba, fissata per il 17 dicembre. Discuteranno la risposta dell'organizzazione panaraba – che spinta dai paesi del Golfo tiene sotto pressione Assad – all'accettazione condizionata da parte di Damasco del «piano arabo» che prevede l'invio di centinaia di osservatori in Siria e una road map politica che, di fatto, prepara il dopo-Assad.

Fonte: Il Manifesto

13 dicembre 2011

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