Somalia, tra Kenya e al-Shabaab ormai è guerra aperta


Avvenire


​È morta la donna francese rapita in Kenya il primo ottobre e tenuta in ostaggio dai fondamentalisti in Somalia. L’aviazione kenyota ha lanciato una campagna di bombardamenti contro le postazioni dei ribelli islamici nell’ovest della Somalia. Evacuati gli operatori umanitari nel campo profughi di Dadaab.


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Somalia, tra Kenya e al-Shabaab ormai è guerra aperta

È morta a causa della barbarie dei suoi rapitori Marie Dedieu, la francese di 66 anni, malata di cancro e paraplegica, rapita in Kenya il primo ottobre e tenuta in ostaggio dai fondamentalisti islamici in Somalia. Mentre una bomba è scoppiata vicino al porto marino di Mogadiscio, ferendo almeno due persone, e l'esercito di Nairobi ha lanciato una nuova campagna di bombardamenti contro le postazioni degli integralisti islamici Shabab, che rivendicano il loro legame con Al Qaida.

"Voglio esprimere la nostra indignazione rispetto a quest'atto di crudeltà e barbarie che dovrà essere punito in modo esemplare", ha detto il premier francese, Francois Fillon, esprimendo il rammarico di tutto il governo per la morte della Dedieu, una femminista in pensione che da 15 anni si era trasferita nell'isola kenyota di Manda, vicino Lamu. Poco prima, il Quai d'Orsay, aveva annunciato che "i contatti attraverso i quali il governo francese cercava di ottenere la liberazione della Dedieu (…) ci hanno annunciato la sua morte senza lasciarci la possibilità di accertarne data e circostanze". La donna era malata di cancro. "Era in fase terminale e senza medicine non avrebbe potuto reggere più di 2 o 3 giorni", ha riferito una fonte diplomatica a Parigi. "È morta perché non aveva le medicine", ha aggiunto, precisando che la Francia ha cercato per tre volte di fargliele giungere. Inoltre, dopo un grave incidente di auto, la francese si spostava in sedia a rotelle, che i rapitori non le avevano fornito. "Sono molto triste. Speravo che tornasse ma sapevo che sarebbe finita così (…) era malata, soffriva sempre e da tanto tempo", ha detto il suo compagno John.

Intanto, una bomba è scoppiata oggi vicino al porto marino di Mogadiscio, ferendo almeno due persone, dopo che ieri un kamikaze ha ucciso sei persone in città. Intanto, l'aviazione kenyota ha lanciato oggi una campagna di bombardamenti contro le postazioni dei ribelli islamici nell'ovest del Paese. Secondo alcuni responsabili locali, le truppe di Nairobi che hanno attraversato la frontiera il 15 ottobre scorso hanno raggiunto la città di Qoqani, un centinaio di chilometri all'interno del territorio della Somalia. Secondo un portavoce dell'esercito del Kenya, Emmanuel Chirchir, i "nostri aerei sono coinvolti nelle operazioni".

Il portavoce non ha fornito dettagli sugli effettivi impegnati in questa missione, ma gli analisti parlano di almeno 2.000 uomini. Secondo diversi testimoni, i bombardamenti kenyoti sono stati intensi e hanno avuto come obiettivo le basi degli shabab, gli insorti integralisti islamici somali che lottano contro il governo transitorio di Mogadiscio. Per ora, non è stato diramato alcun bilancio di questi bombardamenti, ma secondo Nairobi, oltre 70 ribelli shabab sono stati uccisi dall'inizio dell'operazione, che si concentra nella provincia somala di Bas Juba. Da parte sua, l'esercito del Kenya ha riconosciuto di aver perso un elicottero, con a bordo cinque membri dell'equipaggio, a causa di un incidente. Ma secondo fonti della polizia del Kenya, le perdite sarebbero più pesanti.
L'operazione dell'esercito kenyota è scattata dopo che Nairobi ha accusato gli shabab di essere responsabili del rapimento di almeno quattro straniere, tra cui la Dedieu, in Kenya dall' inizio di settembre. Sempre oggi, sono stati evacuati gli operatori umanitari a Dadaab, al confine fra Kenya e Somalia dove si trova un campo profughi che ospita quasi 500 mila persone. Gli unici a restare sul campo sono le grandi agenzie che fanno distribuzione di generi di prima necessità.

EVACUATI GLI OPERATORI UMANITARI NEL CAMPO PROFUGHI
Sono stati evacuati gli operatori umanitari a Dadaab, al confine fra Kenya e Somalia dove si trova un campo profughi che ospita quasi 500 mila persone ma predisposto per accoglierne 90 mila. Gli unici a restare sul campo sono le grandi agenzie che fanno distribuzione di generi di prima necessità. Lo rende noto Marina Bottelli, operatrice di Cesvi, ong italiana che si occupa di progetti per la salute pubblica, che ora si trova a Nairobi.

"Dopo il rapimento delle due persone di Medici senza frontiere – ha raccontato la donna – si sono bloccate tutte le attività sul campo tranne appunto quelle delle agenzie che fanno distribuzione di acqua e cibo e che fanno le registrazioni". Mancano le scorte senza le quali "non ci si può muovere e comunque l'ordine è di fermare tutto a causa di forza maggiore fino a nuovo avviso". Insieme al personale internazionale da oggi – prosegue Bottelli – si è deciso di far rientrare anche lo staff locale.

"In Somalia per questioni legate alla sicurezza – ha proseguito l'operatrice – non ci sono espatriati, l'unica persona che stava sul campo, nei territori dove sono entrate le truppe kenyote, è il responsabile Cesvi, un somalo danese, del progetto sulla protezione dell'infanzia che è rientrato ieri. Era in una città al confine tra Kenya e Somalia lunedì, città costituita da una parte Somala e una parte Kenyota, quando le truppe Kenyote sono entrate in Somalia con elicotteri e blindati. È rimasto bloccato un giorno senza poter rientrare in Kenya, sotto piogge scroscianti. Ora si trova nella stessa città lato kenyota dove coordina e gestisce l'installazione dei cosiddetti spazi amici dei bambini che sono luoghi temporanei dove i bambini possono raccogliere e beneficiare di sostegno durante la situazione di emergenza. Qui viene dato loro supporto psico sociale e vengono create attività ricreative e di condivisione. Si tratta di bambini sfollati e rifugiati che soffrono o hanno sofferto situazioni di conflitti armati e che sono ancora esposti al rischio di essere vittima di uso della violenza".

Fonte: Avvenire

19 ottobre 2011

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