Lo stato di emergenza sigilla Bangkok


Emanuele Giordana - Lettera22


Si aggrava la situazione nel regno tailandese di Bhumibol Adulyadej, che per ora tace. Non c’è più pace e la democrazia entra in crisi: si dichiara apertamente lo stato di emergenza.


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Lo stato di emergenza sigilla Bangkok

E' senza pace il regno di re Bhumibol Adulyadej, il più longevo monarca tailandese. Ed è senza tregua la sua democrazia sotto tutela che non riesce a trovare stabilità mentre gli indicatori economici segnano il meno e un governo sotto pressione decide, nella notte, per la strada maestra cara a tutti i regimi: lo stato di emergenza. Le immagini che dalla capitale tailandese sono arrivate ieri sino a noi ci hanno mostrato strade occupate da manifestanti con caschi e bastoni, megafoni in cui si urlano parole d'ordine e polizia in assetto antisommossa che, benché alla fine ci sia scappato anche il morto e sia stato sparato più di un colpo di pistola tra opposti dimostranti, sembra abbia scelto la mano leggera. Dietro le transenne un folla di qualche centinaio di uomini ben organizzati tiene duro sotto un cartellone in cui si affacciano l'ex premier Thaksin Shinawatra e sua moglie accanto alla scritta, in inglese, "Most Wanted": ricercati. Ed è tutta qui la lettura di questa ennesima crisi che per adesso ha scelto di non sciogliere il nodo rinviando tutto a quando alle forze di sicurezza sarà ordinato di tornare nelle caserme e finirà lo stato di emergenza, per ora limitato alla capitale. Misura che sa di mini golpe in un clima violento che non si vedeva a Bangkok da almeno cinque lustri.
Il confronto tra il primo ministro Samak Sundaravej e i suoi oppositori, riuniti nell'Alleanza popolare per la democrazia (Pad), inizia una settimana fa. La scena madre è l'occupazione degli uffici del primo ministro da parte di un gruppo di manifestanti del Pad che conta diversi fan nella capitale ma pochi adepti nelle campagne, bacino di voti nel neo premier scelto in gennaio come capo di un governo di coalizione dopo che il suo partito del Potere popolare (Ppp) ha vinto le elezioni del dicembre scorso, indette a oltre un anno dal golpe militare incruento del settembre 2006 che aveva cacciato in esilio l'allora premier Thaksin Shinawatra. In Sundaravej, gli attivisti del Pad vedono però la reincarnazione con altre sembianze di Thaksin e del suo partito – "I Thai amano la Thailandia" – che ha sempre vinto le competizioni elettorali contando sul voto delle campagne e un abile nazional-populismo. Quanto a Thaksin, era rimasto in esilio sino al febbraio di quest'anno e in luglio era finito alla sbarra a Bangkok: la brutta piega del processo indurrà la famiglia Shinawatra a far velocemente ritorno nel Regno unito.
Ma il Pad, ed eravamo ancora in maggio, ha già cominciato a rumoreggiare e, in agosto, tenta di rovesciare con la piazza il premier amico di Thaksin, occupando platealmente la sua dimora istituzionale. La città sembra in gran parte con i dimostranti e si muovono anche i sindacati. Quando l'altro ieri notte i supporter di Sundaravej si scontrano con i suoi oppositori e il clima si calda vieppiù, il premier si "vede costretto" a una mossa – lo stato di emergenza – che consegna a militari e polizia poteri eccezionali, compreso quello di sgomberare chiunque da dovunque. Ma i militari che, è bene ricordarlo, seguirono le indicazioni del re quando decisero di far scendere i carri armati a Bangkok nel settembre di due anni fa per rimuovere Shinawatra, non sembrano contenti della piega presa dagli eventi. Il re tace. Si muove la Commissione nazionale elettorale che accusa il partito di Sundaravej di brogli nelle ultime elezioni e raccomanda la messa fuori legge del Ppp. Adesso la palla passa alla magistratura, che potrebbe portare il caso davanti alla Corte costituzionale chiedendo la rimozione del primo ministro e la sua esclusione per cinque anni dalla politica.

Fonte: Lettera22 e il riformista

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3 settembre 2008

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