Olimpiadi, libertà di protesta
"Ma solo nei parchi ghetto"


Federico Rampini


Possibile manifestare in tre aree speciali. Vietati gli slogan a favore del Tibet
. Il permesso deve essere richiesto alla polizia con 5 giorni di anticipo. I dissidenti non si fidano dell’annuncio "Una messinscena per gli stranieri".


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Olimpiadi, libertà di protesta
"Ma solo nei parchi ghetto"

PECHINO – Una rivoluzione democratica annunciata dal capo della polizia. Così è apparso l'annuncio dato ieri da Liu Shaowu, numero uno della pubblica sicurezza ai Giochi olimpici di Pechino. "Se qualcuno vorrà organizzare manifestazioni durante le Olimpiadi – ha dichiarato Liu in una conferenza stampa – inviteremo a farlo in tre aree pubbliche che abbiamo destinato a questo scopo". Designare delle zone speciali per le manifestazioni, è una consuetudine nelle città che ospitano i Giochi. Serve a evitare interferenze con la complessa macchina organizzativa e il traffico caotico di decine di migliaia di visitatori. Ma Pechino non è Atene né Sidney né Atlanta. È la capitale di un regime autoritario, dominato da un partito comunista che non ammette opposizioni. Come provarono sulla propria pelle gli studenti a Piazza Tienanmen nel 1989, qui la libertà di espressione esiste solo sulla carta: cioè nella Costituzione della Repubblica Popolare, uno dei testi giuridici meno applicati del mondo. Ma Liu Shaowu ieri è stato tassativo. Ha aggiunto l'indicazione dei luoghi eletti, dove sarà consentito organizzare cortei, comizi e sit-in all'aperto. Si tratta del parco Ritan, del parco Zizhuyuan (detto del Bambù Purpureo) e del World Park. Qualcuno ha storto il naso perché gli ultimi due sono in sostanza dei parchi-attrazione, ed è un po' come se il sindaco di Parigi costringesse le manifestazioni a svolgersi dentro Eurodisney.

Non importa: se davvero la promessa sarà mantenuta, la novità è di rilievo. Sarebbe il primo gesto importante del governo cinese per venire incontro alle pressioni internazionali, e rispettare gli impegni presi quando ottenne l'assegnazione delle Olimpiadi. Era il 2001: in occasione della vittoria di Pechino i leader comunisti fecero promesse solenni sui progressi dei diritti civili. La rivolta del Tibet a marzo è stata un brutale richiamo alla realtà. Il mondo intero ha visto crollare le speranze che questi Giochi presentassero una Cina dal volto più tollerante. Da allora molti governi hanno continuato a premere sul presidente Hu Jintao per ottenere qualche concessione: l'avvio di un dialogo vero con il Dalai Lama, la liberazione di qualche prigioniero politico. George Bush e Nicolas Sarkozy hanno escluso un boicottaggio della cerimonia inaugurale, speranzosi che la loro presenza qui a Pechino l'8 agosto possa incoraggiare il regime ad aprirsi. L'annuncio del capo della sicurezza a due settimane dall'inaugurazione è stato accolto con un sospiro di sollievo nelle cancellerie occidentali, e al Comitato olimpico internazionale: la conferma che i Giochi sono serviti a qualcosa.

Il diavolo sta nei dettagli. E sui dettagli Liu Shaowu ieri è stato sibillino. "La polizia – ha precisato – proteggerà il diritto di manifestare, nella misura in cui i manifestanti abbiano ottenuto la preventiva approvazione delle autorità, e si comportino nel rispetto della legge". La legge in questione prevede che il permesso per una manifestazione venga richiesto con cinque giorni di anticipo all'ufficio di pubblica sicurezza; i promotori devono presentarsi di persona e sottoporsi a un interrogatorio sullo scopo dell'evento pubblico, gli slogan che saranno usati, gli eventuali oratori, il numero previsto di partecipanti. Nel manualetto diffuso in questi giorni a Pechino – Guida dei Giochi per lo Straniero – si ricorda che sono proibite azioni che "minacciano l'unità nazionale, danneggiano l'ordine pubblico, turbano la stabilità sociale, o incoraggiano il separatismo etnico". Su queste basi saranno permesse manifestazioni per il Tibet, il Darfur o la Birmania? Il concetto di stabilità sociale è interpretato in maniera molto estesa. Dopo il terremoto nel Sichuan sono stati arrestati molti genitori che protestavano per la morte dei figli schiacciati dal crollo delle scuole: i familiari chiedevano indagini sul mancato rispetto delle norme antisismiche, puntavano il dito contro la corruzione della nomenklatura che ha consentito gli abusi edilizi. Per "turbare la stabilità sociale" è sufficiente mettere in discussione l'autorità suprema del partito. Lo sanno i dissidenti di Pechino. Jiang Tianyong, un noto avvocato difensore dei perseguitati politici, ha tentato più volte in passato di farsi autorizzare una manifestazione ed è sempre stato respinto. "Temo che sia solo una messinscena per stranieri", ha commentato ieri dopo l'annuncio del capo della polizia.

Le autorità del resto stanno facendo il possibile perché non ci sia proprio nessuno che voglia manifestare durante i Giochi. Si sono moltiplicate le restrizioni burocratiche per la concessione dei visti ai visitatori stranieri, col risultato che le previsioni sugli arrivi sono crollate da un milione a 150.000 (gli albergatori disperati per il flop stanno offrendo sconti fino al 30% sulle camere). I filtri dei consolati cinesi all'estero dovrebbero impedire l'arrivo di militanti di Amnesty International o Free Tibet. Anche sulla popolazione locale è in atto una pulizia selettiva. I lavoratori immigrati sono stati "esortati" a tornarsene a casa per il periodo dei Giochi, soprattutto se appartengono alle minoranze etniche sospette, i tibetani e gli uiguri musulmani. Ufficialmente per prevenire attentati terroristici, 110.000 poliziotti già presidiano la capitale, con l'ausilio di 500.000 volontari che effettuano ronde di quartiere e segnalano ogni attività sospetta. Un cordone di posti di blocco impedisce l'accesso alla capitale per quei contadini disperati che portano petizioni di protesta contro gli abusi subiti: sequestri illegali di terreni, estorsioni di tangenti. Li Heping, un legale che più volte ha preso la difesa dei contadini, rivela che la polizia lo ha "invitato ad andarsene da Pechino" durante i Giochi. "Quando arriveranno i giornalisti dall'estero non troveranno più nessuno con cui parlare", osserva sconsolato.
I più ottimisti vogliono sperare che la promessa di Liu Shaowu non sia una beffa, che qualche manifestazione possa svolgersi davvero, e che questo crei un precedente per il futuro. Il governo cinese vuole convincerci. Ha perfino fatto stampare decine di migliaia di Bibbie che farà trovare nelle camere del Villaggio olimpico. Ieri ha annunciato anche che gli atleti disporranno di appositi "luoghi di meditazione", perché chi lo desidera possa dedicarsi ai propri riti religiosi.

Fonte: Repubblica.it

24 luglio 2008

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