L’Iran rimette in libertà Roxana Saberi. “Gli Stati Uniti Paese non ostili”


Gabriel Bertinetto


Pena ridotta in appello da 8 a 2 anni e sospensione condizionale. Torna libera Roxana Saberi, giornalista Usa arrestata in Iran come spia. Sul verdetto ha probabilmente influito il nuovo clima di dialogo tra i due governi.


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L’Iran rimette in libertà Roxana Saberi. “Gli Stati Uniti Paese non ostili”

Roxana Saberi è libera. Gli 8 anni inflittile in primo grado sono stati ridotti a 2, e grazie alla sospensione condizionale della pena, la giovane giornalista americana di origine iraniana ha potuto subito abbandonare il carcere di Evin, aTeheran.
“Sto bene, ma non voglio fare commenti” ha detto la donna, allontanandosi in auto assieme al padre Reza. Quest’ultimo ha dichiarato che intende ripartire al più presto con la figlia per gli Stati Uniti.
Felice epilogo per una vicenda che, oltre a gettare nell’angoscia le persone direttamente coinvolte, ha rischiato di bloccare sul nascere i tentativi di dialogo fra i governi di Washington e Teheran, dopo anni e anni di tensione e di gelo. Ed è abbastanza naturale pensare che la clemenza spesso negata dai tribunali iraniani ad altri soggetti incriminati per reati d’opinione, sia stata usata nei confronti della free-lance americana per ragioni di opportunità politica.

INTERVENNE OBAMA
Nel primo giudizio Saberi era stata riconosciuta colpevole di “cooperazione con un Paese ostile”, cioè gli Usa. Ieri è stata condannata solo per “raccolta e trasmissione di informazioni atte a minacciare la sicurezza del Paese”.
“La ragione principale di questo cambiamento è che gli Stati Uniti non sono stati riconosciuti come Paese ostile”, commenta l’avvocato difensore Abdolsamad Khorramshahi. Trasparente allusione al contorno extra-giudiziale del processo d’appello. Del resto, per ottenere il rilascio di Saberi era sceso in campo lo stesso Barack Obama, dicendosi “deluso” per il verdetto emesso nel primo processo.
Senza affermarlo esplicitamente, il capo della Casa Bianca aveva fatto capire che si sarebbe aspettato un atteggiamento più equo da parte di Teheran, non solo per l’evidente infondatezza delle accuse rivolte all’imputata, ma anche per il nuovo clima di maggiore apertura e comprensione reciproca che sta maturando fra i due governi. E che l’appello di Obama fosse stato raccolto, si era intuito in maniera altrettanto chiara, quando il presidente Mahmoud Ahmadinejad aveva scritto al procuratore capo di Teheran, Said Mortazavi, chiedendo di “assicurarsi personalmente che le persone accusate godano di tutte le libertà e dei diritti legali per difendersi e che i loro diritti non vengano violati”. Non citava il caso di Saberi, ma il momento scelto per una iniziativa alquanto insolita parlava da sé.
Roxana Saberi, 31 anni, fu arrestata in gennaio perchè continuava a svolgere attività giornalistica nonostante il suo accredito stampa fosse scaduto. In seguito le venne contestato il reato di spionaggio. Le presunte prove della sua attività illegale erano i colloqui chiesti ed ottenuti con funzionari pubblici per i reportage svolti come collaboratrice della Bbc, di Fox News e della radio nazionale Usa.

ALTRI RESTANO IN PRIGIONE

“Committee to Protect Journalists”, organizzazione internazionale per la difesa della libertà di stampa, con sede a New York, esprime “grande soddisfazione” per la liberazione di Saberi, ma ricorda che in Iran restano detenuti per motivi politici molti giornalisti locali. “E’ urgente che ottengano la stessa opportunità di una revisione giudiziaria dei loro casi come quella che è stata offerta a Roxana Saberi”.

Fonte: l'Unità

12 maggio 2009

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