L’inchiesta? Nei Tg è in via d’estinzione


Luciano Scalettari


Il bilancio del direttore del Premio “Ilaria Alpi” Francesco Cavalli sullo stato di salute dell’informazione italiana: “Giornalismo investigativo ed esteri espulsi dai telegiornali”.


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L'inchiesta? Nei Tg è in via d'estinzione

«L’inchiesta e l’approfondimento giornalistico sono pressoché scomparsi dai telegiornali. Quel tipo di servizio giornalistico, tanto importante per la qualità dell’informazione, è stato via via espulso, eliminato dai Tg. Quindi non si può non essere preoccupati per lo stato dell’informazione in Italia».

     A parlare è Francesco Cavalli, co-fondatore e direttore del Premio Ilaria Alpi, la cui edizione 2011 si è chiusa, con l’assegnazione dei diversi riconoscimenti, sabato 18 giugno a Riccione. Al concorso giornalistico televisivo quest’anno hanno partecipato 275 filmati, divisi nelle diverse categorie, dai servizi brevi da Tg al reportage di lunga durata.

Guarda alcuni dei video vincitori del premio Ilaria Alpi 2011
     Tempo di bilanci, per gli organizzatori del Premio “Ilaria Alpi”, divenuto oramai il più rilevante nel nostro Paese per quanto riguarda il piccolo schermo, ma anche un’occasione per fare una “fotografia” della situazione italiana dell’informazione “in video” di approfondimento e d’inchiesta, che è lo specifico del concorso di Riccione.

– Cavalli, situazione quanto preoccupante?

«Abbastanza. Perché, se è vero che da un lato sono cresciuti i programmi che sono dedicati all’approfondimento giornalistico – basti pensare a contenitori come “Presa diretta” o “Report” su Rai3; a Exit su La7; allo spazio d’inchiesta di Rai news 24 curato da Maurizio Torrealta; o a trasmissioni che hanno al proprio interno spazi d’inchiesta, come Le Iene – è però altrettanto vero che questo tipo di servizi sono “scivolati fuori” dal loro ambito più naturale: il telegiornale, il luogo televisivo principe dell’informazione quotidiana. L’aspetto un po’ paradossale è che quest’anno abbiamo notato una crescita di valore di questo tipo di lavoro, mentre la tendenza dei Tg è di farsi sempre più “leggeri”».

– Eppure i lusinghieri livelli di ascolto di alcune trasmissioni d’approfondimento smentiscono il fatto che l’inchiesta non interessa. Come ve lo spiegate?

«Il Premio nasce perché un certo tipo di giornalismo non si fa solo all’interno di contenitori dedicati. Anzi, quando nacque, nel 1994, non c’erano proprio. Ilaria Alpi, peraltro, era una giornalista del Tg3. Ci sono molti esempi di giornalisti televisivi che si sono distinti per le inchieste nei telegiornali. Mi piace ricordare che Roberto Morrione, grande amico del “Premio Alpi” scomparso poche settimane fa, da capocronista del Tg1 condusse con Ennio Remondino una ficcante indagine giornalistica sulle relazioni fra la P2 di Licio Gelli e gli Stati Uniti. Il risultato fu che l’allora direttore del Tg1, Nuccio Fava, perse il posto, Remondino fu spedito a fare l’inviato di guerra. Quanto a Morrione, dopo Fava al Tg1 arrivò Bruno Vespa. Quelle inchieste non andarono avanti e Morrione se ne andò».

– Siamo un Paese a “libertà limitata” riguardo all’informazione?

«Faccio mio un ragionamento di Roberto Saviano: ci sono tipologie diverse di censura. In generale non possiamo dire che oggi in Italia ci sia la censura. Però l’incidenza sull’opinione pubblica dei telegiornali dipende dalla quantità di ascolti, dallo share. In genere, tutto quello che viene fatto – con eccezione di Rai3 che fa giornalismo d’inchiesta in prima serata – viene collocato su una fascia di share inferiore. Quindi, non è che l’approfondimento in Tv non si può fare, ma vieni collocato in fascia di nicchia. Anche questa è una forma di censura, seppure morbida e non dichiarata. La nicchia non dà problemi, anzi ti dà l’alibi per dire che l’inchiesta si fa. La fuoriuscita dell’approfondimento e la caduta di ascolti dei Tg sono fatti preoccupanti per la “salute” dell’informazione italiana».

– È vero che, tuttavia, sono in crescita i giovani giornalisti che vogliono occuparsi d’inchiesta?


«Specie quest’anno è emersa una fascia di giornalisti giovani che fanno un ottimo lavoro investigativo.
Questo indica una ventata di aria bella. Non so se troveranno gli spazi adeguati a esprimersi. Devo dire che abbiamo anche un’altra preoccupazione…»

– Quale?

«La scarsa presenza nei servizi giornalistici delle realtà internazionali, anche nei programmi di giornalismo di qualità. Siamo molto provinciali. Ci guardiamo l’ombelico, l’informazione italiana è tutta rivolta a quello che c’è nel nostro Paese. Ma guarda poco fuori, a quello che accade oltre i confini. C’è strada da fare, ma con fatica. Anche i contenitori d’inchiesta fanno fatica a parlare di esteri e di questioni internazionali. Se guardiamo le statistiche, la nostra percentuale di notizie di esteri è all’ultimo posto in Europa. Occorre lanciare un allarme. Per noi, poi, è particolarmente grave: non dimentichiamo che Ilaria Alpi è morta a Mogadiscio, aveva studiato al Cairo, era interessata prima di tutto a ciò che accadeva oltre il Mediterraneo».

– Si riparla di “Legge bavaglio” sull’informazione…

«Quanto mai rischioso.
Per ricordare Roberto Morrione abbiamo voluto rilanciare, al Premio, il filmato con il suo appello di due anni fa contro la “legge bavaglio” di allora. Siamo daccapo. Si deve continuare a tenere duro e a fare la propria parte. Noi continueremo a denunciare i rischi legati alla libertà d’informazione. E non solo per i giornalisti, anche per le Procure, che potrebbero essere impossibilitate a fare determinate indagini».

Fonte: Famiglia Cristiana

4 luglio 2011

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