Iraq, 10 anni dopo


Lettera22


Una serie di esplosioni e attacchi suicidi ha marcato il decimo anniversario dell’invasione statunitense dell’Iraq.


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Una serie di esplosioni e attacchi suicidi ha marcato il decimo anniversario dell’invasione statunitense dell’Iraq. Il bilancio delle vittime è stato di almeno 60 morti e 170 feriti. Ma a segnare la ricorrenza sono anche le parole dell’ex premier britannico Tony Blair, tra i fautori dell’intervento contro Saddam Hussein, che ha parlato alla Bbc all’indomani della messa in onda di un documentario della tv pubblica che denuncia “le spie che presero in giro il mondo”. Già mesi prima dell’attacco diverse informazione mettevano infatti in dubbio le certezze, costruite su “fabbricazioni, pensieri magici e bugie”, alla base dei dossier che accusavano il leader iracheno di sviluppare programmi per la produzione di armi di distruzione di massa.
L’ondata di attacchi che ieri ha preso di mira i quartieri sciiti e nel sud della capitale Baghdad, è stata la più sanguinosa da almeno sei mesi. Bisogna tornare indietro allo scorso 9 settembre. Allora le vittime degli attacchi, rivolti soprattutto contro le forze di sicurezza, furono 76. Nella mattinata di ieri a farne le spese sono stati invece gli iracheni che si recavano a lavoro e al mercato. Il primo ordigno è esploso verso le otto ora locale, (le sei in Italia). Una bomba, deflagrata nei pressi di un ristorante nel distretto orientale di Mashtal, ha fatto almeno quattro morti. Pochi minuti dopo due manovali morivano nell’esplosione di un ordigno piazzato nel luogo dove si riunivano nell’attesa di essere scelti per una giornata di lavoro nel quartiere di Nuova Baghdad.

Nell’arco temporale di un paio d’ore, autobombe, ordigni nascosti e attentatori kamikaze hanno colpito non distante dalla Zona verde, sede di rappresentanze diplomatiche e palazzi governativi, e nei distretti di Sadr City, Husseiniya, Zaafaraniya. Quando l’articolo è andato in stampa, manca ancora una rivendicazione. In molti puntano tuttavia il dito sui gruppi sunniti legati alla galassia qaedista. Sebbene la violenza non tocchi i picchi del 2006 e del 2007, notano gli osservatori, il Paese sembra avvitarsi in una crisi politica con il premier Nouri al Maliki, alla guida di un governo di minoranza a rischio destabilizzazione, sia per il delicato equilibrio tra le comunità sciita, sunnita e curda sia per la gestione delle risorse petrolifere.

Gli attacchi nelle ultime settimane sono stati quasi all’ordine del giorno. Secondo dati riportati dall’agenzia France Presse nel mese di febbraio i morti sono stati almeno 220. A sottolineare la gravità della situazione c’è la decisione del governo di posticipare di almeno sei mesi le elezioni nella provincia occidentale di Anbar e in quella settentrionale di Nineveh. Motivo del rinvio, ha spiegato il portavoce del premier, Ali Mussawi, le minacce e gli omicidi che hanno avuto per vittime alcuni candidati.

Intanto dai microfoni della Bbc, Blair, ha voluto rimarcare la scelta, fatta dieci anni fa, di schierarsi accanto a George W. Bush nel sostenere l’attacco che portò alla caduta di Saddam. “Senza l’intervento armato guidato da statunitensi e britannici in Iraq ci sarebbe stata una rivolta popolare più sanguinosa di quella in corso oggi in Siria», ha detto l’ex premier britannico nel rimarcare la convinzione che il leader iracheno fosse una minaccia per la sicurezza. È la convinzione che, in base alle informazioni di intelligence in possesso all’epoca, Saddam stesse continuando a sviluppare il propri arsenale. Tuttavia è forse l’emittente pubblica britannica a smentire l’ex leader laburista.

Un’inchiesta trasmessa dal programma Panorama rivela che sia la Cia sia l’MI6 furono avvertite da fonti di primo piano del regime che l’Iraq non aveva attivi programmi per produrre armi di distruzione di massa. Informazioni date alle due agenzia dall’allora ministro degli Esteri di Saddam, Naji Sabri, che si incontrò con il capo della Cia a Parigi, Bill Murray e che in una nota ha tuttavia smentito le rilevazioni, e dal capo dell’intelligence irachena Tahir Habbush al Tikriti, il jack di quadri nel mazzo dei più ricercati del passato governo, contattato dall’MI6. Gli agenti furono avvisti mesi prima dell’invasione del Paese, ma le loro dichiarazioni non furono prese in considerazione perché definite non affidabili.

Fonte: http://www.lettera22.it
20 marzo 2013

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