Diritti delle donne, l’Onu ci giudica


Famiglia Cristiana


L’Italia presenta a New York il rapporto ufficiale sull’applicazione del trattato internazionale Cedaw per la parità tra i sessi. Ma alcune Ong hanno preparato una controrelazione.


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Diritti delle donne, l'Onu ci giudica

Il 14 luglio l'Onu esamina quanto ha fatto il Governo italiano per i diritti delle donne, per eliminare le discriminazioni e promuovere un'effettiva parità. Ogni quattro anni, infatti, alle Nazioni Unite a New York un apposito Comitato analizza i Rapporti su questo tema che devono essere presentati dai 186 Stati che hanno ratificato la Convenzione Cedaw, considerata il trattato internazionale più completo sui diritti femminili. Cedaw significa "Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne", e chiede di rimuovere gli ostacoli che limitano la partecipazione delle donne alla vita pubblica, lavorativa, ai processi decisionali politici, familiari, personali; di contrastare la violenza di genere, di impegnarsi per modificare gli stereotipi e incoraggiare un'immagine paritaria tra uomini e donne.

Il tasso di disoccupazione femminile, in Italia, è arrivato nel 2009al 46 per cento. Nel Nord Italia lavorano 6 donne su 10, nel Sud solo 3 su 10.
In contemporanea alle dichiarazioni ufficiali dei governi, è prevista la formulazioni di "Rapporti ombra" da parte delle società civili, le quali hanno il compito di segnalare le violazioni più significative dei diritti sanciti dalla Cedaw, le assenze o le insufficienze dell'intervento istituzionale, e i modi per migliorare invece gli interventi. Dopo aver studiato anche i Rapporti ombra, il Comitato per l'applicazione della Cedaw stila le osservazioni conclusive e le raccomandazioni per i governi, i quali dovranno orientare in quella direzione il loro lavoro nei cinque anni successivi.

La Fondazione Pangea onlus, da anni attiva nel mondo a favore delle donne, e Giuristi Democratici presentano il 14 luglio il Rapporto ombra sull'Italia, a nome di diverse organizzazioni che hanno rintracciato numerose inadempienze nel nostro Paese in settori vitali per il miglioramento della condizione femminile. A partire dal tasso di occupazione, che con il 46,4% del 2009 è (a parte Malta) il peggiore dell'Unione europea a 27. E mentre nel Nord Italia lavorano 6 donne su 10, nel Sud sono soltanto 3 su 10.

In Italia, a parità di incarico, le donne guadagnano in media il 23 per cento in meno degli uomini.
Da noi le donne guadagnano in media il 23 per cento in meno degli uomini, a parità di incarico, e sono maggiormente soggette a lavori non qualificati, a contratti precari e a lavoro nero. Siamo poi l'ultimo Paese d'Europa per occupazione delle mamme: solo una madre su due lavora dopo il primo figlio, e la percentuale diminuisce ulteriormente dopo il secondo. Soltanto nel 2010, quasi un milione di donne ha dovuto lasciare il lavoro dopo aver deciso di avere un figlio, e quasi mai si è trattato di una libera scelta.

Sta inoltre crescendo in modo preoccupante la povertà femminile, che si concentra tra le madri capofamiglia, le anziane sole e le famiglie nelle quali uno dei componenti ha perso il lavoro. Le pensioni femminili sono mediamente più basse del 30,5% rispetto a quelle maschili, mentre le madri povere con un figlio minorenne sono circa un milione, l'8,73% delle madri italiane.

Il dato più tragico è infine l'aumento degli omicidi: nel 2010 sono state uccise 127 donne, il 6,7% in più rispetto a dodici mesi prima; la crescita di questa voce è ininterrotta dal 2005. Solo una minima parte delle vittime è stata uccisa da sconosciuti, e su dieci uccisioni, 7,5 sono state precedute da maltrattamenti o da altre forme di violenza fisica o psicologica nei confronti della donna.

Su un punto il mondo cattolico, sensibile ai valori della tutela della vita, non può trovarsi d'accordo: è quello relativo al «libero accesso alla salute sessuale e riproduttiva» di cui si parla a pagina 80 del Rapporto. Si comincia con il dire che «il diritto all'autodeterminazione della donna in materia riproduttiva è sistematicamente violato» oggi in Italia e si finisce con l'invocare una fruizione più libera e meno vincolata di quella che una scuola di pensiero considera «contraccezione d'emergenza», Ru 486 (la pillola del giorno dopo) compresa, e che, invece, la dottrina cattolica sulla bioetica guidica intervento abortivo a tutti gli effetti.

Fonte: www.famigliacristiana.it
10 Luglio 2011

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