Crisi Caucaso, parla Putin


Irene Panozzo, Lettera 22


Le dichiarazioni del premier russo sono arrivate al termine di un’altra giornata concitata, caratterizzata dalla dura condanna del Consiglio Atlantico della Nato.


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Crisi Caucaso, parla Putin

Vladimir Putin ha parlato. E per bocca del suo portavoce Dmitri Peskov ha detto ieri che la Russia non vede “alcuna minaccia di una nuova guerra fredda”. Allo stesso tempo però il processo di riconoscimento dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud andrà avanti, anche se l’annessione delle due regioni, “tecnicamente possibile”, “non è in agenda”. E ha aggiunto un avvertimento: isolare Mosca “non avrà solo un impatto negativo per la Russia, ma certamente anche per gli interessi economici” degli altri Stati.
Le dichiarazioni di Putin, che finora, pur avendo preso parte a tutte le riunioni decisive, aveva mantenuto un silenzio “costituzionale” lasciando la scena al presidente Medvedev, diretto responsabile della politica estera, sono arrivate al termine di un’altra giornata concitata. In cui nuove condanne internazionali si sono aggiunte a quelle già espresse martedì da molte cancellerie occidentali. Duro è stato il tono usato dalla Nato, che in un comunicato ufficiale redatto al termine di una riunione del Consiglio atlantico ha detto che “l’Alleanza Atlantica condanna con decisione la decisione della Federazione Russa e le chiede di revocarla”. Le azioni della Russia, continuava il comunicato, “hanno messo in discussione il suo impegno per la pace e la sicurezza nel Caucaso”. Per questo “la Nato si appella alla Russia perché rispetti l’integrità territoriale della Georgia e gli impegni assunti”.
Categorica anche la posizione della Germania. In un colloquio telefonico di mezzora con il presidente Medvedev, il cancelliere Angela Merkel ha “condannato la decisione della Russia di riconoscere l’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud” e ha chiesto a Mosca di ritirare le sue truppe. Simile la posizione di Parigi: il presidente Sarkozy, parlando anche come presidente di turno dell’Unione Europea, si è espresso per un ritiro “senza ritardi” e “sulle linee anteriori allo scoppio delle ostilità”. Sarkozy ha però sottolineato che “nessuno vuol tornare alla guerra fredda” e che “la Nato non è un avversario ma un partner della Russia”. Più duro il suo ministro degli esteri, Bernard Kouchner, che in mattinata aveva avvertito che i prossimi obiettivi della Russia, ormai “fuori dalla legalità internazionale”, potrebbero essere “l’Ucraina”, in particolare “la Crimea”, e “la Moldavia”.
Una tesi sposata in toto sia dal commissario all’Allargamento della Ue, Olli Rehn, sia dai vertici dello Stato ucraino, il presidente Viktor Yushchenko e la premier Yulia Tymoshenko. In merito alle possibili mire di Mosca, il ministro degli esteri britannico David Miliband, ieri in visita a Kiev, ha suggerito all’Ucraina di “non fornire alcun pretesto” alla Russia, il cui isolamento sarebbe però “controproducente” e “non plausibile”.
Dal canto suo la Moldavia si è limitata a incassare le rassicurazioni di Medvedev sulla “risoluzione” del problema della Transnistria. E a registrare la velata minaccia dell’ambasciatore russo a Chisinau, Valeri Kuzmin, che ha chiesto al governo moldavo di evitare “un trend catastrofico e sanguinoso degli eventi” e “di trarre le proprie conclusioni dagli eventi accaduti in Georgia”.

Fonte: Lettera22 e giornali locali del Gruppo L'Espresso

28 agosto 2008 

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