Un femminicidio ogni 72 ore. La violenza problema culturale.


la Repubblica


Oggi la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dalle Nazioni Unite. Un momento importante per parlare, informare e sensibilizzare su un problema così grave.


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La manifestazione nazionale Non una di meno contro la violenza sulle donne, Roma, 23 novembre 2019. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Poco meno di 7 milioni di donne in Italia hanno subìto violenza fisica o sessuale nel corso della vita, una su tre; per quasi 3 milioni l’abuso è perpetrato dal partner o dall’ex.

Nel 2018 le vittime di femminicidio sono state 142, un numero in crescita rispetto all’anno precedente, e 94 quelle registrate nei primi dieci mesi del 2019 (fonte: Istat). Ogni 72 ore, nel nostro Paese, una donna viene uccisa da una persona di sua conoscenza e tre femminicidi su quattro avvengono in casa.

La Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, fissata dalle Nazioni Unite il 25 novembre, rappresenta il momento più importante dell’anno per parlare, informare e sensibilizzare su un problema così grave.

La chiusura dei centri anti-violenza. Il quadro assume toni ancora più inquietanti alla luce della prima indagine sui centri antiviolenza condotta dall’Istituto nazionale di statistica, secondo la quale in Italia al momento abbiamo 281 strutture, 0,05 per 10 mila residenti, ovvero molto meno di un centro ogni diecimila abitanti. Nel 2017 sono state 44mila le donne che hanno chiesto aiuto a un centro antiviolenza, e due su tre, ovvero 29mila, sono state prese in carico, iniziando un percorso di uscita dall’incubo, con percentuali più alte al nord rispetto a sud e isole. Le donne con figli rappresentano il 63,7%.

I giovani e la violenza di genere. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, circa 1 ragazza su 10 è stata aggredita verbalmente dal proprio fidanzato: nella metà dei casi l’episodio è avvenuto in pubblico, per futili motivi; 1 su 20 è stata addirittura picchiata. Una ragazza su 5 ha subìto scenate di gelosia per il suo abbigliamento o per essere stata troppo espansiva con altre persone, a detta del fidanzato. Il 17% dei ragazzi, infine, controlla di frequente lo smartphone della fidanzata, per verificare messaggi e chiamate. In 3 casi su 4, la ragazza decide di perdonare questi comportamenti.

Un problema culturale. “Viviamo in una società pervasa dalla violenza di genere. Che sia fisica, psicologica o nella subdola forma della discriminazione, sul lavoro come nella società. I giovani replicano le strutture comportamentali a loro famigliari, e se queste implicano la violenza, è molto probabile che diventeranno persone violente”, spiega Valentina Ruggiero, esperta in diritto di famiglia, per molti anni avvocato di Telefono Rosa. “La recente legge detta Codice Rosso ha introdotto nuovi e importanti strumenti a tutela delle donne vittime di violenza, ma resta un problema culturale. Dobbiamo educare al rispetto le nuove generazioni, far capire loro cosa sia giusto, affinché non replichino gli errori dei loro genitori”.

La situazione nelle scuole secondarie. Terre des Hommes e ScuolaZoo hanno lanciato un report sulla Generazione Z, ovvero quella delle ragazze nate tra la seconda metà degli anni ’90 e la fine degli anni 2000, realizzato attraverso i nuovi dati dell’Osservatorio Indifesa intervistando oltre 8mila ragazzi e ragazze delle scuole secondarie in tutta Italia: il 10% ha dichiarato di aver subito molestie sessuali e il 32% di aver ricevuto commenti non graditi a sfondo sessuale online, il 7% di aver subìto rispettivamente stalking e ricatti o minacce relative alla circolazione di proprie foto/video a sfondo intimo, mentre l’8,4% di aver ricevuto minacce di violenza. Più della metà delle ragazze ha ammesso di aver ricevuto commenti volgari online sul proprio corpo. Il 64% dei maschi ha invece dichiarato di non essere mai stato vittima di body shaming e solo il 35% di sentirsi offeso da certi commenti.

Il Codice Rosso. “Per chi è ormai adulto, il discorso diventa più complesso, – continua Ruggiero – poiché si tratta di andare a sradicare modelli interiorizzati nel corso dell’intera vita. Un processo difficile, anche se non impossibile. Il Codice Rosso, però, sta cambiando il modo di approcciarsi a chi sporge denuncia, garantendo un intervento più rapido e dando la possibilità alla polizia giudiziaria di comunicare immediatamente al PM le notizie di reato, anche in forma orale: così si accorciano i tempi, e le vittime vengono ascoltate entro 3 giorni dalla denuncia”.

La violenza assistita in famiglia. La violenza sulle donne all’interno delle mura domestiche è legata a doppio filo a quella assistita dai bambini e secondo l’Istat il numero dei piccoli esposti a episodi di maltrattamento dentro casa è in aumento. Per fortuna a occuparsi di loro ci pensano organizzazioni come SOS Villaggi dei Bambini, che grazie al progetto “Mamma e Bambino” garantisce da anni protezione alle mamme e ai loro figli: l’iniziativa si concretizza all’interno dei sei villaggi SOS (Trento, Ostuni, Vicenza, Roma, Saronno, Mantova) e nel programma di affido familiare interculturale di Torino attraverso servizi che vanno dalla “Casa mamma con bambino”, che accoglie la diade e le gestanti che hanno bisogno di un sostegno, alla “Casa SOS per donne vittima di violenza”, dedicata alle vittime di violenza o a rischio di maltrattamenti costrette a allontanarsi da casa, fino agli “Appartamenti per l’autonomia”, mirati al recupero della genitorialità e all’acquisizione di un’indipendenza di tipo lavorativo e economico. Una rete che lo scorso anno ha dato accoglienza a 66 donne e 99 bambini.

Gli orfani di femminicidio. Un problema ulteriore e non meno grave è poi quello dalla mancanza di tutela per gli orfani di femminicidio e le famiglie affidatarie che si prendono cura di loro: “Queste persone – denuncia Samantha Tedesco, responsabile programmi e advocacy SOS – hanno diritto a fondi che da due anni sono bloccati in attesa dell’emanazione di un regolamento attuativo”.

 

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