Turchia, lacrimogeni contro le donne


Nena News


Almeno 15 arresti ad Ankara, dispersa anche la manifestazione di Istanbul contro la guerra. Sullo sfondo un aumento drammatico dei femminicidi e il sessismo promosso dallo Stato


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La marcia delle donne di ieri ad Ankara si è conclusa con la repressione: la polizia turca ha attaccato la manifestrazione con gas lacrimogeni e ha arrestato 15 manifestanti.

La protesta era stata indetta dall’organizzazione locale per i diritti delle donne Ankara Women’s Platform in vista dell’8 marzo quando una grande marcia si terrà nella capitale turca. La polizia ha disperso con la forza la marcia dopo che le donne avevano rifiutate di andarsene.

Nelle stesse ore a Istanbul, nel quartiere di Bakirkoy, circa 1.500 donne scendevano in piazza contro l’operazione militare in corso nella Siria del nord, contro il cantone curdo di Afrin. “C’è una guerra al nostro confine, non possiamo restare indifferenti”, ha detto alla stampa una delle manifestanti, mentre il gruppo camminava verso Piazza della Libertà sotto lo slogan “Resistiami per il nostro lavoro, la nostra identità e la libertà contro la guerra, lo stato di emergenza e il sessismo”.

Anche a Istanbul la polizia ha attaccato la marcia, issando barricate prima dell’inizio della manifestazione, che era stata autorizzata dalle autorità. Qui a chiamare alla piazza era stato il Coordinamento 8 Marzo, che ha portato con sé donne “licenziate con decreti statali, donne i cui diritti di scioperare sono stati violati”.

Le due manifestazioni giungono mentre vengono pubblicati i dati sui femminili di in Turchia nel mese di febbraio: almeno 47 donne sono state uccise, quasi due al giorno di media, secondo i dati della Kadın Cinayetlerini Durduracağız Platformu (We Will Stop Femicides Platform), organizzazione che monitora le violenze di genere.

Una piaga crescente di abusi, violenze e omicidi (a gennaio se ne erano contati 28, 409 nel corso del 2017): delle 47 vittime del mese scorso, 21 sono state uccise a casa, 7 in strada, 3 in auto e 2 sul posto di lavoro. Delle restanti sette non si hanno informazioni precise. Il 26% delle vittime sono state uccise dai mariti, 11 su 47 per le scelte di vita compiute.

Sullo sfondo sta un’atmosfera politica pessima che ha visto restringere il tradizionale laicismo turco a favore di un’avanzata dell’islamizzazione della società e di un generale sessismo promosso dai vertici dello Stato. Il partito al governo, l’Akp del presidente Erdogan, da anni promuove una trasformazione della società in senso conservatore è discriminatorio, dove le donne siano relegate alla figura di madre e moglie e dove si assottiglia in modo pericoloso la possibilità di accesso eguale al mondo del lavoro.

Nena News

5 marzo

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