Stanche ripetizioni, ma intanto c’è chi muore


Piero Piraccini


Mentre da noi diventa Presidente del Senato (la seconda carica dello Stato dopo il Presidente della Repubblica!) una donna la cui area politica ha definito i magistrati, volta a volta, “cancro da estirpare”, “malati di mente”, “antropologicamente diversi dal resto della razza umana” e, lei personalmente, protestando davanti al tribunale di Milano ha definito “colpo […]


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
gaza

Mentre da noi diventa Presidente del Senato (la seconda carica dello Stato dopo il Presidente della Repubblica!) una donna la cui area politica ha definito i magistrati, volta a volta, “cancro da estirpare”, “malati di mente”, “antropologicamente diversi dal resto della razza umana” e, lei personalmente, protestando davanti al tribunale di Milano ha definito “colpo di Stato” una sentenza emessa in nome del popolo italiano perché sfavorevole al suo capo politico non prima di essersi battuta, però, contro l’interruzione di gravidanza e le unioni civili;

mentre costituisce meraviglia il voto alla Lega e al M5S degli operai i quali, in assenza di un partito strutturato che ne rappresenti gli interessi e che, pertanto, trasformi in una comunità politica tanti soggetti dispersi a causa di una contraddizione irrisolta – fondamentale, di questi tempi – cui la politica si è mostrato incapace di por mano “tra il tempo che la tecnica libera e le esclusioni che il capitale impone” (Michele Prospero). Infatti, il Jobs Act si è mostrato inefficace sia a consolidare il lavoro sia a tutelarne i diritti, visto l’aumento di lavoro precario e vista la sentenza di un giudice che ha dato ragione alla multinazionale che aveva licenziato una lavoratrice la quale, per una volta, non aveva potuto rispettare il turno di lavoro avendo in casa un figlio colpito da un gravissimo handicap;

mentre non si vede all’orizzonte nulla che possa presagire qualcosa di buono, perché se la tecnologia libera tempo di vita e chi di quella tecnologia è padrone, “libera” i lavoratori e li licenzia perché in esubero per cui dilaga il rapporto di lavoro precario e si riduce la forza contrattuale dei lavoratori, cosicché in presenza di una ripresa dell’occupazione non c’è un incremento dei salari reali che inverta l’aumento delle disuguaglianze. Si ricordi, infatti, che 10 famiglie nel 2007 avevano la ricchezza di 3,5 milioni d’italiani mentre ora, dopo la crisi, le stesse 10 famiglie hanno la ricchezza di 6 milioni. Ma l’attenzione viene posta sugli immigrati che rubano (il lavoro) e non su chi ruba la speranza di una vita dignitosa;

ecco, mentre tutto questo succede, in un’altra parte del mondo – non bastassero le stragi in Siria – in Israele/Palestina avvengono fatti per raccontare i quali è sufficiente quanto si è letto e scritto ieri, o l’altro ieri, o l’altro ieri ancora, tanto tutto si ripete in modo tragicamente immuto. Un’altra strage, stavolta lungo i confini di Israele con Gaza. 18 i palestinesi uccisi, 1500 i feriti da parte di cecchini dell’esercito israeliano con proiettili veri o ricoperti di gomma, centinaia gli intossicati dai gas lacrimogeni. Tutto in ossequio agli ordini dei comandi militari e del ministro della difesa ‎Lieberman: aprire il fuoco su chi si fosse ‎spinto fino a pochi metri dalle barriere di confine. Il motivo?

Lungo quel confine si erano riversati 20mila civili palestinesi disarmati, ‎famiglie intere, giovani, anziani, bambini. Centinaia di loro si erano spinti fin sotto i reticolati, vicino alle ‎torrette militari, ma erano dei civili, spesso solo dei ragazzi. Israele ha denunciato ‎lanci di pietre e di molotov, ha parlato di ‎«manifestazioni di massa volte a coprire ‎attacchi terroristici» ma l’unico attacco armato vero e proprio – si è letto – è stato quello di due militanti del Jihad giunti ‎sulle barriere di confine dove hanno sparato contro le postazioni israeliane prima ‎di essere uccisi da una cannonata.‎ I ventimila erano lì per ricordare la Grande Marcia del Ritorno che ha coinciso col “Giorno della Terra”, quel 30 marzo del 1976 quando sei palestinesi furono uccisi mentre manifestavano contro l’esproprio di altre terre arabe per costruire altre comunità ebraiche.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, è intervenuto per chiedere un’indagine sulle violenze, autonoma dai contendenti e “trasparente”, stigmatizzando il fatto che “Questa tragedia evidenzia l’urgenza di rivitalizzare il processo di pace per creare le condizioni per un ritorno a trattati significativi”. L’obiettivo “è arrivare a una soluzione pacifica che permetta a palestinesi e israeliani di vivere fianco a fianco in pace e in sicurezza”. Non molto dissimile la dichiarazione della ministra degli esteri europea, Federica Mogherini. Netanyau ha ribattuto che è tutto chiaro e non c’è nulla da indagare. Gli Usa gli hanno dato ragione. Come le volte scorse. Come la prossima volta. Ancorchè questo sia il 70° anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani.

Piero Piraccini

6 aprile 2018

 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento