Somalia. Crisi senza fine


Famiglia Cristiana


La situazione nel Paese è disastrosa: sempre meno cibo, siccità e ripresa dei combattimenti. Ne soffrono soprattutto i bambini. Il ruolo della cooperazione internazionale. Il Dossier di Famiglia Cristiana.


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Somalia. Crisi senza fine

Carestia e vuoto politico: il Corno d'Africa e soprattutto la Somalia sono al disastro

Si fa presto a dire fame La più grave emergenza umanitaria degli ultimi 60 anni, secondo le Nazioni Unite. «Una situazione scioccante», l’ha definita Antonio Guterres, Alto Commissario per i rifugiati dell’Onu. Si parla ormai di catastrofe umanitaria per la siccità e la carestia che stanno affliggendo il Corno d’Africa. La causa? La scarsità delle precipitazioni degli ultimi due anni, ma anche l’innalzamento del prezzo di cibo e acqua e la ripresa dei combattimenti in Somalia.

In questi giorni si moltiplicano gli appelli delle agenzie umanitarie dell’Onu e delle Ong presenti nel Paese. All’Angelus di domenica 17 luglio è intervenuto anche papa Benedetto XVI, sollecitando «la mobilitazione internazionale per inviare tempestivamente soccorsi» in Somalia e negli altri Paesi del Corno d’Africa, «a questi nostri fratelli e sorelle già duramente provati, tra cui vi sono tanti bambini. Non manchi a queste popolazioni sofferenti», ha aggiunto il Papa, «la nostra solidarietà e il concreto sostegno di tutte le persone di buona volontà».

Secondo i dati Onu l’emergenza umanitaria coinvolge 3,2 milioni di persone in Kenya, 2,6 in Somalia (un terzo della popolazione), 3,2 in Etiopia, 117 mila a Gibuti, e anche parte della popolazione in Eritrea. A soffrirne sono soprattutto i bambini: in Somalia uno su tre è denutrito. In cifre assolute si stima che 500 mila bambini siano in stato di malnutrizione.

«La situazione in Somalia è disastrosa» ha detto monsignor Giorgio Bertin, presidente di Caritas Somalia, amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti. «Nel Sud del Paese», ha aggiunto il vescovo, «gli effetti della siccità si sommano a 20 anni di vuoto politico e conflitti. Se vogliamo evitare la catastrofe occorre agire velocemente e con grande attenzione».

Gli effetti della crisi si vedono soprattutto nei due principali campi che stanno accogliendo gli sfollati: Dadaab, in territorio kenyano, ormai il più vasto del mondo, con 380 mila persone; e Dolo Odo, nell’Etiopia meridionale, che ha già superato le 70 mila presenze. Oltre 1.700 persone ogni giorno continuano a fluire verso i campi, che già ora sono ben oltre la capienza possibile.

Articolo di Luciano Scalettari

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La situazione è destinata ad aggravarsi sino a fine 2011

2,6 milioni di persone a rischio, quasi un terzo della popolazione.
È la Somalia il Paese più colpito dalla siccità. Le cifre sono terribili: 2,6 milioni di persone a rischio, quasi un terzo della popolazione (ma c’è chi parla anche di 3,2 milioni). Sono in gran parte somali gli sfollati che cercano di raggiungere i campi rifugiati, migliaia al giorno.

Altre decine di migliaia convergono sulla capitale Mogadiscio, o intraprendono un lunghissimo viaggio verso le regioni a Nordest della Somalia: il Puntland e il suo capoluogo Bosaso. La parte del Paese più colpita dalla siccità è il Centrosud, la stessa che da 20 anni subisce le conseguenze della guerra civile, iniziata nel 1991 e mai terminata.

La crisi – divenuta acuta nelle ultime settimane e destinata ad aggravarsi fino a fine 2011 per moria di bestiame e penuria di raccolti – sta assumendo effetti devastanti sulla Somalia, più che sui Paesi limitrofi, a causa dei combattimenti, che ultimamente hanno avuto recrudescenze.

Il conflitto oppone l’Esercito del Governo di transizione ai ribelli detti “Shabab”, gruppi armati di estremisti islamici che sono arrivati a controllare oltre la metà delle regioni centro- meridionali del Paese.

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Siccità e carestie. E si produce meno cibo

Un aereo caduto in Uganda con farmaci e cibo destinati alla Somalia (Ansa).
«L’Africa soffre di ricorrenti siccità e carestie… Ma è anche l’unica regione del mondo in cui la quota di produzione di cibo pro capite è diminuita negli ultimi decenni… La dipendenza dell’Africa da approvvigionamenti di cibo esterni al continente sta crescendo a un ritmo allarmante».

Sono parole tratte da un Rapporto del Dipartimento di Stato Usa del giugno 1985 ma sembrano scritte oggi. Secondo i dati della Fao, l’Africa importa tuttora il 28% del fabbisogno calorico dei suoi abitanti. In particolare, il 58% del frumento, il 41% del riso e il 54% degli oli. La “bolletta cibo” dell’Africa, che sempre secondo la Fao era nel 1985 di 12,5 miliardi di dollari, nel 2006 aveva già sfondato quota 25 milioni di dollari, e da allora è ancora cresciuta.

Uno sforzo economico che il continente non può sostenere e che lo espone in modo catastrofico alle speculazioni sui prezzi dei generi alimentari. È fondamentale, dunque, che l’Africa riprenda il cammino verso una maggiore indipendenza. Anche perché gli studi delle Nazioni Unite dimostrano che i prezzi dei generi alimentari sono destinati a rimanere alti almeno per il prossimo decennio a causa degli effetti combinati dell’aumento della popolazione (saremo presto 9 miliardi), dei fenomeni climatici e del costo dell’energia.

Articolo di Fulvio Scaglione

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Un appello mondiale

Da qui a fine del 2011 il Programma alimentare mondiale stima di aver bisogno di 477 milioni di dollari per far fronte all’emergenza, dei quali manca per ora il 40%: in questi giorni il Pam ha lanciato l’appello ai Paesi donatori per 190 milioni.

Anche l’Unicef chiede sostegno alla comunità internazionale: di fronte al raddoppio in sei mesi dei bambini gravemente malnutriti (500 mila per la sola Somalia), chiede fondi per 31,9 milioni di dollari.

Crescono gli appelli di agenzie umanitarie e Ong: in prima fila Caritas italiana (in stretta collaborazione con Caritas Somalia), ma anche Coopi, Cesvi, Intersos, Save the children, Oxfam. Tutta la cooperazione internazionale moltiplica gli interventi.

Fonte: Famiglia Cristiana

Dossier a cura di Pino Pignatta

18 luglio 2011

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