Sbarco vietato per i 49 migranti tratti in salvo da ong italiana


Il Fatto Quotidiano


Ieri l’organizzazione non governativa Mediterranea Saving Humans, aveva chiesto alle autorità italiane un “porto sicuro”, prima di fare rotta verso Lampedusa. Le Fiamme gialle hanno vietato alla nave l’ingresso in acque territoriali intimando, via radio, di spegnere i motori. Ma l’imbarcazione con 49 migranti a bordo ha proseguito dopo momenti di tensione tra comandante e finanzieri


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49migranti

È alla fonda a un miglio e mezzo da Lampedusa la nave Mare Ionio, battente bandiera italiana, del progetto Mediterranea, che ieri ha soccorso 49 migranti, tra cui 12 minori, davanti alle coste libiche. L’imbarcazione, che non ha l’autorizzazione allo sbarco, è circondata da tre motovedette, due della Guardia di Finanza e una della Guardia Costiera. Ieri l’organizzazione non governativa Mediterranea Saving Humans, aveva chiesto alle autorità italiane un “porto sicuro”, prima di fare rotta verso Lampedusa.

Le Fiamme gialle hanno vietato alla nave l’ingresso in acque territoriali intimando, via radio, di spegnere i motori. Ma l’imbarcazione con 49 migranti a bordo ha proseguito. La nave si è sistemata a sud dell’isola per mettersi a riparo dal maltempo dopo momenti di tensione via radio tra comandante e finanzieri. Il sindaco di Lampedusa Totò Martello: “Sono i benvenuti, i porti non sono chiusi. Riesco a vedere la nave Jonio da qui, sono alla fonda a poco più di un miglio dalla costa. Noi siamo qui che li aspettiamo. Se arrivano sono i benvenuti. Se c’è bisogno del nostro intervento noi interveniamo”. E ricorda che “non c’è un’ordinanza di chiusura dei porti, che mi risulti”.

“Le vite umane sono la nostra priorità, ma questa ong da quel che sembra non ha rispettato le regole. La novità è che batte bandiera italiana. In queste ore sono in contatto coi ministri” competenti “per capire come fare rispettare le regole a questa ong. Non sarà un nuovo caso Diciotti, perché abbiamo il potere come Stato italiano di agire su questa nave battente bandiera italiana” dice il vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio, a Radio anch’io, su Rai Radio 1. In caso di emergenza sanitari le persone a bordo saranno fatte sbarcare: “Ma bisogna far rispettare le regole, una ong italiana non deve permettersi di disobbedire alla guardia costiera libica. Rispetto delle regole, slalvataggio delle vite umane, e che non sia un nuovo caso Diciotti”. Intanto è in corso una ispezione delle Fiamme Gialle.

I 49 erano migranti su gommone in avaria
I migranti salvati si trovavano a bordo di un gommone in avaria che imbarcava acqua ed erano in pericolo in vita. Ma al momento, come conferma all’Adnkronos Luca Casarini, il capo missione, da lì “non si possono muovere”, perché c’è il divieto di sbarco. Mare Jonio, come ha reso noto ieri la stessa ong, ha tratto in salvo tutte le persone, si trovavano in mare da quasi due giorni, comunicando ad una motovedetta libica giunta sul posto a soccorso iniziato di avere terminato le operazioni. I migranti, nonostante le condizioni di salute risultino abbastanza stabili, sono tutte molto provate con problemi di disidratazione. Ma fino a questo momento non è stato assegnato un punto Pos, cioè porto sicuro di sbarco.

Salvini: “Porti rimangono chiusi”. La direttiva alle forze dell’ordine
Ieri il ministro dell’Interno Matteo Salvini in un tweet aveva ribadito: “I porti erano e rimangono CHIUSI”. Nella direttiva inviata in serata ai capi di polizia, carabinieri, guardia di finanza, capitaneria di porto, Marina e Stato Maggiore della difesa il responsabile del Viminale ha stabilito che chi soccorre “migranti irregolari” in acque non di responsabilità italiana, senza che Roma abbia coordinato l’intervento ed entra poi in acque territoriali italiane lede il “buon ordine e la sicurezza dello Stato italiano“. L’ordine è quello di attenersi “scrupolosamente” al provvedimento per prevenire “anche a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica dello Stato italiani, l’ingresso illegale di immigrati sul territorio nazionale “.

La direttiva prende le mosse dalla constatazione che alcune navi soccorritrici, nonostante avessero svolto l’intervento in acque non italiane e l’evento non fosse stato coordinato dalle autorità italiane, abbiano poi richiesto di approdare in Italia. E, prosegue Salvini, sebbene sulla base delle convenzioni internazionali vigenti non sussistessero i presupposti per l’assegnazione di un ‘place of safety’ in Italia, la nave si sia poi diretta “autonomamente e deliberatamente ” verso le coste italiane. Questo, sottolinea, benché le coste italiane non “risultino essere gli unici, possibili luoghi di approdo in caso di eventi di soccorso, considerato che sia i porti libici, tunisini e maltesi possono offrire adeguata assistenza logistica e sanitaria, essendo peraltro più vicini in termini di miglia marine, laddove la sicurezza della navigazione imporrebbe in linea di principio; la ricerca di un luogo di sbarco prossimo alle coordinate marine d’intervento”.

La direttiva evidenzia poi che secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare il passaggio di una nave nelle acque territoriali “può essere anche ritenuto non inoffensivo, ed in particolare per l’attività di carico o di scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero“. La condotta del comandante in questi casi “risulta essere finalizzata al trasferimento sul territorio italiano di migranti irregolari soccorsi nel mar Mediterraneo, facendo ricorso strumentale alle Convenzioni internazionali sul diritto del mare in materia di soccorso e violandone contestualmente le complessive disposizioni”. E queste condotte, per il ministro, “non costituiscono un evento occasionale e disposto da un competente centro di soccorso di un Paese costiero responsabile per quella determinata area di mare, bensì un modus operandi volontario che favorisce in concreto l’ingresso illegale sul territorio europeo di migranti soccorsi nel mar Mediterraneo”.

Il capo missione della ong: “Battiamo bandiera italiana”
“Ci stiamo dirigendo verso nord, verso il nostro Paese, perché noi battiamo bandiera italiana – aveva detto Casarini  perché stavolta la nave soccorritrice non ha il vessillo di un altro Paese -. Andiamo verso nord per dare un porto sicuro a questi naufraghi, come dice la nostra legge, e come dice anche l’umanità“. Il Viminale, intanto, aveva fatto sapere di essere al lavoro a una direttiva per ribadire le procedure dopo eventuali salvataggi in mare. Fonti del ministero guidato da Salvini sostenevabo che la priorità rimane la tutela delle vite, ma subito dopo è necessario agire sotto il coordinamento dell’autorità nazionale territorialmente competente, secondo le regole internazionali della ricerca e del soccorso in mare. Qualsiasi comportamento difforme può essere letto come un’azione premeditata per trasportare in Italia immigrati clandestini e favorire il traffico di esseri umani.

19 marzo 2019

Il Fatto Quotidiano

 

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