Russia, da Gastarbeiter a Bezarbeiter


Lucia Sgueglia


La crisi mondiale che pure in ritardo ha raggiunto Mosca, rischia di inghiottirsi centinaia di migliaia di lavoratori migranti: in 8 anni boom putiniano le loro braccia son state indispensabili a costruire la nuova Mosca degli oligarchi e dei petrodollari. Oggi pare non ce ne sia più bisogno. Un dramma invisibile dietro il crollo delle borse russe, perché molti sono irregolari.


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Russia, da Gastarbeiter a Bezarbeiter

MOSCA – “Crisi? Quale crisi? So solo che non prendo lo stipendio da un mese, e mica è una cifra da nababbi…. il lavoro è fermo da settembre, il capomastro dice che manca il materiale edile, nuove commesse non ce ne sono. Aspettiamo”. Mosca nordovest, seduto nel container che per migliaia di migranti della capitale russa significa “casa”, in mezzo a uno delle centinaia di cantieri edili fioriti in era Putin, Ruslan incrocia le braccia indeciso sul da farsi. Non è abituato a star inattivo tutto il giorno, lui che di solito macina turni da 10-12 ore. È arrivato 3 anni fa dall’Uzbekistan chiamato da un capomastro, il russo lo mastica meglio dei suoi compagni – 15 persone in 10 metri quadrati di stanzetta – tutti dall’Asia centrale. Le loro braccia indispensabili a costruire la nuova Mosca degli oligarchi e dei petrodollari. Oggi pare non ce ne sia più bisogno. La crisi mondiale che pure in ritardo ha raggiunto Mosca, rischia di inghiottirseli. Anche perché pochi di loro hanno documenti di soggiorno in tasca.
Qui doveva sorgere un megacentro commerciale, uno dei 20 progettati a Mosca per il prossimo futuro, ad aggiungersi ai tanti (troppi) già esistenti. Tutti tirati su da “stranieri”, manovali delle ex repubbliche sovietiche. Doveva. Perché la débacle dei mercati finanziari, dopo aver travolto le borse di Russia sta penetrando l’economia reale. E il primo settore colpito, o meglio il più visibile, è proprio l’immobiliare: punta di diamante dell’industria russa dal 2000 in poi, uno dei settori in maggiore crescita col boom economico dopo quello trainante energetico. Con piani grandiosi per il futuro, fino a poco fa. Il terreno è di proprietà della Mirax, la più grande compagnia edilizia russa che nella sola capitale conta decine di progetti avviati, all’insegna del lusso: dall’avveniristica Federation Tower nel babelico work in progress della City finanziaria, orgoglio dell’azienda, a mega shopping mall, scintillanti condomini d'elite, residence per ricchi, complessi d'uffici e grattacieli hi-tech. Col crollare degli indici Micex e Rts (le due borse di Mosca), Mirax ha deciso di bloccare l’80% dei lavori in corso. Saranno completati solo quelli già avviati, promettono i vertici della società. Ammettendo la crisi: “La decisione di rientrare nei cantieri verrà presa solo se il mercato si stabilizza” ha dichiarato un dirigente dell’azienda in un’intervista al Washington Post. Non “quando”, ma “se”.
“Da gastarbeiter a bezarbeiter”, senza lavoro: così titola questa settimana, riassumendo la condizione dei migranti per lavoro in Russia in tempo di crisi, il settimanale Russki Reporter. Una enorme fetta è impiegata proprio nei cantieri, e da quell’impiego dipende, secondo la legge russa, il diritto a risiedere legalmente nel paese. Un dramma che resta invisibile, diversamente da quello di centinaia di russi che tra compagnie aeree e industrie hanno già perso il lavoro nelle ultime settimane, o si sono visti sospendere la paga: il governo promette di prendersene cura. I migranti-manovali ufficialmente nella sola Mosca sono 700mila, molti di più gli irregolari. Ora le forze dell’ordine temono che rimangano a spasso per il paese gonfiando le file degli illegali e della piccola criminalità. “E’ successo altre volte, alla fine ci pagheranno” è ottimista Ruslan abituato alle angherie dei padroni – ma dalla sua non può vantare alcuna garanzia, alcuna possibilità di tutela o rivalsa: se lo sfruttamento era diffuso prima ora rischia di diventare la regola, per quei pochi che troveranno qualcosa da fare. Se ti ferma la polizia rischi l’arresto o il rimpatrio. Oppure puoi allungare una mazzetta da 500 rubli (14, 5 euro al cambio attuale, in forte oscillazione). Nei container tutti han paura che piombi l’FMS – il Servizio Federale Migrazioni che si occupa dei permessi di residenza e lavoro. Nessuno pensa a tornarsene a casa? Difficile. Solo il capocantiere può decidere: “lui ci ha fatti venire e solo lui può farci tornare indietro”, nell’illegalità c’è poco da fare. Il viaggio costa troppo.
Il settore dell’immobiliare era uno dei più fiorenti e a crescita più rapida in era Putin, ma anche uno dei più dipendenti dai prestiti bancari. Ora che le banche hanno smesso di elargire crediti alle compagnie costruttrici (ma la prassi in Russia è avviare i lavori con un grosso capitale iniziale in contanti – nessuno ti dà soldi finché non vede l’edificio quasi completato), segnano uno stop altre ditte note come Sistema Hals di Vladimir Evtushenkov, d’un colpo indebitata fino al collo. I tassi di interesse richiesti dalle banche per i prestiti sono quasi triplicati e le scadenze di restituzione accorciate. La City di Mosca, assicurano le autorità e le società interessate, verrà completata. O perlomeno la Federation Tower firmata Mirax – primo vero moderno grattacielo di Russia che dovrebbe diventare il più alto d’Europa. Costo 740 milioni di dollari. La sua costruzione è stata cominciata attingendo al patrimonio personale di Sergei Polonskj, miliardario capo della società noto per accompagnare spesso Putin in viaggio d’affari, e da quello del Gruppo. Ma il finanziamento maggiore arriva da Vneshtorgbank, secondo istituto di credito del paese, che ci ha messo 250 milioni: ora è in crisi come l’altra banca statale Sberbank, entrambe oggetto di una megaoperazione di salvataggio da parte del governo. Nella Torre dunque c’è anche il Cremlino, proprietario al 99,9% di Vneshtorgbank. Intitolato personalmente a Polonsky era il complesso Polonka Parkline, che invece non vedrà mai la luce. Doveva essere l’avanguardia nel futuro della nuova metropoli russa, una città nella città e una meraviglia architettonica – si legge nella brochure.
Lo Stato ha promesso una mano all’immobiliare. Ma non tutti potranno beneficiarne ovviamente. Secondo il presidente Medvedev, sarà privilegiata l’edilizia popolare. Bando al lusso e alla megalomania? Qualcuno ci spera, come i ‘preservazionisti’ che in tutto il paese si battono contro lo scempio del patrimonio architettonico, storico urbanistico della Russia negli ultimi anni, epoca del “mattone selvaggio” dominata da palazzinari senza scrupoli, in barba a regole e buon gusto. Proprio ieri a Mosca in centinaia hanno sfilato nella “Giornata della furia popolare” per protestare contro le politiche sociali e urbanistiche “irresponsabili” del sindaco Luzhkov, chiedendone le dimissioni. Sua moglie, Elena Baturina, è a capo della Inteko, una delle compagnie edilizie leader nella capitale, anch’essa citata tra i probabili beneficiari del salvataggio statale. A rischio è anche la futuristica (e discussa) Gazprom City a San Pietroburgo: sulle rive della Neva i lavori non sono ancora iniziati, ma nel sito recintato siedono decine di migranti tagiki. In quel caso “fortunati” perché in possesso di un regolare permesso di lavoro. E ora? “Non preoccupatevi, gli troveremo un lavoro – ha assicurato alla stampa il direttore generale dell’associazione dei costruttori di San Pietroburgo Belousov. Spiegando che molti sono pronti a lavorare anche per meno soldi, nei cantieri più piccoli che non si sono fermati.

Fonte: Lettera22 e il Manifesto

26 ottobre 2008

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