Russia-Nato, vista da Mosca


Lucia Sgueglia


Ucraina, Kosovo, scudo Abm, Cfe, allargamento verso Est: è lunga, la lista dei punti che hanno opposto Mosca e l’Alleanza soltanto nell’ultimo anno. E per la Russia non ci sono dubbi che ad avviare lo scontro siano state Usa e Nato. Mentre l’Europa, piazzata giusto nel mezzo, rischia di divenire sempre più bersaglio di Mosca.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Russia-Nato, vista da Mosca

Ucraina, Kosovo, scudo Abm, Cfe, allargamento verso Est: è lunga, la lista dei punti che hanno opposto Mosca e l’Alleanza soltanto nell’ultimo anno. Ma non ci sono dubbi, da queste parti, che non sia stata la Russia a iniziare il duro confronto oggi in corso con gli Usa, che in parte (sempre più) coinvolge l’Europa, sulle maggiori questioni attuali di politica internazionale.
Ad esempio, sulla non proliferazione. “Se la Russia avesse voluto abolire il Cfe, se ne sarebbe semplicemente ritirata. Ma decidendo per la sospensione, mostra di volerlo salvare incoraggiando la Nato a ratificarne la versione emendata al più presto”. È l’opinione espressa in un commento per l’agenzia Novosti da Alexei Arbatov, esperto di Sicurezza e non proliferazione del Carnegie Center di Mosca e membro dell’Accademia delle Scienze. “Mosca non è soddisfatta dalla risposta dei suoi partner sul trattato”. Se l’Occidente continua a rimproverarle il mancato ritiro (previsto dagli accordi di Istanbul del 1999) delle sue truppe dalle zone ex sovietiche (Georgia, Ucraina, Transnistria), alla Russia va almeno riconosciuta un po’ di buona volontà nell’aver iniziato il ritiro dalle basi georgiane. Ma resta, come si è emerso l’altro ieri nel meeting Putin-Yushenko a Mosca per scongiurare l’ennesima guerra del gas, il nodo della flotta russa (ex sovietica) ancora ormeggiata in Crimea. Intanto Putin, in cambio dell’accordo sull’energia, è riuscito a strappare al suo omologo la promessa di non accogliere basi dell’Alleanza sul territorio ucraino. Ottimo baratto.
Per Mosca, l’Alleanza per ora non ha mostrato pari buona volontà. Cercando anzi lo scontro: ancora per Arbatov, “La Russia non crede che la Nato abbia motivi seri per non ratificare il CFE, e che usi il suo rifiuto solo come tentativo per condurre una politica da una posizione di forza, tantopiù che ora si sta espandendo verso Est, sempre più vicino ai confini russi, e incrementando la superiorità delle proprie forze convenzionali – senza alcun riguardo per le preoccupazioni di Mosca”. Per l’esperto di questioni militari, se l’Occidente continuerà a ignorarle il futuro sarà nero: la Russia smetterà di fornire informazioni sul dispiegamento delle proprie forze convenzionali, e di ricevere ispezioni Nato; potrebbe inviare truppe addizionali in Caucaso, ad esempio nella fedele Armenia. Ma non violerà i limiti fissati dal Cfe: “Non è nei nostri piani e non siamo nella posizione di sorpassarli”. Già, l’esercito federale non versa in buone acque, ed è in via di riforma.
Ma ciò che più preoccupa mosca è l’allargamento Nato verso Est. “Lei si può immaginare di vedere fregate Nato presto ancorate alle dolci spiagge della Crimea, nella terra che ha dato origine alla nostra amata patria russa?” così Putin due giorni fa rispondeva a una giovane giornalista ucraina che si meravigliava della strenua opposizione all’avanzamento dell’alleanza in Stati “ormai fuori dalla giurisdizione russa”. Per Alexander Pikaev dell’Imemo (Istituto Economia Mondiale e Rapporti Internazionali, Accademia delle Scienze), autore di un paper sul tema pubblicato in internet, la “novità” è che “Mosca non ha alcuna intenzione di subire l'unilateralismo statunitense”. E il nodo è proprio il suo rapporto con gli stati ex comunisti interessati all’allargamento progettato – sempre peggiori – che la Russia considera d’importanza vitale per ragioni politiche, militari, economiche culturali e storiche. Ma peggio ancora dell’ipotesi scudo piazzato tra Cechia e Polonia, sarebbe l’idea (ventilata) di impiantare armamenti o basi negli Stati Baltici, appiccicati ai suoi confini: “ecco il vero pericolo”, si legge nel saggio di Pikaev. Qui, infatti, data la prossimità geografica, si rischia aumentino le violazioni dello spazio aereo, e le contese su confini e acque territoriali. Infine l’Asia centrale: cresce il sospetto che Usa e Nato vogliano restarvi piu a lungo di quanto richiesto dal conflitto afgano. L’analista russo in conclusione fa notare che “Il Cremlino ha iniziato purtroppo a considerare l’Occidente come un’entità che sta lavorando per prevenire l’attuale potere russo dal restar in sella dopo il 2008. E una sfida contro la volontà di Mosca di perseguire una politica estera e di sicurezza indipendente”.
Del resto, il concetto di “Sicurezza Nazionale” così com’è inteso oggi dalla Russia include Economia, Energia e Finanza, nella prospettiva più generale del cosiddetto “interesse russo”. Inevitabilmente “rigido” poiché l’economia della Federazione si fonda sull’export di petrolio e minerali, e ciò insieme all’enorme estensione la rende vulnerabile a improvvisi squilibri e instabilità mondiali. Ma sulla strada c’è ancora il dialogo. Prima tappa: il summit Nato di Bucarest ad aprile, cui Putin (in quale veste?) ha appena annunciato che parteciperà. In Romania si dovrebbe decidere la membership di tre stati balcanici (Croazia, Slovenia e Albania). Ma per zar Vladimir molto più rilevante è il prossimo allargamento previsto entro 3-4 anni: Ucraina appunto, dove tuttavia, fanno notare i sondaggisti russi, il 70% della popolazione è contrari. Poi Georgia, dove il Nato-entusiasmo invece è quotato al 90%. Infine, forse, Azerbaijan. A Bucarest, l’obiettivo principale di Putin sarà ottenere almeno la promessa di posporre di molto quest’ultima espansione.


Fonte: Lettera22

Pubblicato su Il riformista nell'inserto Diplomatique

15 febbraio 2008 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento