I profughi spinti in Polonia


Avvenire


I migranti allontanati dal confine sono ora rinchiusi in un magazzino in disuso. «Ho sempre detto che non li avrei arrestati, né li avrei trattenuti» Ancora giallo sul neonato morto in terra polacca


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Mentre i primi gruppi di profughi venivano obbligati a lasciare la frontiera per venire alloggiati nel magazzino di un negozio di mobili dismesso, il presidente bielorusso Alexandr Lukashenko ammetteva per la prima volta che i suoi militari hanno spinto i migranti a raggiungere il confine con la Polonia.

Le parole dell’autocrate, più che un’ammissione sono apparse come una compiaciuta rivendicazione. In un’intervista alla Bbc, il despota di Minsk ha tuttavia negato di aver organizzato una tratta, attirando i migranti nel suo Paese con la promessa di facilitare l’entrata nel territorio dell’Unione Europea. «Non accoglieremo le persone al confine. E se ne arriveranno altre non le fermeremo, perché non vogliono rimanere in Bielorussia, vogliono entrare negli Stati dell’Ue. Le nostre truppe sanno che i migranti stanno andando in Germania », ha aggiunto non prima di lanciare un altro dei suoi avvertimenti: «Ho detto che non avrei arrestato i migranti alla frontiera, né li avrei trattenuti, e se d’ora in poi continueranno a venire non li fermerò, perché so che non resteranno nel mio Paese».

La morte di un bambino di un anno, ucciso dal freddo e dagli stenti, ha suscitato indignazione. Il decesso sarebbe avvenuto in territorio polacco circa un mese fa, mentre la famiglia si nascondeva nella foresta dopo essere riuscita a superare il filo spinato. I genitori mostravano varie e profonde ferite alle gambe, secondo alcune fonti provocate dal filo spinato, ma non si esclude che possano essere stati aggrediti. Se davvero le autorità di Varsavia erano al corrente della sorte occorsa al bambino, questo dimostrerebbe che i pericoli a cui vanno incontro i profughi erano noti da tempo. Sul lato polacco continua a essere interdetto l’accesso a giornalisti e osservatori indipendenti. Le uniche immagini che arrivano dalla Polonia sono girate dagli elicotteri dell’esercito di Varsavia.

Mostrano le tende abbandonate e le cataste di tronchi, forniti dall’esercito bielorusso, utilizzati dai profughi per tentare di abbattere le barriere. Ieri almeno duemila persone sono state portate via, in un centro d’accoglienza allestito dalle autorità in un capannone dismesso. Ma diversi altri gruppi di profughi rimangono nascosti nella foresta. «È necessario respingere la strumentalizzazione che il regime bielorusso sta facendo dei migranti, ma al tempo stesso non bisogna perdere di vista il principio umanitario di salvare le vite umane. È inconcepibile che possano morire persone di freddo ai confini dell’Europa», ha commentato la viceministra degli Esteri Marina Sereni. Le ricadute geopolitiche della crisi umanitaria non saranno a breve termine.

Per il ministro degli Esteri polacco, Zbigniew Rau, la tensione con la Bielorussia non richiede «al momento» la convocazione urgente di una riunione del Consiglio della Nato. Angela Merkel ha sentito al telefono il presidente lituano Gitanas Nauseda, assicurando la piena solidarietà alla Lituania, coinvolta «in modo significativo dalla situazione ai confini esterni della Ue». I Paesi che condividono la frontiera con la Bielorussia considerano infatti le mosse sui migranti come un primo passo di Lukhashenko, in vista di altre possibili azioni di disturbo. Non è un caso che le forze armate lituane stiano ultimando la costruzione di una base militare al confine.

Nello Scavo
Avvenire
20 novembre 2021

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