Povertà, segnali di peggioramento in Italia


Redattore Sociale


Rapporto coesione sociale. Aumentano le famiglie che non si possono permettere di riscaldare adeguatamente l’abitazione e quelle che arrivano con molta difficoltà alla fine del mese.


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Nel 2011, le famiglie in condizione di povertà relativa sono in Italia 2 milioni 782 mila (l’11,1 per cento delle famiglie residenti) corrispondenti a 8 milioni 173 mila individui poveri, il 13,6 per cento dell’intera popolazione. È quanto riporta il rapporto sulla Coesione sociale 2012, frutto della collaborazione tra Inps, Istat e Ministero del lavoro e delle politiche sociali e presentato questo pomeriggio presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a Roma. Secondo il rapporto, “la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, dove convivono più generazioni”.
Il rapporto mostra “segnali di peggioramento” per le famiglie che non si possono permettere di riscaldare adeguatamente l’abitazione (che passano dal 10,6 per cento del 2009 all’11,5 per cento) e per quelle che arrivano con molta difficoltà alla fine del mese (dal 15,3 al 16 per cento). Stabili, invece, le quote di famiglie che non si possono permettere una settimana di ferie lontano da casa almeno una volta all’anno e non possono far fronte a una spesa imprevista con mezzi propri. Per quanto riguarda la povertà relativa, mostra alcuni segnali di miglioramento fra gli anziani. Tuttavia, spiega il rapporto, una vulnerabilità in termini economici permane soprattutto nel Mezzogiorno, dove risulta relativamente povero il 24,9 per cento degli anziani (7,4 per cento quelli assolutamente poveri). L’incidenza della povertà relativa nel 2011, inoltre, è pari al 27,8 per cento fra i minorenni se questi vivono con i genitori e almeno due fratelli (10,1 per cento se si fa riferimento alla povertà assoluta), mentre è pari al 32 per cento (18,2 per cento nel caso della povertà assoluta) se vivono in famiglie con membri aggregati.
Cresce, per l’Italia, l’indicatore sintetico “Europa 2020”, che considera le persone che sono a rischio di povertà o di esclusione sociale: per il nostro Paese passa dal 26,3 per cento del 2010 al 29,9 per cento del 2011, “un livello significativamente superiore alla media europea – spiega il rapporto -. La variazione negativa di 3,3 punti percentuali è la più elevata registrata nei Paesi compresi europei”. Situazione preoccupante per il Mezzogiorno, dove il rischio di povertà o di esclusione sociale supera la media nazionale di circa 15 punti percentuali (39,5 per cento contro 24,6 per cento) ed è più del doppio rispetto al valore del Nord (15,1 per cento); inoltre è maggiore fra le famiglie con tre o più figli (37,1 per cento) e fra quelle monogenitore (35,7 per cento). Nel 2010, inoltre, in Italia è materialmente deprivato il 25,8 per cento delle famiglie residenti nel Mezzogiorno, (contro il 15,7 della media nazionale), valore che raggiunge il 30 per cento in Sicilia e in Campania.

Senza dimora. Nel suo rapporto sulla coesione sociale, l’Istat riporta anche il dato sugli homeless in Italia. I dati sono il risultato dell’indagine svolta sempre dall’Istat, assieme a ministero del Welfarem caritas e Fiopsd e presentata lo scorso mese di ottobre. Sono oltre 47,6 mila le persone senza dimora che, nei mesi di novembre e dicembre 2011, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna in 158 Comuni italiani. Le persone senza dimora stimate corrispondono a circa lo 0,2 per cento della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati dall’indagine. L’incidenza sul totale dei residenti risulta più elevata nel Nord-ovest, dove le persone senza dimora corrispondono a circa lo 0,35 per cento della popolazione residente, seguono il Nord-est con lo 0,27 per cento, il Centro con lo 0,20 per cento, le Isole (0,21 per cento) e il Sud (0,10 per cento).
la durata media è più alta per gli italiani (3,9 anni contro 1,6 anni degli stranieri). Il 28,3 per cento lavora anche se per lo più a termine o saltuariamente (24,5 per cento) e il guadagno è pari, in media, a 347 euro mensili. La perdita di un lavoro (riguarda il 55,9 per cento dei senza dimora), si configura come uno degli eventi più rilevanti del percorso di progressiva emarginazione che conduce alla condizione di senza dimora, insieme alla separazione dal coniuge e/o dai figli (54,4 per cento). Le donne sono 6.238 (13,1 per cento) e hanno caratteristiche simili agli uomini. Di queste, l’11,4 per cento (il 15,1 per cento nel caso degli uomini) ha dichiarato di essersi trovata coinvolta in risse o atti violenti negli ultimi 12 mesi. I senza dimora, comunque, sono soprattutto maschi (86,9 per cento), giovani (il 57,9 per cento ha meno di 45 anni) e stranieri (59,4 per cento).

Fonte: www.redattoresociale.it
18 dicembre 2012

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