Palestina entro i confini del 1967


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Non è un caso che Jimmy Carter sia tornato apposta a Gerusalemme per comunicare all’opinione pubblica internazionale i risultati dei suoi otto giorni di tour in Medio Oriente. Gerusalemme è una piazza mediatica molto ambita…


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Palestina entro i confini del 1967

Non è un caso che Jimmy Carter sia tornato apposta a Gerusalemme per comunicare all'opinione pubblica internazionale i risultati dei suoi otto giorni di tour in Medio Oriente. Gerusalemme è una piazza mediatica molto ambita, e quello che si dice a Gerusalemme avrebbe molto meno impatto se fosse detto a Riyadh o a Damasco. Carter aveva ragione: la sala del King David che ha ospitato il suo resoconto (dietro l'invito dell'Israel Council on Foreign Relations) era stracolma. E l'ex presidente americano non ha deluso l'attesa, andando subito al nocciolo della questione: il contenuto degli incontri con i tre gruppi di leader di Hamas, dirigenti di Cisgiordania, di Gaza (incontrati al Cairo dopo il rifiuto israeliano di concedere a Carter l'ingresso nella Striscia) e dell'ufficio politico all'estero. Hamas ha chiesto a Carter di leggere una dichiarazione del movimento, in cui si afferma l'impegno di Hamas "all'autodeterminazione nazionale" e alla costruzione di "uno Stato palestinese entro i confini del 1967".
Hamas, ha detto Carter, accetta uno Stato palestinese entro i confini del 1967, accetta l'esistenza di Israele, ed è disposto ad accettare un accordo tra Ehud Olmert e Mahmoud Abbas, anche se non sarà d'accordo con il contenuto dell'intesa, se questo accordo sarà sottoposto a referendum e accettato dal popolo palestinese. In sostanza: Hamas è disposto ad accettare tutto questo all'interno di un pacchetto completo.
Carter, insomma, ha mediato senza essere mediatore e, ha sottolineato, senza essere accettato come tale né dagli israeliani né dagli americani. Ma ha negoziato, questo sì, solo con le parti in causa che lo hanno accettato come interlocutore: i palestinesi (sia di Ramallah sia di Gaza) e gli arabi. Ha negoziato su quello su cui era possibile negoziare: il caso Shalit, per esempio, su cui Carter ha chiesto uno scambio rapido, ma senza successo. Nonostante Carter abbia messo nella "sua" lista i ministri e i deputati di Hamas arrestati e detenuti da Israele dal settembre 2006, i dirigenti del movimento islamista hanno detto che avevano già dato la loro parola ai parenti dei prigionieri inseriti nella "loro" lista. Risposta negativa anche sulla richiesta, di Carter, di una tregua unilaterale da parte di Hamas, limitata a Gaza e della durata di trenta giorni. Hamas non si fida degli israeliani, ha detto Carter, e dunque è disposta a un cessate il fuoco solo concordato, anche se limitato in una prima fase a Gaza, con l'idea di estenderlo alla Cisgiordania.
Parole dure Carter le ha avute sul pacchetto siro-israeliano. I due paesi hanno contatti da tempo, ha detto, e sono praticamente d'accordo sull'85% dei problemi. "Sono gli Stati Uniti che si stanno opponendo a un accordo tra Siria e Israele".
Carter ha lanciato quello che è più di un ballon d'essai. E' un vero e proprio colpo diplomatico. Ora bisogna vedere se qualcuno, dall'altra parte, è disposto a raccoglierlo.

Articolo di Paola Caridi

Dal suo Blog: http://invisiblearabs.blogspot.com

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