Il padre del bambino-eroe: vorremmo la cittadinanza


Avvenire


“Mio figlio ha fatto il suo dovere, sarebbe bello se ora ottenesse la cittadinanza italiana”. A parlare è Khalid Shehata, il padre di Rami, il 13enne che era riuscito a nascondere il cellulare all’autista sequestratore e a fare la prima telefonata al 112.


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È stato il gioco di squadra istintivo tra tre ragazzini svegli a rompere la prigionia imposta dall’aguzzino. Rami, il primo a rispondere con prontezza che non aveva con sé lo smartphone e a gettarlo sotto il sedile, Riccardo, che ha colto al volo l’attimo propizio per recuperare il telefono del compagno di classe, per poi passarlo dietro ad Adam che dall’ultima fila, a sua volta, ha telefonato ai genitori e alla polizia.
E attorno a loro gli altri compagni che, tra le lacrime, hanno aumentato la confusione per coprire le voci di chi chiedeva disperatamente aiuto agli «adulti».

“Mio figlio ha fatto il suo dovere, sarebbe bello se ora ottenesse la cittadinanza italiana“. A parlare è Khalid Shehata, il padre di Rami, il 13enne che era riuscito a nascondere il cellulare all’autista sequestratore e a fare la prima telefonata al 112. “Siamo egiziani, sono arrivato in Italia nel 2001, mio figlio è nato qui nel 2005 ma siamo ancora in attesa di un documento ufficiale. Vorremmo tanto restare in questo Paese. Quando ieri l’ho incontrato l’ho abbracciato forte”.

Oggi alla scuola Vailati di Crema dopo che mercoledì un autista ha bruciato un pullman rischiando di uccidere 50 alunni si sta cercando di tornare alla normalità, anche se non è affatto semplice. La madre di una ragazzina che non era a bordo del bus ha spiegato ad alcuni giornalisti, presenti all’ingresso della scuola, di aver deciso comunque di portare la figlia in classe nonostante la piccola avesse molta paura. “Ho deciso di portarla anche perché a casa avrebbe guardato la tv e si sarebbe ancor più preoccupata. Questa notte non ha dormito”. Davanti alla scuola la strage evitata era l’argomento sulla bocca di tutti i genitori: Filippo che ha una figlia in prima media ha sostenuto che nell’azienda di autobus per cui lavorava il conducente che ha dato fuoco al mezzo “non si facciano sufficienti controlli”. “Conosco una persona che è andata in pensione e che lavorava per un’azienda di Milano: faceva controlli sulle sue condizioni quasi ogni mese”, ha aggiunto il papà: “È inaccettabile che sia accaduto questo”.
I ragazzi di seconda media che erano a bordo dell’autobus andato in fiamme a scuola è probabile che oggi rimangano a casa, in considerazione della fatica e della paura provate nella giornata di mercoledì.


LE INDAGINI DELLA PROCURA DI MILANO: CACCIA AL VIDEO

Nel frattempo è sorvegliato a vista Ousseynou Sy, l’uomo arrestato dopo aver dato fuoco a un bus su cui viaggiava la scolaresca, in una cella insieme ad altri detenuti nella casa circondariale di San Vittore dove è stato portato intorno all’una della scorsa notte.

L’uomo, che subito dopo l’arresto era stato medicato in ospedale per ustioni leggere, mercoledì sera ha avuto solo il colloquio con il medico di guardia. Questa mattina, invece, incontrerà lo psichiatra, lo psicologo e l’educatore del reparto.

La Procura di Milano è a caccia del video che l’autista aveva diffuso su You Tube e inviato ad alcuni amici e parenti in Senegal. Nel video, registrato con il suo cellulare bruciato tra le fiamme del pullman, l’uomo avrebbe annunciato il suo “gesto eclatante”, perché “esasperato dall’attuale situazione migratoria, ‘non ce la faccio più a vedere bambini e donne che muoiono in mare”, le sue parole riferite in conferenza stampa dal pm di Milano Alberto Nobili che insieme a Luca Poniz è titolare dell’inchiesta per strage e sequestro di persona.

Il video, secondo le intenzioni dell’autista, sarebbe poi stato diffuso sul suo canale YouTube.

Sul caso è intervenuto anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini: “Faremo il possibile affinché a questo tizio infame venga tolta la cittadinanza italiana: non parli a nome di sessanta milioni di italiani”.

IL GRAZIE AI COLLEGHI CARABINIERI SU FACEBOOK
È stato pubblicato anche un post sulla pagina Facebook dell’Arma dei Carabinieri per rendere omaggio e dire “grazie” a quei Carabinieri che hanno salvato i bambini sull’autobus: lo hanno scritto i loro colleghi e si intitola “Ai nostri eroi di Milano”. “Nel giorno in cui – si legge nel post, che in un’ora ha già avuto migliaia di like e condivisioni – nasce la primavera, festeggiamo cinquantuno bambini tornati a casa. Cinquantuno bambini, la primavera della vita. È stato tutto molto semplice, tutto come mille altre volte: una richiesta di soccorso, l’allerta della Centrale, l’intervento. È stato straordinario”. “Voi in pochi – proseguono i carabinieri nel post dedicato ai loro colleghi – di fronte a un autobus impazzito che vi speronava, a una minaccia terribile e mortale, alle fiamme che già divoravano le lamiere. Avete vinto. Nessuno si è fatto male, nemmeno chi di quell’orrore era stato l’artefice. Perché le vite si salvano tutte. Siete stati gli angeli della strada, i supereroi che volano fra i grattacieli proteggendo la metropoli, l’’argine contro la follia. Noi in tanti, 110mila, che di fronte a tanto abbiamo solo una parola. Grazie. Grazie per averci resi orgogliosi della nostra uniforme. Per aver ricordato chi sono i Carabinieri, che cosa fanno da più di due secoli. Sono quelli che corrono verso il pericolo laddove l’istinto umano è fuggirne. Quelli che vedono in ogni bambino un figlio, in ogni donna una sorella, in ogni anziano un genitore. Grazie perché domani – conclude il post – sarete di nuovo sulla strada. Correndo alla prossima chiamata, pensando che in fondo non avete fatto che il vostro dovere”.

21 marzo 2019

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