Non permettiamo che Ingrid muoia


Elisa Marincola


Le preoccupazioni per la vita di Ingrid Betancourt salgono. L’ex marito, Fabrice Delloye, padre dei figli della franco-colombiana ostaggio delle Farc dichiara: "Ho paura che Ingrid stia morendo o sia già morta". Elisa Marincola, giornalista di RaiNews24, denuncia: "A meravigliare ancora una volta è l’assordante silenzio che ci circonda. Qualche scarna notizia ai TG, brevi trafiletti sui giornali. Non una parola dai Grandi".


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Non permettiamo che Ingrid muoia

Forse è già troppo tardi per Ingrid Betancourt. A poco più di ventiquattro ore dalle notizie di un aggravamento del suo stato di salute, arriva la dichiarazione dell’ex marito, Fabrice Delloye, padre dei figli della franco-colombiana ostaggio delle Farc: "Ho paura che Ingrid stia morendo o sia già morta". "Quello che mi angoscia di più – ha aggiunto Delloye – è la dichiarazione del governo colombiano sulla sua salute ‘estremamente fragile’. Mi chiedo se non abbiano più informazioni di noi". Il difensore civico colombiano Volmar Perez aveva affermato venerdì che le condizioni della ex candidata presidenziale, sono "andate deteriorandosi" a causa di una epatite B e della cosiddetta “febbre nera”, un’infezione trasmessa dagli insetta della foresta in cui Ingrid è costretta a vivera da oltre sei anni.

Immediatamente il presidente Uribe aveva informato di aver firmato un decreto per la sospensione delle pene per i membri delle Farc prigionieri nelle carceri colombiane, se la Betancourt e “altri ostaggi” fossero stati liberati.

Addirittura, l’Alto commissario colombiano per la pace, Luis Carlos Restrepo, ha affermato: "sarebbe sufficiente che Ingrid Betancourt fosse liberata immediatamente per farci prendere in considerazione che si possa fare un accordo umanitario concedendo i benefici di una sospensione della pena ai membri della guerriglia". Una notizia subito ridimensionata dal procuratore generale di Bogotà, che aveva spazzato via qualsiasi illusione su una possibile soluzione, sottolineando che non sarebbe bastato il rilascio della donna per far scattare il provvedimento, ma ci voleva ben di più.

Ancora una volta assistiamo a un balletto di accuse e a uno scaricarsi reciproco di decisioni che nessuno dei due contendenti, il potere di Bogotà e le Farc, intendono davvero prendere. Nessuno di loro sa guardare oltre le proprie piccole, desolanti affermazioni di autorità e non mollerà la presa, in un braccio di ferro che sta schiacciando quel piccolo, fragile essere che abbiamo visto sofferente nel breve video dello scorso novembre.

Se non l’ha già schiacciato.

A meravigliare ancora una volta è l’assordante silenzio che ci circonda. Qualche scarna notizia ai TG, brevi trafiletti sui giornali. Non una parola dai “Grandi”. A cominciare dall’Europa, riunita in Slovenia per discutere di Kosovo e di Cina (ma senza esagerare), hanno scordato tutti una donna sola, che aveva avuto il coraggio di affrontare la destra paramilitare e le armate della guerriglia clandestina, con un messaggio di speranza per il suo paese.

Non una parola da Sarkozy, troppo impegnato dietro le gonne della sua bella Carlà. Eppure, il presidente francese, con el sue pressioni, aveva reso possibile l’avvio del negoziato con il capo delle Farc, sotto la mediazione del venezuelano Chavez.

Non una parola neanche qui da noi. Eppure, ricordiamo tutti che, da sindaco di Roma, Veltroni si era speso molto per salvare Ingrid: la sua gigantografia appesa davantri al Campidoglio, la nomina a cittadina onoraria, fiaccolate. Ma, si sa, la campagna elettorale stritola e bisogna occuparsi di cose serie, come le presenze in tv, o il disperato scambio di battute con gli antagonisti.

E intanto Ingrid sta morendo, se non è già morta. Lo è di sicuro nell’agenda delle priorità della politica internazionale e, quindi, dei media.

Non dobbiamo permetterlo. Non possiamo forse salvarle la vita, e comunque non è ancora detto.

Dobbiamo in ogni caso salvare il ricordo della sua tragedia, che è la tragedia dei suoi figli, di sua madre, della sua famiglia; che è anche la tragedia del suo popolo, pressato da un governo che da la precedenza agli interessi dei suoi alleati stranieri; dai gruppi paramilitari che si spartiscono il mercato della droga, uccidendo sindacalisti e oppositori, nella massima impunità; dalla violenza delle milizie guerrigliere, che in nome di un progetto politico fine a se stesso, rapiscono, uccidono, tengono una regione intera in ostaggio.

Salviamo Ingrid, salviamo il suo nome, chiediamo al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di mandare un messaggio a Uribe perché faccia il primo passo. Chiediamo a tutti i mezzi d’informazione di riaccendere i riflettori sulla Betancourt, senza spegnerli dopo due minuti. Solo la loro attenzione potrà far arrivare alle Farc la nostra voce per chiedere che non lascino morire la loro prigioniera. Liberarla sarebbe la più grande vittoria che possano ottenere. La vittoria del diritto e dell’umanità.

di Elisa Marincola, Giornalista di RaiNews24

30 marzo 2008

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