No alla tortura, perché non accada più


il Manifesto


Il Comitato Verità per Aldro ha aderito alle iniziative per l’introduzione del reato di tortura in Italia.


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patriziamoretti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Subito dopo la sentenza definitiva di condanna per l’omicidio di Federico Aldrovandi il Comitato Verità per Aldro, ora costituitosi in Associazione, ha deciso di unirsi alle iniziative per l’introduzione del reato di tortura in Italia, proponendo l’anno scorso una raccolta di firme diffusa da Avaaz che ha superato le 100.000 adesioni in una sola settimana.
Ci siamo così affiancati nella battaglia portata avanti da anni da organizzazioni umanitarie quali Amnesty International, Antigone e a molte associazioni fra quelle promotrici, oggi, della campagna delle tre proposte di legge di iniziativa popolare su Tortura, Carceri e Droghe.
Quando, insieme agli amici di Federico e a coloro che ci hanno sostenuto in questi anni, abbiamo deciso di costituire l’associazione non vi era infatti solo la volontà di ricordare un ragazzo che ha perso la vita tornando a casa per mano di chi avrebbe dovuto proteggerlo. C’era anche l’impegno a fare in modo che, per quanto possibile, ciò che è successo a Federico non potesse più accadere.
Il significato della nostra adesione alla raccolta firme che parte in questi giorni in tutta Italia è quindi nel testo dello striscione che ha accompagnato ogni nostra manifestazione in questi otto anni di ricerca di giustizia: «Per quello che non doveva succedere, per quello che non è ancora successo, perché non accada mai più».
Sembrerebbe quasi superfluo ricordare come l’introduzione della norma nel codice penale sia la naturale conseguenza della ratifica di trattati internazionali adottati da tutti i paesi civili, compreso il nostro. Ma la ratifica italiana risale al 1989 e da allora nessun Parlamento è riuscito ad introdurre nel nostro codice penale il testo che definisce crimini specifici commessi da appartenenti alle forze dell’ordine. Troppi sono i casi in Italia rimasti senza giustizia per l’assenza della definizione giuridica di tortura nel nostro codice.
L’introduzione del reato, non solo qualificherebbe il nostro sistema giuridico come democratico, ma avrebbe come primo risultato pratico un sicuro effetto deterrente; «perché non accada mai più», appunto.
Il sostegno dell’Associazione Federico Aldrovandi trova quindi il proprio primo fondamento in questa proposta di legge, ma si estende alle successive due proposte considerandole alta espressione di civiltà. Riteniamo infatti altrettanto importante ripristinare la legalità costituzionale nelle carceri, dove il sopruso contro la dignità delle persone è quotidiano, e abolire le parti più odiose e criminogene di due leggi fallimentari, la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, fulcro della repressione di questi anni.
Saremo quindi impegnati in questi mesi, raccogliendo firme e promuovendo iniziative. Ma ci sentiremo impegnati anche dopo, vigilando affinché in Parlamento, una volta tanto, venga colta l’opportunità resa possibile dalle migliaia di adesioni che ci auguriamo si esprimeranno in questi mesi, consentendo finalmente al nostro paese di fare un passo avanti per l’affermazione dei diritti umani.
Info sulla campagna delle tre leggi: www.3leggi.it
Patrizia Moretti, Presidente Associazione Federico Aldrovandi
Fonte: Il Manifesto

10 aprile 2013

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