Naufraga codice per i soccorsi in mare


Avvenire


Su 8 enti, solo Moas e Save the Children (più, via mail, uno spagnolo) dicono sì al Viminale. Decisivo il nodo agenti a bordo. Irritazione del ministero: chi non ha firmato, subirà «conseguenze»


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Save the Children e Moas hanno firmato il codice di condotta per le ong che soccorrono i migranti in mare, messo a punto dal ministero dell’Interno. Non hanno invece firmato Medici senza frontiere e l’organizzazione tedesca Jugend Rettet. Diverse altre ong non si sono presentate all’incontro convocato dal ministro degli Interni Marco Minniti al Viminale.

L’appuntamento di oggi non si è, quindi, concluso come il ministero dell’Interno si aspettava. L’adesione è stata davvero ridotta. Non sono bastate, dunque, tre riunioni sempre al Viminale, presiedute dal capo di Gabinetto del ministero, Mario Morcone, per superare i dubbi della maggior parte delle organizzazioni che fanno soccorso in mare (circa 10 le navi operative, alle quali si deve nel 2017 circa il 40% dei quasi 100mila migranti salvati e arrivati in Italia).

L’irritazione del ministro Marco Minniti si evince da una nota del ministero: chi non ha aderito al documento si avverte, si pone “fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi, a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse”. Quali potrebbero essere? Secondo alcune fonti, scatteranno più ispezioni e controlli alle imbarcazioni, ma non la chiusura dei porti, misura che al Viminale non sarebbe stata presa in considerazione.

“Save the Children ha deciso di firmare il codice per le Ong impegnate nel salvataggio dei migranti in mare perchè gran parte delle cose che prevede noi già le facciamo”. Lo ha detto il direttore generale, Valerio Neri, al termine dell’incontro al ministero dell’Interno che aveva per oggetto proprio la sottoscrizione del nuovo codice per le Ong. “L’unico punto che per noi rappresentava una criticità – ha spiegato Neri – era quello che introduce il divieto di trasbordare i migranti da una nave a un’altra ma questo si è risolto con il ruolo che svolgerà la guardia costiera. Mi spiace che altre Ong non abbiano deciso di sottoscrivere questo codice”, ha concluso Neri.
Medici senza frontiere ha deciso di non firmare il codice di condotta per le ong perché, tra le altre cose, prevede la presenza a bordo di agenti mentre “in nessun Paese in cui lavoriamo accettiamo la presenza di armi, ad esempio nei nostri ospedali”, spiega Gabriele Eminente, direttore generale di Msf. “Anche se il codice era stato migliorato – continua il direttore – rimaneva il punto dei trasbordi (che vengono vietati dalle navi Ong a quelle dei soccorsi ufficiali ndr): abbiamo chiesto di levarlo, perché è un punto che rischia di pregiudicare l’intera operazione”.

La vicenda

Come è noto, le Ong si sono trovate nell’occhio del ciclone, accusate da alcune forze politiche (M5S in testa) e da alcuni rapporti internazionali di “andarsi a cercare” i migranti quasi sulle coste libiche, di mettersi d’accordo con gli scafisti finendo per diventare un terminale della “catena” che porta in Europa i disperati del continente africano. Lo scopo di questi comportamenti sarebbero, nella migliore delle ipotesi, farsi belli e acquisire benemerenze internazionali e, nella peggiore, biecamente economici. Le Ong hanno sempre risposto che loro badano solo a salvare vite umane e che senza di loro migliaia di persone in questi anni sarebbero morte. Il governo italiano ha chiara l’importanza del loro ruolo, ma riconosce la necessità di una regolamentazione all’interno della quale riprendere l’operatività.
A metà luglio è uscito un primo regolamento che le Ong (le principali sono: Medici senza Frontiere, Save the Children, Moas, Sea Watch) hanno rispedito al mittente, giudicandolo troppo restrittivo. Sulla pratica si è molto speso il ministro degli Interni Marco Minniti e, nei giorni scorsi, è arrivato un nuovo testo che dovrebbe appunto essere firmato nel pomeriggio.

La mancata sottoscrizione del codice di condotta (così come il mancato rispetto degli obblighi in esso previsti), potrà comportare il diniego da parte dello Stato italiano dell’autorizzazione all’ingresso nei porti nazionali, fermo restando il rispetto delle convenzioni internazionali vigenti.

I principali punti di dissenso sono la questione del divieto di trasbordo, che le ong contestano perché ostacolerebbe le operazioni di salvataggio, e la polizia giudiziaria a bordo, perché indebolirebbe l’immagine d’indipendenza dai governi, di cui le Ong fanno una vera e propria bandiera. Altre questioni minori riguardano i certificati d’idoneità (compresa la trasparenza delle fonti di finanziamento) e i rapporti con la Guardia costiera libica.

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