Medio Oriente, Obama vuole uno Stato palestinese e un accordo di pace entro i prossimi due anni


Sara Volandri


Washington annuncerà la ripresa dei negoziati fra israeliani e palestinesi in occasione di un summit trilaterale fra il presidente americano Barack Obamak, il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente dell’Autoritèà Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas.


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Medio Oriente, Obama vuole uno Stato palestinese e un accordo di pace entro i prossimi due anni

Washington annuncerà la ripresa dei negoziati fra israeliani e palestinesi in occasione di un summit trilaterale fra il presidente americano Barack Obamak, il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente dell’Autoritèà Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas.
Lo ha scritto ieri il quotidiano israeliano “Ha’aretz”, spiegando che Obama ha tracciato un percorso di due anni per raggiungere un accordo di pace. Il presidente israeliano Shimon Peres aveva parlato ieri della possibilità del vertice, previsto a fine settembre a New York a margine dell’Assemblea generale dell’Onu. Dopo aver incontrato la settimana scorsa Netanyahu a Londra, l’inviato americano per il Medio Oriente, Gorge Mitchell, ha informato diversi ministri europei sugli ultimi sviluppi relativi al processo di pace. Fonti diplomatiche israeliane ed europee hanno poi riferito ad Haaetz che “Obama non ha un nuovo piano di pace”, ma che il quadro diplomatico sarà diverso dal processo di Annapolis condotto dal suo predecessore gorge Bush.
In primo luogo i colloqui andranno avanti lungo il percorso della Road map, poi sarà previsto un tempo di due anni, e infine gli Stati Uniti si ritaglieranno un ruolo più attivo rispetto al passato “sedendosi al tavolo negoziale”.
Prima dell’apertura dell’Assemblea generale, il 22 settembre, Washington potrebbe inoltre annunciare un accordo per “misure di costruzione della fiducia” con un congelamento temporale o parziale delle costruzioni negli insediamenti. Si parla di un periodo di 6-9 mesi, o forse anche di un anno. Da parte americana, scrive ancora “Ha’aretz”, si lavora anche per passi di normalizzazione nei rapporti fra Israele e gli stati arabi. Un diplomatico europeo riferisce che il Quasar potrebbe riaprire la missione diplomatica israeliana e che altri stati potrebbero permettere voli diretti con Israele e concedere visti a turisti e uomini d’affari israeliani.
Dopo la ripresa dei negoziati, gli Stati Uniti dovrebbero sarebbero infine interessati a convocare una conferenza internazionale: Mosca appare una sede probabile, ma si candida anche Parigi in virtù della sua co-presidenza assieme all’Egitto dell’Unione per il Mediterraneo.
Lunedì il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman aveva fatto sapere che non permetterà che l’Autorità Nazionale Palestinese formi uno Stato de facto entro i prossimi due anni. Lieberman ha anche diffidato l’Anp dal prendere decisioni unilaterali e ha sottolineato come non sia possibile porre una data limite per un accordo finale con i palestinesi.
Intanto continua la polemica sulla vicenda del caporale Gilad Shalit. “Consiglio a tutti meno piagnistei” sul caso del soldato Gilad Shalit, da oltre 3 anni prigioniero di Hamas  Gaza. Questa, ieri, la risposta del ministro della difesa Ehud Barak alla domanda di uno studente. Barak ha detto che il governo è impegnato in uno sforzo serio per ottenere la liberazione di Shalit “ma non ad ogni prezzo”.Hamas chiede in cambio del militare la liberazione di 450 detenuti palestinesi, responsabili di molti dei più efferati e sanguinosi attacchi contro la popolazione civile israeliana, oltre a diverse altre centinaia di condannati per crimini meno gravi. Noam Shalit, padre del soldato, ha così risposto alle affermazioni di Barak: “ meno chiacchiere, meno citazioni e più fatti”. Rispondendo ad uno studente, in procinto di arruolarsi per il servizio di leva, che gli chiedeva se lo Stato poteva garantire la sua incolumità nel caso venisse fatto prigioniero, Barak ha detto: “lo stato non può garantirti l’incolumità, la vita o che non cadrai in prigionia da soldato. Tu ti arruoli per combattere. Questo posto non è l’Europa Occidentale. Qui sopravvive chi non batte ciglio davanti al fuoco di razzi, a rapimenti e a cimiteri militari”.

Fonte: Liberazione

2 settembre 2009

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