Facili entusiasmi per conflitto ridimensionato ma il rischio in Darfur di nuove vittime cresce


Antonella Napoli


Nei giorni scorsi il capo della missione congiunta Onu-UA inviata per un sopralluogo in Darfur, Rodolphe Adada, ha riferito in Consiglio di sicurezza sulla situazione del conflitto, definito in questa fase a "bassa intensità"…


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Facili entusiasmi per conflitto ridimensionato ma il rischio in Darfur di nuove vittime cresce

Nei giorni scorsi il capo della missione congiunta Onu-UA inviata per un sopralluogo in Darfur, Rodolphe Adada, ha riferito in Consiglio di sicurezza sulla situazione del conflitto, definito in questa fase a ’bassa intensità’.
Adada, ex ministro degli Esteri del Congo, ha evidenziato che “il Darfur, oggi è una guerra di tutti contro tutti. Le forze governative si scontrano con i movimenti armati. I movimenti armati lottano tra loro, e i membri delle forze di sicurezza governative combattono l’uno contro l’altro, e contro con le milizie. Tutte le parti hanno ucciso civili”. (1).
Informazioni che tracciano un quadro della crisi nella regione sudanese che appare, a chi legge con parzialità tali notizie, ridimensionato. Quanto meno nei numeri. Dal gennaio 2008 a oggi, ha sottolineato l’analista congolese, le morti causate da atti violenti in Darfur sono state circa 2000.
Quei pochi organi di informazione che ne hanno parlato hanno posto l’accento sulla situazione militare, sottolineando che rispetto al periodo di intense ostilità degli anni 2003-2004, durante i quali decine di migliaia di persone sono state uccise, le cifre sono decisamente più basse e «in termini puramente numerici si tratta di un conflitto a bassa intensità». (2).
Resoconto ineccepibile. Peccato che Adada abbia anche rimarcato la grande preoccupazione per il peggioramento dell’emergenza umanitaria determinato dalla decisione del regime di Khartoum di espellere 13 organizzazioni non-governative dal Darfur, dopo averle accusate di aver “inventato” informazioni poi fornite alla Corte penale internazionale.
L’inviato Onu – Ua ha dichiarato che l’espulsione di queste ong ha causato “l’interruzione nel flusso di aiuti e servizi alla popolazione e agli sfollati”.
“Siamo profondamente preoccupati per il rischio di una catastrofe umanitaria – ha detto Adada – Non da ultimo perché siamo i più visibili rappresentanti della comunità internazionale nel Darfur”. L’esponente delle Nazioni Unite ha anche ricordato che finora sono stati dispiegati sul terreno il 69% dei 26mila uomini previsti per la missione congiunta che attualmente funziona a circa un terzo della sua piena capacità, a causa delle continue difficoltà logistiche tra cui la mancanza di elicotteri da trasporto.
Di questo, però, nessuno ne ha parlato.
Partendo dal presupposto che la situazione del conflitto, al momento, sia in una fase di stallo, quasi di attesa, va ricordato che nelle ultime settimane sono stati intercettati carichi di armi che sono arrivati, ma per qualcuno ‘solo’ transitati, in Sudan provenienti dalla Cina.
Il governo sudanese, inoltre, ha denunciato lo scorso febbraio che le fazioni ribelli avevano ricevuto ingenti quantitativi di armi grazie alle quali il Jem, il movimento attualmente più attivo in Darfur, è stato in grado di conquistare la città di Muhajriya.
Per non parlare dei camion individuati qualche mese fa dalla Bbc, autocarri di fabbricazione cinese 'Dong Feng' armati con mitragliatrici antiaeree – impiegati in almeno un attacco nella località di Sirba nella parte occidentale del Darfur –  e alcuni cacciabombardieri prodotti dalla cinese 'Nachang', utilizzati nei raid aerei che di solito precedono l'assalto dei janjaweed, pastori arabi nomadi contro i residenti, agricoltori, neri e animisti.
Inizialmente si pensava che si trattasse di jet di fabbricazione russa ma la Bbc ha ottenuto le fotografie satellitari di due Fantan A5 nell'aeroporto di Nyala, capoluogo del Darfur meridionale, il 18 giugno 2008. Il 19 febbraio dello stesso anno proprio quei caccia, ha stabilito la Bbc, sono stati usati per colpire la città di Beybey. (3).
In tutto ciò non vanno sottovalutate le tensioni che si percepiscono nel Sud Sudan – dilaniato da una guerra civile durata oltre vent’anni e terminata nel 2005 con un bilancio di quasi due milioni di morti –  che rischia di vedere riaccendersi le vecchie dispute in vista del referendum indipendentista del 2011. Gli ex ribelli cristiani dell'Esercito di Liberazione Popolare del Sudan (Spla) che oggi governano la regione di Juba ma non i suoi giacimenti petroliferi (l'85 percento di quelli sudanesi), si stanno riarmando. (4).  
E mentre si discute sull’aspetto politico e militare del conflitto, la gente continua a morire per fame e malattie.
Come ha avuto modo di denunciare a più riprese ‘Italians for Darfur’, rilanciando le informazioni del Coordinamento degli aiuti umanitari in Darfur delle Nazioni Unite, la situazione umanitaria è ormai al collasso.
Le condizioni di vita degli sfollati assistiti nei campi profughi si sono aggravate dopo l'espulsione di 13 delle più importanti ong internazionali.
L'espulsione è stata decisa all'inizio di marzo dopo la decisione della Corte penale internazionale dell'Aia di spiccare un mandato di arresto contro il presidente sudanese Omar al Bashir per crimini di guerra e contro l'umanità.
Il governo di Khartoum si era impegnato a sostituirle con altre ong in grado di garantire le stesse capacità di aiuto, ma finora non ha onorato questo impegno e al momento possono operare esclusivamente cooperanti sudanesi e poche altre organizzazioni che non riescono a far fronte ai bisogni di tutta la popolazione sfollata.
Stando a un rapporto dell'Onu, l'espulsione di Oxfam, Care International, Medici senza frontiere e Save the Children, ha messo fine ai programmi speciali di alimentazione destinati a migliaia di bambini affetti da grave malnutrizione e alle donne in stato di gravidanza, mettendo a rischio anche le cure sanitarie e i ripari per centinaia di migliaia di persone.
Se il governo di Khartoum e le Nazioni Unite non riusciranno a colmare tali lacune, circa 1,1 milione di persone oggi dipendenti dagli aiuti alimentari non riceveranno piú le loro razioni di cibo a partire dal mese di maggio.
Il rischio? Il conto dei morti riprenderà inesorabilmente. Ma questo aspetto deve essere apparso poco rilevante a chi si è affrettato a raccontare con entusiasmo della declassazione della crisi in atto in Darfur a ‘ conflitto di bassa intensità’.

1 Sudan Tribune, 27 aprile 2009
2 Il Manifesto, 29 aprile 2009
3 Agi Mondo 14 luglio 2008
4 PeaceReporter, 23 marzo 2009

Fonte: Articolo21

5 maggio 2009

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