Libia, governi europei complici di torture e violenze


La redazione


La denuncia di Amnesty International nel rapporto “Libia: un oscuro intreccio di collusione”


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
libia1

I governi europei sono complici consapevoli delle torture e delle violenze ai danni di decine di migliaia di rifugiati e migranti, detenuti in condizioni agghiaccianti in Libia.

Il lavoro dei nostri ricercatori “Libia: un oscuro intreccio di collusione” pubblicato all’indomani dello scandalo suscitato dalle immagini relative alla compravendita dei migranti in Libia, descrive come i governi europei, per impedire le partenze dal paese, stiano attivamente sostenendo un sofisticato sistema di violenza e sfruttamento dei rifugiati e dei migranti da parte della Guardia costiera libica, delle autorità addette ai detenuti e dei trafficanti.

“Centinaia di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in Libia sono in balia delle autorità locali, delle milizie, dei gruppi armati e dei trafficanti spesso in combutta per ottenere vantaggi economici. Decine di migliaia di persone sono imprigionate a tempo indeterminato in centri di detenzione sovraffollati e sottoposte a violenze ed abusi sistematici“, ha dichiarato in una nota ufficiale John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa.

LIBIA: LE CONSEGUENZE DELLE POLITICHE EUROPEE DI CONTENIMENTO
Dalla fine del 2016 gli stati membri dell’Unione europea e soprattutto l’Italia hanno attuato una serie di misure destinate a sigillare la rotta migratoria attraverso la Libia e da qui nel Mediterraneo centrale, con scarsa attenzione alle conseguenze per le persone intrappolate all’interno dei confini della Libia, dove regna l’anarchia.

La cooperazione coi vari attori libici si è sviluppata lungo tre assi:

la fornitura di supporto e assistenza tecnica al Dipartimento per il contrasto all’immigrazione illegale (DCIM), l’autorità libica che gestisce i centri di detenzione al cui interno rifugiati e migranti sono trattenuti arbitrariamente e a tempo indeterminato e regolarmente sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani, compresa la tortura;
la fornitura di addestramento, equipaggiamento (navi incluse) e altre forme di assistenza alla Guardia costiera libica per metterla in grado di intercettare le persone in mare;
la stipula di accordi con autorità locali, leader tribali e gruppi armati per incoraggiarli a fermare il traffico di esseri umani e a incrementare i controlli alla frontiera meridionale della Libia.
LIBIA: DETENZIONE, ESTORSIONE E SFRUTTAMENTO DEI MIGRANTI
La presenza, nella legislazione libica, del reato d’ingresso irregolare, unita all’assenza di norme o centri per la protezione dei richiedenti asilo e delle vittime del traffico di esseri umani, fa sì che la detenzione di massa, arbitraria e a tempo indeterminato sia il principale mezzo di controllo dell’immigrazione in Libia.

I rifugiati e i migranti intercettati in mare dalla Guardia costiera libica vengono trasferiti nei centri di detenzione gestiti dal DCIM dove subiscono trattamenti orribili. In questi luoghi sovraffollati e insalubri si trovano attualmente fino a 20.000 persone.

Rifugiati e migranti intervistati dai nostri ricercatori hanno riferito dei trattamenti subiti o di cui sono stati testimoni: detenzione arbitraria, tortura, lavori forzati, estorsione, uccisioni illegali che chiamano in causa autorità, trafficanti, gruppi armati e milizie.

Decine di rifugiati e migranti hanno descritto il devastante ciclo di sfruttamento in cui colludono le guardie carcerarie, i trafficanti e la Guardia costiera. Le guardie torturano per estorcere danaro e, quando lo ricevono, lasciano andare le vittime o le passano ai trafficanti. Costoro organizzano la partenza, col consenso della Guardia costiera libica. A indicare che un’imbarcazione è oggetto di accordi tra trafficanti e Guardia costiera, lo scafo viene contrassegnato in modo che non venga fermato. A volte la Guardia costiera scorta tali imbarcazioni fino alle acque internazionali.

Se non è dato sapere quanti funzionari della Guardia costiera libica collaborino coi trafficanti, è evidente che nel corso del 2016 e del 2017 questo organismo ha incrementato la sua operatività grazie al sostegno ricevuto dagli stati dell’Unione europea. Di conseguenza, è aumentato il numero delle operazioni in cui rifugiati e migranti sono stati intercettati in mare e riportati sulla terraferma libica.

Nel 2017, finora, la Guardia costiera libica ha intercettato 19.452 persone, che sono state riportate sulla terraferma e trasferite in centri di detenzione dove la tortura è la regola.

Un uomo del Gambia, detenuto per tre mesi, ha raccontato della fame e delle percosse in un particolare centro di detenzione: “Mi picchiavano con un tubo di gomma perché volevano i soldi per rilasciarmi. Telefonavano ai miei a casa mentre mi picchiavano, per costringerli a mandare i soldi“.

Dopo che la famiglia ha pagato il riscatto, l’uomo è stato messo su un’automobile diretta a Tripoli. L’autista ha chiesto ulteriori soldi: “Diceva che fino a quando non avessi pagato avrei dovuto rimanere con lui, oppure mi avrebbe venduto“.

“Per migliorare subito le sorti dei rifugiati e dei migranti nei centri gestiti dal DCIM, le autorità libiche dovrebbero riconoscere ufficialmente il mandato dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite sui rifugiati, firmare la Convenzione Onu sullo status di rifugiati e adottare una legge sull’asilo. Dovrebbero inoltre annullare l’applicazione della detenzione automatica dei rifugiati e dei migranti, che è esattamente il contesto nel quale avvengono le peggiori violenze“, ha commentato Dalhuisen.

Amnesty International

12 dicembre 2017

 

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento