L’Aquila città chiusa per paura. Per i Grandi rabbia e indifferenza


Claudia Fusani - unita.it


Il popolo delle tendopoli si allontana nel timore di incidenti. Cialente: temo che sarà sprecata anche questa occasione. L’arresto di un no global in un campo suscita le proteste dei comitati cittadini.


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L’Aquila città chiusa per paura. Per i Grandi rabbia e indifferenza

Magda ancora non sa se chiudere “L’Angolo delle delizie” sopra la tendopoli di piazza d’Armi: «Dicono che arriverà brutta gente». L’edicolante lungo la via Antica Rischia è deluso, poco lavoro: «Gli aquilani se ne sono andati, quelli del G8 non passano di qua». Deserti i rioni di San Francesco e del Torrione dove la gente era già tornata a casa. Spariti tutti, come la folla al bar dello Stadio. Qualcuno chiama in Comune e chiede perché i supermercati sono chiusi. E non parliamo della superzona rossa di Coppito, il fortino blindato per i 39 capi di Stato con vista sul Gran Sasso, maxi schermi, wifi, buffet e giardini di vimini da cui sono state cacciate anche le pecore. Magda e l’edicolante lavorano nella parte est della città, quella delle tendopoli, delle macerie, del centro storico ancora tormentato dalle scosse. La città aperta ma vuota. Chiusa per paura, causa G8. Aquilani in fuga dal summit traslocato qui proprio per fare da volano alla ricostruzione, in cerca di soldi e offerte. Sulla vetrina del bar in piazza Rustici è comparsa la lastra di alluminio anti blac-block. S’erano viste a viste a Genova, otto anni fa. Qui no, non era immaginabile. Eppure qualcosa, qualcuno ha seminato la paura. Per i più anziani diventa rassegnazione. Per i più giovani, quelli che cercano di avere voce con i comitati, diventa rabbia e frustrazione. Il prefetto Franco Gabrielli sembra convinto quando dice: «Nessun pericolo di incidenti, i casi individuati dimostrano che il sistema di sicurezza funziona». Lunedì sera sono stati fermati vicino a Coppito cinque francesi, bastoni sul furgone, i carabinieri li hanno invitati ad andarsene. Lunedì mattina alle sette la Digos si è presentata in via Strinella, nel giardino-base del comitato “3 e 32”, e ha arrestato Egidio Giordano, leader dei centri sociali napoletani. È uno dei 21 che la procura di Torino ha accusato di danneggiamento e oltraggio per gli incidenti di maggio a Torino. Li arrestano adesso, alla vigilia del G8, l’Onda ha risposto occupando università e bloccando Roma. Una miccia. «In effetti potevamo arrestarli lunedì» ammette uno dei massimi funzionari dell’antiterrorismo. Ieri mattina al campo di “3 e 32” il cui motto è «Yes, we camp, we don’t go away» , la sede del controvertice per una ricostruzione dal basso e partecipata «senza deleghe né militarizzazioni», i ragazzi leggevano l’ordinanza di custodia di Egidio e degli altri. Pagina 42: «Gli indagati appartengono a un comune ambiente antagonista in grado di elaborare un disegno criminale». C’è stata «una regia esperta dietro gli incidenti di Torino». Può essere «reiterata in vista dell’imminente apertura del G8». «Una provocazione» osserva Marco Sebastiani, uno dei leader del comitato. Alcuni indizi sembrano voler spingere questo summit verso il caos. C’è un solo appuntamento delicato, la manifestazione di venerdì organizzata dai sindacati. Dice Francesco Caruso, ex leader Dissobediente: «Portiamo avanti un progetto di riappropriazione dal basso della democrazia contro l’espropriazione che avviene in nome dell’emergenza». Al controvertice di via Strinella arrivano padre Alex Zanotelli, il leader della Fiom Gianni Rinaldini. Mancano gli aquilani. «La città è stanca, lontana, arrabbiata, temo che perderemo anche l’occasione del G8» dice il sindaco Cialente. Gli studenti universitari che occupano il centro di Roma gridano: «Siamo tutti aquilani». Non è chiaro se l’Onda arriverà fin qui. Di certo nelle tendopoli i presidi di polizia e carabinieri non ci sono più da sabato. Arriva chiunque. Entra chiunque. Volontari, dicono. Oggi arrivano i leader del mondo. Don Chisciotte e Rancho Panza, due sfollati di Aglioni, li vogliono accogliere violando la zona rossa in sella a un cavallo e a un somaro, la loro personalissima lotta contro i mulini a vento, il decreto, il governo, l’incertezza. Da qualche parte su queste montagne spunterà anche uno striscione: Yes, we camp, we don’t go away. Che il mondo lo sappia.

INVIATA A L’AQUILA cfusani@unita.it

Fonte: Unità

8 luglio 2009

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