"La pratica della pace perduta"


Luigi Ciotti


"La Marcia Perugia-Assisi è momento e occasione perché la voce di chi costruisce pace diventi coro e acquisti forza". Don Luigi Ciotti, leader del Gruppo Abele e di Libera spiega i motivi della sua partecipazione. Ci saranno anche i famigliari delle vittime di mafia.


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"La pratica della pace perduta"

Questi anni del nuovo millennio, sul piano della pace e dei diritti, sembrano volerci violentemente strattonare indietro, nella parte peggiore del Novecento. Con l'orrendo squarcio dell'undici settembre, con l'irreparabile errore dell'invasione dell'Iraq, con l'insanabile ferita del Medio Oriente, con l'Africa perennemente insanguinata, con la globalizzazione e la «privatizzazione» della guerra, con una geopolitica che sembra impazzita e invece continua tragicamente a seguire la bussola del profitto, dei grandi interessi economici, della volontà di potenza, del petrolio, degli armamenti.
Assieme alle politiche, si sono corrotte anche le parole, sino a riattualizzare concetti che speravamo superati come quello di «guerra giusta» o a inventarne di ambigui, ipocriti, come quello di «guerra umanitaria».
Ecco che allora costruire pace vuol dire innanzitutto saldare le parole alla vita e la vita alle parole, in uno sforzo di necessaria coerenza. E' un impegno che deve cominciare da noi stessi. La pace va costruita a partire dal proprio stile di vita, con rigore, coerenza, senza clamori e protagonismi. Con la pazienza necessaria a percorrere un cammino che non ammette scorciatoie. Un cammino, soprattutto, che ciascuno è chiamato ad affrontare in prima persona, ma che può raggiungere mete significative solo se viene fatto insieme.
E' per questo che la marcia Perugia-Assisi, il 7 ottobre, vuole ancora una volta fare sentire la sua voce, voce di tanti uomini che quotidianamente si spendono, si interrogano, si assumono responsabilità, si mettono in gioco per costruire le condizioni di un cambiamento. E' una voce che chiede coerenza a chi governa, verità alle parole usate dalla politica, credibilità e cambiamento ai partiti, rispetto dell'articolo 11 della Costituzione.
E' una voce che chiede più impegno contro la povertà, perché la povertà uccide. C'è una «guerra» tra poveri e contro i poveri che si svolge ogni giorno nelle nostre periferie e che viene strumentalizzata per politiche sulla sicurezza ciniche e cieche.
E' una voce che chiede più impegno per la cooperazione, per una differente efficacia della diplomazia e un'Onu profondamente rinnovata, più rispetto per i diritti umani, per l'ambiente e il clima, in una diversa agenda e nuove priorità politiche.
E' una voce che chiede un'economia di vita e autentiche scelte di disarmo. Da molto tempo c'è una curva crescente, un'impennata ormai, dei profitti delle imprese e del commercio di armamenti, che nel 2006 hanno raggiunto i 1204 miliardi di dollari.
E' una voce che non ritiene sia più tollerabile che in Darfur, in Iraq, nella striscia di Gaza si continui a morire, e in Italia la scena pubblica sia troppo spesso occupata da fatti di cronaca seguiti con attenzione morbosa o da sterili polemiche politiche.
E' una voce che chiede una diversa legge sull'immigrazione, perché la pace si costruisce anche a partire dall'accoglienza, imparando a guardare agli altri come una risorsa e costruendo insieme a loro percorsi di cittadinanza e di condivisione.
E' una voce che, quest'anno, sarà anche quella dei famigliari delle vittime di mafia, perché non dobbiamo dimenticare che anche in casa nostra abbiamo una «guerra» che, spesso nel silenzio, miete vittime, una «guerra» che ha bisogno di pace.
E' una voce, infine, che a una politica troppo centrata sull'«io» chiede di calarsi nella dimensione vitale del «noi», senza la quale ogni problema è destinato a incancrenirsi, ogni ferita a infettarsi senza rimedio. Chiede luoghi in cui tornare a pensare e pensarci al plurale, rimettere al centro gli interessi generali, contro i privilegi e i particolarismi, e a porre in alto nella scala dei valori l'uomo, la sua integrità e dignità, contro ogni violenza e logica di morte.
La Marcia Perugia-Assisi è momento e occasione perché la voce di chi costruisce pace diventi coro e acquisti forza, ed è significativo che questo avvenga nelle terre e nei giorni che ricordano la nascita di San Francesco, il «santo italiano della nonviolenza», per come l'aveva definito Aldo Capitini. Un uomo – l'inventore della Marcia – che non faceva certo sconti alla politica proprio perché sapeva che dalla politica non possiamo prescindere. Ma nella consapevolezza che la politica, per rinnovarsi, ha bisogno di quell'utopia molto concreta fatta dal nostro impegno, dalla nostre speranze, dalla nostra instancabile ricerca di giustizia e di verità.

(pubblicato su "il manifesto" del 28 settembre 2007)

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