Israele-Palestina. L’Europa intervenga ora


la Repubblica


Pubblichiamo la lettera che 37 tra ex ministri degli Esteri ed ex funzionari di spicco europei sottoscrivono e inviano all’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e agli attuali ministri degli Esteri dell’Ue. Nel documento, i firmatari avvertono del “piano di pace” del presidente Usa, Trump, in Medio Oriente e sollecitano l’Europa ad agire.


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Ci stiamo avvicinando a un momento critico, sia in Medio Oriente che in Europa. L’Unione europea ha investito molto su un ordine internazionale multilaterale, basato sulle regole. Il diritto internazionale ci ha portato il periodo di pace, prosperità e stabilità più lungo che il nostro continente abbia mai conosciuto. Per decenni abbiamo operato per fare in modo che i nostri vicini israeliani e palestinesi possano godere degli stessi dividendi della pace di cui godiamo noi europei attraverso il nostro impegno per quest’ordine.

In collaborazione con le precedenti amministrazioni statunitensi, l’Europa ha promosso una soluzione equa al conflitto israelo-palestinese, nel quadro di una prospettiva di due Stati. A tutt’oggi, nonostante le ripetute battute d’arresto, gli accordi di Oslo rimangono una pietra miliare della cooperazione transatlantica in politica estera.

Sfortunatamente, l’attuale amministrazione statunitense si è allontanata dalla linea seguita per lungo tempo da quel Paese e ha preso le distanze da norme consolidate del diritto internazionale. Finora ha riconosciuto solo i diritti di una delle parti in causa su Gerusalemme e ha dato prova di un’inquietante indifferenza verso l’espansione degli insediamenti israeliani. Gli Stati Uniti hanno sospeso i fondi per l’Unrwa (l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi) e per altri programmi in favore dei palestinesi, mettendo a rischio la sicurezza e la stabilità di diversi Paesi situati alle porte dell’Europa.

Di fronte alla malaugurata assenza di un impegno chiaro per la prospettiva dei due Stati, l’amministrazione Trump ha dichiarato che sta per ultimare e presentare un nuovo piano per la pace israelo-palestinese. Anche se non si sa ancora se e quando questo piano verrà pubblicato, è fondamentale che l’Europa stia all’erta e agisca in modo strategico.

Noi riteniamo che l’Europa dovrebbe abbracciare e promuovere un piano che rispetti i principi fondamentali del diritto internazionale, che trovano riscontro nei parametri concordati dall’Unione europea per una soluzione del conflitto israelo-palestinese. Questi parametri, che l’Unione ha sistematicamente ribadito durante i passati colloqui di pace patrocinati dagli Stati Uniti, riflettono la nostra visione comune, che afferma che una pace fattibile non può prescindere: dalla creazione di uno Stato palestinese accanto a quello israeliano, secondo confini basati sulle frontiere precedenti alla guerra del 1967, con scambi di territorio reciprocamente concordati, di minima entità e paritari; dal ruolo di Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati; da meccanismi di sicurezza che affrontino le preoccupazioni legittime e rispettino la sovranità di ognuna delle due parti; e da una soluzione equa e concordata al problema dei profughi palestinesi.

L’Europa deve rigettare qualsiasi piano che non rispetti questi parametri. Pur condividendo la frustrazione di Washington per gli infruttuosi tentativi di pace del passato, siamo convinti che un piano che riduca lo Stato palestinese a un’entità sprovvista di sovranità, contiguità territoriale e autosufficienza economica aggraverebbe notevolmente il fallimento dei precedenti tentativi di pace, accelererebbe la scomparsa dell’opzione dei due Stati e arrecherebbe un danno fatale alla causa di una pace duratura sia per i palestinesi che per gli israeliani.

È preferibile, naturalmente, che l’Europa lavori in tandem con gli Stati Uniti per risolvere il conflitto israelo-palestinese, oltre che per affrontare altri problemi globali nel quadro di un’alleanza transatlantica forte. Tuttavia, in situazioni in cui sono in gioco i nostri interessi vitali e i nostri valori fondamentali, l’Europa deve perseguire una propria linea d’azione.

In previsione di questo piano statunitense, la nostra opinione è che l’Europa dovrebbe riaffermare formalmente i parametri concordati a livello internazionale per una soluzione fondata sul principio dei due Stati. Farlo prima del piano americano permette di fissare i criteri per sostenere gli sforzi americani e facilita una risposta europea coerente e unita, una volta che il piano sarà reso pubblico.

I Governi europei devono inoltre impegnarsi per intensificare gli sforzi tesi a proteggere la praticabilità futura della soluzione dei due Stati. È della massima importanza che l’Unione europea e tutti gli Stati membri si impegnino attivamente per garantire l’applicazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, fra cui la distinzione sistematica, in ottemperanza alla risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza, fra Israele all’interno dei suoi confini legittimi e riconosciuti e i suoi insediamenti illegali all’interno dei territori occupati.

Inoltre, è più che mai importante, alla luce della recente escalation dei tentativi di limitare l’azione incontrastata della società civile, che l’Europa sostenga i difensori dei diritti umani sia in Israele che in Palestina, e il loro ruolo fondamentale per raggiungere una pace sostenibile.

Israele e i territori palestinesi occupati stanno scivolando nella realtà di uno Stato unico con diritti disuguali. Questa situazione non può continuare. Per gli israeliani, per i palestinesi o per noi in Europa.

In questo momento, l’Europa ha di fronte un’opportunità decisiva per ribadire i nostri principi comuni e i nostri impegni storici in relazione al processo di pace in Medio Oriente, estrinsecando in questo modo il ruolo unico dell’Europa come punto di riferimento per un ordine mondiale basato sulle regole.

Al contrario, non cogliere questa opportunità, in un momento in cui questo ordine è messo in discussione come non mai, avrebbe conseguenze negative di vasta portata”.

I firmatari:

Douglas Alexander, former Minister of State for Europe, United Kingdom

Jean-Marc Ayrault, former Foreign Minister and Prime Minister, France

Carl Bildt, former Foreign Minister and Prime Minister, Sweden

Wlodzimierz Cimoszewicz, former Foreign Minister and Prime Minister, Poland

Willy Claes, former Foreign Minister and NATO Secretary General, Belgium

Dacian Ciolos, former Prime Minister and European Commissioner, Romania

Massimo D’Alema, former Foreign Minister and Prime Minister, Italy

Karel De Gucht, former Foreign Minister and European Commissioner, Belgium

Uffe Ellemann-Jensen, former Foreign Minister and President of the European Liberals, Denmark

Benita Ferrero-Waldner, former Foreign Minister and European Commissioner for External Relations, Austria

Franco Frattini, former Foreign Minister and European Commissioner, Italy

Sigmar Gabriel, former Foreign Minister and Vice Chancellor, Germany

Lena Hjelm-Wallén, former Foreign Minister and Deputy Prime Minister, Sweden

Eduard Kukan, former Foreign Minister, Slovakia

Martin Lidegaard, former Foreign Minister, Denmark

Mogens Lykketoft, former Foreign Minister and UN General Assembly President, Denmark

Louis Michel, former Foreign Minister and European Commissioner, Belgium

David Miliband, former Foreign Secretary, United Kingdom

Holger K. Nielsen, former Foreign Minister, Denmark

Marc Otte, former EU Special Representative to the Middle East Peace Process, Belgium

Ana Palacio, former Foreign Minister, Spain

Jacques Poos, former Foreign Minister, Luxembourg

Vesna Pusic, former Foreign Minister and Deputy Prime Minister, Croatia

Mary Robinson, former President and United Nations High Commissioner for Human Rights, Ireland

Robert Serry, former UN Special Coordinator for the Middle East Peace Process, The Netherlands

Javier Solana, former Foreign Minister, NATO Secretary General and EU High Representative for Common Foreign and Security Policy, Spain

Per Stig Møller, former Foreign Minister, Denmark

Michael Spindelegger, former Foreign Minister and Vice-Chancellor, Austria

Jack Straw, former Foreign Secretary, United Kingdom

Desmond Swayne, former Minister of State for International Development, United Kingdom

Erkki Tuomioja, former Foreign Minister, Finland

Ivo Vajgl, former Foreign Minister, Slovenia

Frank Vandenbroucke, former Foreign Minister, Belgium

Jozias van Aartsen, former Foreign Minister, The Netherlands

Hubert Védrine, former Foreign Minister, France

Guy Verhofstadt, former Prime Minister, Belgium

Lubomír Zaorálek, former Foreign Minister, Czech Republic

Repubblica.it

14 aprile 2019

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