Il futuro dell’Afghanistan tra colloqui di pace e violenze


Emanuele Giordana


Bombe e confusione sulla partenza del dialogo. Che non decolla: rinviati i negoziati tra talebani e governo pakistano.


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talebanipakistan

Doveva essere per stamattina alle 9 a Islamabad ma, almeno per questa volta, la riunione tra emissari del governo e talebani del Tehrek-e-Taleban Pakistan che avrebbe dovuto dar vita al processo negoziale, è saltata. La giornata negoziale nata sotto una cattiva stella ha poi registrato anche una strage a Peshawar, capitale della provincia dove i talebani pachistani sono più forti.
La riunione, tra i quattro membri del comitato governativo, scelti dall’esecutivo e annunciati a sorpresa qualche giorno fa del premier, e i 5 membri della compagine talebana, avrebbero quantomeno dovuto tracciare i punti del possibile dialogo, ma il possibile incontro si è impantanato subito quando, non senza qualche ragione, il quartetto ha chiesto conto, o meglio chiarimenti, sul quintetto scelto dal Ttp. Non solo in effetti questi sono a loro volte dei mediatori (cosa in qualche misura comprensibile), persone cioè vicine ai talebani ma non membri del Ttp o quanto tale, ma il quintetto si è subito dimezzato poiché due dei prescelti hanno rifiutato l’incarico.

La notizia dà l’occasione per fare il punto, vedere chi sono i mediatori, ricordare che, è il bilancio di Al Jazeera, la guerra tra governo e talebani è già costata la vita a oltre 110 persone (tra cui un notissimo poliziotto dell’anticrimine), in stragrande maggioranza vittime civili, tra cui diversi bambini. Con la strage di oggi i morti salgono a circa 120.

Andiamo con ordine: il quartetto governativo comprende Irfan Siddiqui, Rustam Shah Momand, Amir Khan e Rahimuallah Yousufzai. I primi tre sono “governativi” a tutti gli effetti: Irfan è un giornalista di fama, columnist del quotidiano in urdu Jang (una catena che comprende anche The News, in inglese) e attualmente consigliere del premier (Nawaz Sharif) per le questioni interne. Rustam è un diplomatico, già ambasciatore del Pakistan a Kabul e membro del direttivo del Pakistan Tehreek-e-Insafo (Pti), partito maggioritario nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa (capitale Peshawar) e retto dall’ex cricketer Imran Khan. Rahimullah infine, che forse qualche lettore ha avuto modo di conoscere al Festival di Internazionale di due anni fa, è uno stimato giornalista che, oltre a scrivere per Newsline, è corrispondete per la Bbc (pashto/urdu) ed è noto per essere stato tra i primi a intervistare i talebani (afgani), mullah Omar e lo stesso Osama bin Laden. Il maggiore dell’esercito in pensione Amir Khan, infine, è un ex militare. Il profilo del quartetto c’è: competenze diplomatico militari e la conoscenza della realtà di due stimati giornalisti, uno dei quali consigliere del premier.

Veniamo ora al Ttp che originariamente aveva indicato cinque persone: Maulana Samiul Haq, Maulana Abdul Aziz, Imran Khan, Mufti Kifayatullah e Mohammad Ibrahim. Anche qui c’era un senso, di vicinanza politica e religiosa. Due dei profili indicati si sono però defilati: Imran Khan, forte sostenitore di un rpocesso negoziale interno e scelto per le sue posizioni contro la guerra dei droni e le posizioni fortemente anti-americane, ha avuto facile gioco nell’indicare il fatto che nel quartetto c’era già un uomo, Rustam Shah Momand, del suo partito. Quanto a Mufti Kifayatullah, il capo del suo partito (Jui-F), Maulana Fazlur Rehman, ha spiegato che la sua organizzazione si era già dissociata da come è stato condotto tutto il processo, lamentando di non averne saputo nulla da Nawaz Sharif. Collaborazione dunque, ma niente partecipazione diretta.

Inizialmente, dopo aver preso atto delle due clamosorse dissociazioni, i talebani hanno fatto i nomi di due giornalisti (Orya Maqbool Jan e Ansar Abbasi), ma poi hanno confermato solo la triade. Di questi Maulana Sami ul-Haq è il caponegoziatore: islamista della scuola deobandi, ex senatore e teologo, è stato soprannominato “Father of the Taleban” e ha stretti rapporti coi talebani afgani. Considerato un estremista sunnita ha però emesso una fatwa per difendere le vaccinazioni contro la polio, osteggiate dal Ttp. Maulana Abdul Aziz è l’ex responsabile – il khatib, o predicatore colui che legge i sermoni – della Lal Masjid di Islamabad, messa sotto assedio nel 2007 dall’esercito pachistano perché ritenuta un covo di fondamentalisti. Mohammad Ibrahim è invece un professore che fa parte della Jamaat-i-Islami (JI), partito islamista storico, nato nel 1941 a Lahore – prima della Partition del ’47 – e fondato da Abul Ala Maududi (e che poi si è diviso in varie branche a seconda dei Paesi nati con la fine del Raj e poi del “doppio Pakistan”).

http://paktribune.com/news/Imran-Fazl-refuse-to-represent-Taliban-266584.html
Il Ttp, diretto dopo la morte di Hakumullah Meshud da Maulana Fazlullah (noto anche come “Radio Mullah”), ha deciso che il terzetto sarà controllato da Qari Shakeel, capo degli affari politici della shura (consiglio) del Ttp con l’aiuto di comitato politico formato da altri nove membri. Ha fatto mostra di voler iniziare il dialogo.
Le cose comunque non vanno troppo lisce sul fronte interno del Ttp. Nel momento cruciale dell’inizio del possibile negoziato, , comunque partito male, oggi si è verificata l’ennesima strage (era già notte) a Peshawar, dove un attentato ha ucciso almeno 8 persone in un hotel frequentato da sciiti a Peshawar. Forse imputabile ai gruppi radicali sunniti e anti sciiti (ma anche il Ttp ha questa deriva), può darsi che la strage non sia riconducibile al Ttp, ma due giorni fa un’altra strage ha ucciso tre persone in un cinema sempre di Peshawar che non aveva particolari connotazioni sui suoi frequentatori. L’attentato non è stato rivendicato ma gli osservatori avevano puntualizzato che questa poteva essere una risposta dei settori più radicali dello stesso Ttp o della galassia che lo circonda per mettere in difficoltà i pontieri.

Infine le difficoltà di Nawaz Sharif. Prima che il premier annunciasse, in parlamento e alla Tv, la formazione del quartetto (era abbastanza chiaro che della cosa i talebani erano informati in qualche modo), si era ventilata l’ipotesi di una vasta operazione militare presumibilmente in Nord Waziristan. Che ora appare lettera morta. O rimandata. Può darsi che Nawaz la tenga in caldo come deterrente o che cerchi una scusa, se la mediazione fallisce, per intervenire. Certo è che gliene stanno chiedendo conto. Col Ttp si deve negoziare o ci vuole solo il cannone?

Questo articolo è uscito oggi su il Manifesto. Commentalo su Great Game il blog di Emanuele Giordana

Fonte: www.lettera22.it
4 febbraio 2013

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