I diritti umani fra il dire ed il fare…


Piero Pieraccini


E’ da poco iniziato l’anno dei Diritti Umani. Descritti con le parole di 30 articoli il primo dei quali, se applicato, a sua volta descrive il paradiso in terra: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignit


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I diritti umani fra il dire ed il fare...

E’ da poco iniziato l’anno dei Diritti Umani. Descritti con le parole di 30 articoli il primo dei quali, se applicato, a sua volta descrive il paradiso in terra: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
E’ già stato notato che può essere che si nasca liberi ed uguali ma basta un minuto perché tutto cambi.
Prendiamo, ad esempio, l’articolo 4: nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù; o il 9: nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato; o il 23: ogni individuo ha diritto al lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione; o il 28 che li riassume tutti: ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti enunciati in questa dichiarazione possano essere pienamente realizzati.
Poi confrontiamoli con la realtà che viviamo ogni giorno, che leggiamo o che vediamo in tv nei pochi momenti liberi da quelle isole o quei fratelli che celebrano il festival della bulimia nell’apparire e dell’afasia nelle relazioni e sociali.
Sembra che due terzi dell’umanità possano disporre di due dollari per ogni giorno di vita. Con quei due dollari una persona deve mangiare, bere, dormire, imparare a leggere ed a scrivere, avereassistenza o della previdenza…Alcune sere fa ad un bambino che fa parte di quella statistica, il giornalista ha chiesto come poteva dirsi felice per aver trovato fra i rifiuti una gallina morta ed alcune uova fradice. Non avrebbe avuto male allo stomaco, dopo averle mangiate? “Il mio stomaco mi fa male già ora, perché è sempre vuoto”, gli ha risposto.
E’ insopportabilmente frequente la notizia di persone che tentano di entrare entro i confini del nostro stato che appartiene al ghota dei ricchi – che hanno bisogno di quella manodopera – poi, una volta entrate, devono comportarsi da invisibili, senza chiedere il riconoscimento d’alcun diritto se non quello di diventare capro espiatorio per qualunque delitto da chiunque commesso: sia esso lavare i vetri al semaforo o, in casi tragici, l’omicidio di una persona, di solito donna.
E’ sempre più alto il numero dei lavoratori che non possono né scegliersi il lavoro, né, una volta trovato, mantenerlo, né, nella precarietà acquisita, veder riconosciuto un giusto salario, né tantomeno, lavorare in sicurezza. E’ chiamata la flessibilità del lavoro ma, spesso, è il nome che è dato al seppellimento di due secoli di conquiste operaie. E questo, quando va bene, perché se uno non è una risorsa in qualche modo spendibile, sta ai margini comunque, inutile sempre.
E’ sempre più alto il numero dei bambini lavoratori: sono 218 milioni nel mondo, 500 mila in Italia, secondo lo studio Ires-Cgil. A noi interessa solo per numeri minimi – anche se a fianco d’ogni numero sta, comunque, un nome – ma l’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che 22 mila minori muoiano ogni anno per incidenti sul posto di lavoro.
E che dire delle tante Guantanamo in cui scompaiono senza alcuna garanzia processuale persone sospettate di terrorismo, trasportate con voli segreti targati CIA, tradotte in carceri costruite in luoghi in cui nessuno può entrare, che sono anche qui da noi, nella civilissima Europa. L’ultimo scoperto – e sì che è abitato da migliaia di persone – si trova in confine fra il Kosovo e l’Albania, è lungo la rotta europea del petrolio, si chiama Camp Bondsteel, è di proprietà americana. E poi qualcuno ha osato dubitare dell’umanitarietà di quella guerra.
Infine, l’articolo 30: nessuno Stato, gruppo o persona potrà impedire l’esercizio di quei diritti o sopprimerne l’esistenza.
Chi glielo va a raccontare a Bush che trova i miliardi di dollari necessari alle sue guerre contro gli stati che lui decide siano “canaglia”, ma non i 180 milioni per rendere gratuita la sanità ai bambini poveri degli Stati Uniti?
O al governo d’Israele che mentre discute di pace con i palestinesi (solo con una parte, in verità) continua ad uccidere quelli che ritiene pericolosi per la sua sicurezza (Televideo di ora: caccia aerei israeliani sparano ed uccidono 4 palestinesi. Tre erano di Hamas), indifferente al diritto, nell’indifferenza dell’Europa che anzi, primo caso che si ricordi, applica sanzioni economiche ad un popolo occupato perché in libere elezioni (così hanno certificato gli osservatori internazionali) ha vinto Hamas, fazione non gradita.
Tuttavia.
Il 10 dicembre, due rappresentanti di un’associazione peruviana che si occupa di bambini lavoratori, hanno ricevuto il premio “Cesena, città della pace” a conclusione del percorso sui diritti dei minori che il Centro per la Pace della nostra città ha istituito per la marcia Perugia-Assisi, e come avvio all’anno sui Diritti Umani.
Questi giorni è dalle nostre parti Jeff Halper, israeliano a capo di un’organizzazione che si prefigge di ricostruire le case palestinesi distrutte per rappresaglia da parte delle ruspe israeliane.
Sempre questi giorni, a Roma, Amira Hass, scrittrice israeliana, racconta in uno spettacolo la storia del palestinese Ramzi Aburdewan. Aveva 8 anni quando una foto diventata famosa lo ritrae mentre scaglia pietre contro un carro armato israeliano che ha ucciso un bambino suo amico, dando inizio alla prima intifada. Oggi Ramzi ha 28 anni, ha fondato una scuola completamente gratuita che si prefigge la formazione musicale dei bambini nei campi profughi, per ricostruirne l’identità.
Buoni frammenti in un mondo che sembra non offrire speranze.

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