Giornata delle persone disabili: il diritto al lavoro al centro


Redattore Sociale


"Un lavoro decente per le persone disabili" è lo slogan scelto. Le Nazioni Unite: “Superare il pregiudizio secondo cui le persone disabili sono poco affidabili". Bomprezzi: "Una battaglia che non finisce mai".


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Giornata delle persone disabili: il diritto al lavoro al centro

Lunedì 3 dicembre si celebra la Giornata internazionale delle persone con disabilità, indetta dall’Onu nel 1992 e recepita l’anno successivo dall’Unione europea. Tema di quest’anno è il lavoro. Il titolo scelto è “Un lavoro decente per le persone disabili”.

“In tutte le società, si constata che le persone disabili sono più toccate dalla disoccupazione rispetto alle altre” spiega Edoardo Bellando della Sezione Sviluppo del Dipartimento dell'informazione delle Nazioni Unite a New York. “Essenzialmente perché la loro assunzione è percepita in maniera negativa. Si ritiene pregiudizialmente che le persone con disabilità non sono impiegati validi e affidabili. Occorre superare l’idea per cui le persone disabili non possono lavorare”.

“E’ un diritto di ogni persona avere opportunità di impieghi in attività produttive, in condizioni di libertà, equità, sicurezza e dignità umana” è il messaggio del segretario delle Nazioni Unite in occasione della Giornata. “In questa Giornata internazionale vogliamo riaffermare uguali opportunità per tutti, la piena partecipazione delle persone disabili nella vita della comunità”.

In Italia la giornata sarà celebrata con diverse iniziative, di istituzioni e organizzazioni del terzo settore, in diverse parti del Paese. In mattinata, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ospiterà una cerimonia al Quirinale. L’inclusione e la piena cittadinanza nella realtà produttiva quotidiana delle persone disabili sarà uno dei messaggi che il presidente vorrà esprimere.

Quali possono essere il valore e il messaggio di una giornata come questa? Lo abbiamo chiesto a Franco Bomprezzi, affermato giornalista e scrittore, persona con disabilità per una malattia genetica. “Nel 1981 si era celebrato l’anno internazionale delle persone handicappate – quando ancora si chiamavano così senza problemi -; entrava il 1982, dedicato invece agli anziani. Io ero giovane redattore al Resto del
Carlino e scrissi: ‘ Cari anziani, auguri, noi finiamo qui il nostro anno. Quest’anno ci hanno rimepito di convegni e cose belle, però di soldi ne abbiamo visti pochi e i problemi legati alla condizione di tanti disabili sono tutti rimasti. Dopo 25 anni, alterno momenti di grande speranza ad altri di grande scoramento: da un lato, abbiamo conquistato tanti diritti: la Convenzione Onu rappresenta un grande passo (anche se è ancora presto per vederne i frutti, magari dal prossimo anno…),insieme alla nuova classificazione internazionale della disabilità (Icf): strumenti che possono portare alla comprensione dell’aspetto più importante: quello delle potenzialità della persona disabile e delle sue risorse. Però, è da dire subito che si tratta di un
cambiamento che va in senso opposto alla società in cui viviamo, dove la bellezza, l’interesse economico e la tirannia del mercato sono sopra a tutto e spesso rendono impossibile la comprensione di altre visioni. Per esempio, noi parliamo della nostra condizione di disabili occidentali e stiamo rimuovendo come vivono i disabili nei Paesi poveri.

E’ una battaglia che no finisce mai – prosegue Bomprezzi -, un percorso verso una piena dignità di cittadinanza che non finisce mai”. Questo deve essere chiaro anche alle giovani generazioni: “Giovani disabili arrivano, nei Paesi occidentali, su un piano di diritti conquistati, ma non devono fare l’errore di credere che non ci siano più cose per cui battersi, tutt’altro. Non devono mai dimenticare che c’è un cinismo
dilagante, come dimostrano anche i più recenti fatti di cronaca”.

C’è un altro fronte sul quale Franco Bomprezzi esorta a non abbassare la guardia: la condizione dei disabili gravi e gravissimi, un tema sui cui “c’è poco ascolto”.

“C’è una bella differenza tra la mia disabilità e quella di tanti altri che possono esprimersi, lavorare, fare sport e tante altre attività e quella di chi non può esprimersi e parlare, di chi è condizionato dall’assistenza dei servizi sociali e per i quali i tagli alla spesa pubblica significano un peggioramento immediato della qualità della vita, propria e dei familiari che fanno tanta fatica. Io sono soddisfatto della mia vita, ma sono consapevole che ci sono tante cose per cui battersi e l’impegno non deve cessare mai”.

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