Facciamo come Giorgio La Pira


La redazione


In occasione della 10° Assemblea del Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, che si è svolta il 4 aprile 2014 a Perugia, è stato approvato il Documento “Facciamo come Giorgio La Pira – Idee e programmi per le città che vogliono fare pace”.


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Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace

 

 

In occasione della 10° Assemblea del Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, che si è svolta il 4 aprile 2014 a Perugia, è stato approvato il Documento “Facciamo come Giorgio La Pira – Idee e programmi per le città che vogliono fare pace”.

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Programma Facciamo come La Pira

 

Leggi il Documento:

 

“Facciamo come Giorgio La Pira”

Idee e programmi per le città che vogliono fare pace

“L’impresa di La Pira fu la costruzione di una città della pace proprio mentre l’esplodere delle contraddizioni toglieva ogni determinazione concreta all’oggetto dei suoi vagheggiamenti. Egli non si limitò a sognare e a suggerire, con l’ostinata divulgazione del suo sogno, il recupero e la salvaguardia di una identità civica in declino. Mise le mani sulle cose, afferrò uno dopo l’altro i nodi della crisi cittadina e si impegnò a scioglierli con tale passione da avere e da dare l’impressione di esserci riuscito.”  

Padre Ernesto Balducci

 

La pace comincia dalle nostre città!

Per qualcuno è solo una perdita di tempo. Per altri non ci sono soldi per fare più niente. Eppure l’impegno delle città per la pace e i diritti umani è diventato ancora più necessario e urgente di ieri. Non si tratta solo di contribuire alla costruzione della pace nel mondo ma di fronteggiare una crisi profonda che sta minacciando anche la pace nelle nostre città. Pensiamo alla disoccupazione, all’incertezza, alla miseria, al disagio e all’abbandono sociale, alla violenza, al degrado ambientale che si vanno ampliando nelle nostre comunità.

La pace di cui abbiamo bisogno, la pace che vogliamo, non è solo il contrario della guerra ma nasce dal rispetto dei diritti umani fondamentali. Quando questi diritti vengono ignorati o calpestati crescono le sofferenze, la violenza, le tensioni, i conflitti e l’insicurezza.

Per questo, la costruzione della pace deve cominciare dalle nostre città. Perché è qui, a partire dal posto più piccolo, che i diritti fondamentali di ogni persona vengono negati o rispettati.

“D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.”      

Italo Calvino

 

Le città non sono isole!

La crisi spinge alcuni amministratori locali verso un localismo miope e pericoloso. Tutto quello che non ha immediatamente a che fare con i problemi del proprio territorio sembra lontano, secondario, irrilevante. Ma le città non sono isole.

Le nostre città sono ormai da tempo investite da problemi e “processi che vengono da altrove, che hanno estensioni che superano di gran lunga i confini della città, che hanno origini non riconducibili al perimetro delle competenze politiche ed economiche di una città”.

Le nostre città sono diventate “città-mondo” perché su di esse ricadono tutti i problemi del pianeta e perché esse stesse sono abitate da persone provenienti da ogni parte della Terra.

Per questo nessuno può illudersi di costruire la pace nella propria città senza impegnarsi allo stesso tempo ad affrontare i grandi problemi che minacciano la pace nel mondo.

“Non ascoltate, Signori Consiglieri, coloro che dicono in modo tanto superficiale: bisogna interessarsi delle lampadine e non della pace. Costoro ignorano una cosa essenziale per il destino anche produttivo di Firenze. Ignorano, cioè, che solo aprendo le porte esterne della città, è possibile aprire, ed ampiamente, quelle interne. Perché attraverso le porte esterne passano non solo i grandi ideali della pace, della cultura, della spiritualità, della bellezza e della speranza, ma passano anche i grandi flussi finanziari, economici, turistici, commerciali che vengono da ogni angolo della terra, che piantano saldamente nel suolo di Firenze un sistema scientifico, tecnico e produttivo a livello del nostro tempo e capace di assicurare al popolo fiorentino, col lavoro, la sicurezza, dignità sociale ed economica.” Giorgio La Pira

 

L’agenda delle città per la pace e i diritti umani

Per costruire la pace a partire dalla propria città è urgente agire contemporaneamente sui due fronti: quello interno e quello esterno.

Sul fronte interno è necessario:

  1. promuovere la lotta alla violenza (che è anche abbandono, solitudine,..), alle povertà, alla corruzione e alle mafie;
  2. investire sui giovani, sul loro protagonismo e sulla loro educazione alla cittadinanza democratica, alla giustizia, alla pace e ai diritti umani;
  3. attuare l’agenda politica locale dei diritti umani promuovendo il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte fondamentali con appositi meccanismi di democrazia partecipativa;
  4. costruire una città inclusiva;
  5. riscoprire e promuovere il valore della fraternità, della solidarietà e del volontariato civico;
  6. difendere i beni comuni e promuovere con nuovi stili di vita il “ben-essere” e il “ben-vivere” della comunità.

Sul fronte esterno è necessario:

  1. riconoscere le responsabilità internazionali delle città e il loro contributo alla soluzione dei problemi globali;
  2. riscoprire il valore e l’utilità della cooperazione comunitaria (territoriale, partecipata, decentrata,..);
  3. sostenere la “diplomazia delle città” contro la guerra e la miseria, per la pace e i diritti umani;
  4. rafforzare l’impegno delle città per la costruzione di un’Europa delle città e dei cittadini inclusiva e democratica.

Ogni città, ogni territorio, è e deve essere un luogo di sperimentazione: un laboratorio dell’Italia e del mondo che vogliamo costruire.

“Ogni città è un candelabro destinato a far luce al cammino della storia.” Giorgio La Pira

 

Il futuro è insieme! Da solo perdi!

Ciascuno deve agire nella propria comunità, sul proprio territorio. Ma le sfide sono troppo grandi e complesse per farcela da soli. Per questo invitiamo tutti gli Enti Locali e le Regioni a lavorare insieme per la pace, condividendo progetti, idee, risorse, problemi e fatiche.

Il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani intende accompagnare e sostenere i Sindaci, i Presidenti, gli Assessori, i Consiglieri e gli operatori degli Enti Locali e delle Regioni che, per primi, hanno il compito difficile di rispondere alla domanda di giustizia, dignità, solidarietà e diritti che cresce ogni giorno da tanti giovani, donne, lavoratori, famiglie e cittadini di tante nazionalità.

Con i suoi 28 anni di storia ed esperienze realizzate nel solco tracciato da Giorgio La Pira, il Coordinamento è innanzitutto:

una struttura di servizio, di consulenza e di sostegno all’impegno dei Comuni, delle Province e delle Regioni per la pace, i diritti umani e la cooperazione internazionale;
uno strumento per agire con maggiore efficacia politica in Europa, nel Mediterraneo e a livello globale;
uno strumento per partecipare all’elaborazione e alla presentazione di progetti nazionali, europei e internazionali;
un luogo di formazione politica, riflessione, confronto e progettazione comune;
uno strumento per accrescere lo scambio e la valorizzazione delle competenze e delle buone pratiche.
Il Coordinamento nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani rappresenta la più vasta rete tematica nazionale di amministrazioni locali e regionali costantemente impegnate nella promozione della pace e dei diritti umani: un’esperienza unica in Europa e nel mondo.

 

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Dalle città all’Onu per il diritto alla pace

Negli ultimi vent’anni, centinaia di Comuni, Province e Regioni italiane hanno riconosciuto nella pace un diritto umano fondamentale della persona e dei popoli: un fatto politico senza precedenti nel resto del mondo.

Oggi quel gesto ha la concreta possibilità di diventare una realtà mondiale. Il Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite ha infatti avviato le procedure per riconoscere la pace quale diritto fondamentale della persona e dei popoli. Si tratta di una straordinaria opportunità per spingere gli stati ad agire con maggiore determinazione e coerenza per promuovere il disarmo, chiudere i tanti conflitti in corso e affrontare seriamente i numerosi problemi politici e sociali che ancora oggi costringono miliardi di persone a soffrire le terribili conseguenze della mancanza di pace, a partire dal Mediterraneo, dal Medio Oriente e dall’Africa.

Forti della legittimità che deriva dagli Statuti e dalle leggi regionali approvate, gli enti locali e le Regioni italiane hanno la responsabilità di dare un forte impulso a questo processo aderendo e partecipando attivamente alla Campagna internazionale per il riconoscimento del Diritto umano alla Pace promossa dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, dal Centro di Ateneo per i Diritti Umani e dalla Cattedra Unesco Diritti Umani, Democrazia e Pace dell’Università di Padova, dalla Rete della PerugiAssisi.

Il Coordinamento intende tra l’altro contribuire alla messa a punto del testo della Dichiarazione con proposte da trasmettere all’apposito Gruppo di lavoro del Consiglio Diritti Umani e organizzare un incontro a Ginevra presso la sede delle Nazioni Unite per presentare l’esperienza italiana degli enti di governo locale nel campo della pace e dei diritti umani.

 

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19 ottobre 2014: di nuovo in marcia da Perugia ad Assisi per la pace e la fraternità

 

La Campagna per il riconoscimento del Diritto alla Pace accompagnerà l’organizzazione della XX edizione della Marcia Perugia-Assisi facendo in modo che dall’Italia possa partire un forte messaggio di sostegno al processo avviato dalle Nazioni Unite.

La Marcia del 19 ottobre 2014 si svolgerà a cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale, nel mezzo del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea e contribuirà a rilanciare l’impegno per la costruzione di una nuova Europa di pace: un’Europa dei cittadini, democratica, solidale e nonviolenta.

Raccogliendo l’invito di Papa Francesco, la Marcia Perugia-Assisi e la sua preparazione saranno dedicate alla promozione della “globalizzazione della fraternità” che deve prendere il posto della globalizzazione dell’indifferenza.

La Marcia giungerà al termine di un percorso lungo un anno durante il quale dare avvio a nuovi percorsi di pace realizzati nelle città, nelle scuole e nei luoghi in cui viviamo. L’invito è a organizzare nel corso dell’anno, prima di venire alla Perugia-Assisi, una marcia per la pace nella propria città. La Marcia segnerà inoltre il culmine dei tanti percorsi educativi avviati nell’ambito del Programma nazionale di Educazione alla Cittadinanza Democratica denominato “Pace, fraternità e dialogo. Sui passi di Francesco”.

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Se vuoi la pace investi sui giovani!

La Marcia Perugia-Assisi del 19 ottobre 2014 è uno strumento per promuovere il protagonismo dei giovani. Vogliamo fare in modo che la sua organizzazione diventi l’occasione per consentire a tanti giovani di essere protagonisti di una grande iniziativa di pace, di sentirsi responsabili della storia e del processo di trasformazione del mondo, di scoprire il senso, il significato e il valore dell’impegno per la pace, la giustizia e i diritti umani.

Viviamo in un tempo e in una società in cui la pace e i giovani condividono la stessa condizione: marginale e sempre più precaria. La pace e i giovani camminano insieme e se davvero vogliamo costruire un futuro di giustizia e di pace dobbiamo aprirci ai giovani, investire sui giovani, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità. Ogni città deve diventare una scuola di pace. Ogni scuola deve essere un luogo dove si insegna e si impara la pace.

Educare alla pace è difficile ma sempre più urgente. Le sfide poste dalla crisi e da un mondo in rapida trasformazione richiedono nuovi investimenti, nuove energie, nuove competenze, abilità e comportamenti coerenti. Per questo è necessario unire le forze e sviluppare una nuova “alleanza pedagogica” di tutti i soggetti responsabili. Con questa consapevolezza, il Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani sostiene la costruzione di una Rete di scuole ed enti locali impegnati nell’educazione dei giovani alla pace, alla giustizia, alla cittadinanza, ai diritti umani e alla responsabilità. Una Rete capace di valorizzare le tante, belle esperienze e competenze che esistono nel nostro paese, di dare impulso a una nuova vasta azione educativa radicata sul territorio, di innovare il processo di insegnamento e apprendimento in un mondo sempre più complesso e interconnesso.

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Sulle orme di La Pira. Le città d’Europa per la pace nel Mediterraneo e in Medio Oriente

L’impegno per la pace nel Mediterraneo e in Medio Oriente diventa ogni giorno più necessario e urgente. L’Italia è parte di un microcosmo dove si stanno accumulando tensioni esplosive e si vanno diffondendo instabilità, ingiustizie, insicurezza, disuguaglianze e intolleranza. Non c’è un paese dell’area mediterranea e del Medio Oriente che non sia toccato da profondi conflitti, sommovimenti, trasformazioni, transizioni. L’Italia che non vuole essere travolta da queste crisi ha bisogno di riaprire gli occhi sul mondo, riconoscere le sue responsabilità e agire responsabilmente. Anche i Comuni, le Province e le Regioni possono svolgere un ruolo prezioso e insostituibile ma è indispensabile costruire una nuova consapevolezza politica. Seguendo l’esempio di Giorgio La Pira, il Coordinamento nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani è impegnato a rafforzare l’azione delle città e dei governi locali per la pace nel Mediterraneo e nel Medio Oriente in modo che sia sempre più efficace ovvero più continua, più strutturata e coordinata, a livello nazionale come in quello europeo. La creazione di una sede di coordinamento stabile tra tutti gli Enti Locali e le Regioni che operano nei territori palestinesi e in Israele è ormai diventata una condizione indispensabile per la realizzazione di una cooperazione di qualità. Per questa ragione, il Coordinamento, facendo tesoro di tutte le esperienze sin qui realizzate, intende dare nuovo impulso al programma “100 città per la pace in Medio Oriente” e alla Rete Europea degli Enti Locali per la Pace in Medio Oriente, unendo gli sforzi delle città e dei governi locali europei e promuovendo la realizzazione di programmi europei di cooperazione decentrata.

 

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La cooperazione delle città non è un lusso ma una necessità!

La cooperazione internazionale degli Enti Locali e delle Regioni non è un lusso o un “optional” da abbandonare in tempo di crisi economica. Nessuno può illudersi che se ne possa fare a meno e che la soluzione dei problemi del mondo in cui viviamo possa essere delegata a qualcun altro. Mai come oggi abbiamo bisogno di investire su una cooperazione internazionale intensa ed efficace. Gli Enti Locali e le Regioni italiane devono essere protagonisti della costruzione di un nuovo sistema di cooperazione internazionale che possa consentire all’Italia di reinserirsi pienamente nella parte migliore della comunità internazionale. La via da seguire è quella che deve portare l’Italia e l’Europa a investire su una cooperazione partecipata e diffusa capace di moltiplicare le risorse umane, sociali, istituzionali ed economiche. In questo senso la cooperazione degli Enti Locali e delle Regioni deve essere intesa come motore della cooperazione comunitaria o territoriale, una cooperazione basata sulla costruzione di partenariati permanenti tra diverse comunità centrati sul protagonismo, da entrambe le parti, di molteplici attori locali (enti locali, associazioni, giovani, scuole, università, privati, imprese,…), sull’ascolto, sul dialogo, sul confronto continuo e sulla condivisione di esperienze, modelli, obiettivi e strumenti. Il Coordinamento nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani intende promuovere lo sviluppo della cooperazione partecipata e comunitaria anche mediante la definizione di un’adeguata normativa nazionale e lo stanziamento di adeguate risorse economiche.

 

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Le città contro la povertà

La miseria, la povertà, le ingiustizie e le disuguaglianze sociali non conoscono confini e si riversano sulle nostre città alimentando conflitti, precarietà, paure e insicurezza. Quello che un tempo era solo il problema del sud del mondo oggi è diventato anche nostro. Gli Enti Locali che vogliono rispondere alla domanda di pace e di giustizia dei propri cittadini spesso non hanno risorse e strumenti adeguati per intervenire con tempestività ed efficacia. E tuttavia il loro ruolo è prezioso e indispensabile. I Sindaci, i Presidenti, gli Assessori e i Consiglieri non sono solo “amministratori” ma sono chiamati a prendersi cura della propria “Comunità”. Essi hanno la responsabilità primaria di garantire e difendere i diritti fondamentali di tutte le persone che vivono, anche temporaneamente, nella città e di coloro che verranno dopo. Essi hanno la responsabilità di proteggere le persone e in particolare quelle più vulnerabili, le più deboli e le più esposte alle violazioni della dignità e dei fondamentali diritti e tra queste ci sono innanzitutto i bambini, gli anziani, i disoccupati, i malati e quei cittadini che, dopo essere stati costretti ad abbandonare il proprio paese, chiedono di essere accolti e inclusi nelle nostre comunità. Agli Enti Locali spetta innanzitutto il compito di fare spazio alle domande, condividerle, suscitare attenzione, mobilitare idee, promuovere la convergenza delle forze vive del territorio e cercare risposte insieme con modalità di lavoro partecipative evitando deleghe verso il basso come verso l’alto.

Di fronte alla carenza di fraternità e alle conseguenze di un diffuso individualismo, egocentrismo e consumismo che alimenta l’indifferenza, l’esclusione e l’abbandono di quanti vengono considerati deboli e “inutili”, le città della pace e dei diritti umani devono impegnarsi con grande determinazione per rigenerare la cultura della fraternità, della solidarietà, della condivisione operosa e della giustizia sociale. La pace nelle nostre città sarà sempre di più il frutto della solidarietà.

“La fraternità genera pace sociale perché crea un equilibrio fra libertà e giustizia, fra responsabilità personale e solidarietà, fra bene dei singoli e bene comune. Una comunità politica deve, allora, agire in modo trasparente e responsabile per favorire tutto ciò. I cittadini devono sentirsi rappresentati dai poteri pubblici nel rispetto della loro libertà.” Papa Francesco

 

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Per una città inclusiva in un’Europa inclusiva: la sfida della cittadinanza plurale

Attualmente, lo status dei bambini figli di genitori immigrati (non-cittadini di questo o quello stato membro UE), che pur nascono o vanno a scuola e realizzano la propria personalità nello spazio territoriale europeo, costituisce una sorta di limbo della cittadinanza.

Nell’interesse superiore dei bambini (art. 3 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza), le città della pace e dei diritti umani debbono riconoscere ai bambini figli degli immigrati (e, ovviamente a tutti gli altri) lo statuto di cittadinanza europea-plurale. I Comuni –porzioni essenziali di territorio europeo- possono prendere l’iniziativa di consegnare ai bambini delle scuole (immigrati e non) un certificato di cittadinanza europea-plurale (europea, nazionale, regionale, locale). Si ribalterà così l’attuale logica normativa (discriminatoria) secondo cui si è cittadini dell’Unione Europea perché si è già cittadini nazionali. La nuova logica deve essere: si è cittadini nazionali perché si è già cittadini dell’UE e si è cittadini UE perché si è persone umane.

Questa iniziativa, tesa a risolvere un grave problema all’insegna del rispetto dei diritti umani, contribuisce anche a ridefinire la cittadinanza dell’Unione Europea.

Gli eguali e inalienabili diritti di ‘tutti i membri della famiglia umana’ (Dichiarazione Universale) sono oggi sanciti dal diritto internazionale. Lo statuto giuridico di persona internazionalmente riconosciuto coincide con quello di cittadinanza universale. Alla luce del vigente diritto internazionale dei diritti umani, la cittadinanza si prospetta come un albero di cittadinanze, come una cittadinanza plurale e inclusiva. Ne discende che le cittadinanze nazionali devono essere ridefinite e armonizzate con la cittadinanza universale. L’imperativo del rispetto della dignità umana non lascia posto al discriminatorio ius sanguinis e neppure ad uno ius soli nazionalisticamente inteso.

 

L’Unione Europea è uno spazio giuridico, economico e territoriale ben definito. In questo spazio, dove ai suoi abitanti viene già riconosciuta una cittadinanza plurale (nazionale e dell’UE), deve prendere visibilità uno ius soli ‘europeo’ fondato sui diritti umani.

 

Perugia, 4 aprile 2014

 

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