Export delle armi, no alle scorciatoie


Luca Liverani


La denuncia della Tavola della pace e Rete italiana per il disarmo: il Governo voleva ritoccare la normativa con una legge delega, senza coinvolgere il Parlamento. Le associazioni: non si cambi la legge 185!


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Export delle armi, no alle scorciatoie

Niente colpi di mano per ammorbidire la legge che vigila sull’export delle armi italiane. L’associazionismo si mobilità contro la decisione del governo di far passare, come un qualsiasi emendamento della Legge comunitaria, una modifica della legge 185 per rendere più facili le esportazioni, oggi vietate verso paesi in guerra o regimi dittatoriali. E ottiene un primo risultato: la discussione al Senato viene sospesa e rimandata a dopo la sessione di bilancio. «Blitz sventato», esulta il Pd. A dare appuntamento davanti a Palazzo Madama alle organizzazioni impegnate per la pace, i diritti umani, la cooperazione, sono la Tavola della Pace e la Rete italiana per il disarmo, Una mobilitazione organizzata per la scelta di Palazzo Chigi per adeguare la normativa italiana a una Direttiva europea (la 2009/43/Ce). Un atto dovuto, ma che il governo aveva deciso di compiere senza coinvolgere pienamente il Parlamento, attraverso lo strumento della legge delega (presentata al Senato il 25 ottobre), poi inserita come emendamento di cinque pagine alla Legge comunitaria 2010, un "contenitore" di aggiornamenti su norme Ue. La mobilitazione contesta il metodo, poco trasparente e democratico («ennesimo sfregio al ruolo del parlamento») ma anche il merito: secondo le organizzazioni della società civile le modifiche andrebbero ben oltre il dovuto, svilendo lo spirito della 185. La direttiva europea punta a semplificare le modalità dei trasferimenti dei prodotti per la difesa all’interno dell’Ue: «E non c’è alcuna pregiudiziale di principio da parte nostra» sottolineano i coordinatori della Rete Disarmo, Francesco Vignarca e della Tavola della Pace, Flavio Lotti.
Il timore delle organizzazioni, corroborato dai ripetuti tentativi di rendere negli ultimi anni meno trasparente l’export bellico cancellando tabelle e nomi nelle relazioni annuali al Parlamento, è che si vogliano ammorbidire le regole sul commercio di armi di una legge tra le più rigorose d’Europa: «L’obiettivo – afferma Giorgio Beretta di Unimondo – è quello di applicare gli stessi criteri tra paesi membri dell’Ue anche a nazioni extraeuropee o che non fanno parte della Nato». Già oggi, nel rispetto della 185, il 52,6% dell’0export italiano è a paesi del Sud. E ieri in Commissione Politiche dell’Ue è arrivato il sottosegretario agli Esteri Vincenzo Scotti a dire che il governo vuole solo adeguare la 185 alla direttiva. Dissente il relatore di minoranza, il senatore del Pd Roberto Di Giovanpaolo, intenzionato, coi colleghi Silvana Amati e Gian Piero Scanu, a fare ostruzionismo per far ritirare il super-emendamento.
Il sottosegretario riferirà al governo, e la presidenza della commissione ha rinviato il dibattito. Ora si apre la sessione di bilancio in cui è sospesa l’attività legislativa per l’approvazione della legge di stabilità. Tutto rimandato a dopo il 14 dicembre. Ammesso che per quella data ci sia ancora una maggioranza. «Ma perché dovremmo ammorbidire la 185 – chiede Di Giovanpaolo – quando Finmeccanica è il quarto gruppo al mondo per la produzione di sistemi di arma?». Le associazioni ricordano che «le esportazioni di armi italiane vanno già a gonfie vele: più 60% di autorizzazioni nel 2009, record di 4,9 miliardi autorizzati e 2,2 miliardi di consegne».

Fonte: Avvenire

24 novembre 2010

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