E’ il conflitto di interessi il vero problema


Articolo 21


Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, commenta con questo editoriale il caso delle intercettazioni tra il capo dell’opposizione Silvio Berlusconi e il dirigente Rai Agostino Saccà. "Il vero problema è il conflitto di interessi".


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E’ il conflitto di interessi il vero problema

Silvio Berlusconi è sicuramente un politico piccolo, piccolo, però è anche un comunicatore grande, grande troppo spesso di fronte a dei “nanetti” della politica! E’ del tutto evidente, infatti, che le invettive, le ingiurie e le battute (comprese quelle indicanti come prostitute e militanti sinistra chi lavora in Rai) avevano ed hanno l’evidente obiettivo mediatico di distrarre l’attenzione dall’unica vera piaga purulenta che si è manifestata in tutta la sua gravità e che è rappresentato dall’irrisolto conflitto di interessi.

Altro che scandalizzarsi per l’uso delle intercettazioni!

Mi domando perchè questa discussione si debba aprire quando si tratta di un ex-capo del governo e non in altre occasioni. Ad esempio, quando in un Tg2 “memorabile” furono trasmesse le intercettazioni di alcuni giovani, che non erano state neanche acquisite dai tribunali, e che miravano a dimostrare la loro responsabilità per i disordini di Genova. Molti di quelli che oggi si scandalizzano per queste intercettazioni, allora si girarono dall'altra parte e fecero finta di nulla. Non serviva, comunque, alcuna intercettazione telefonica per prendere atto che in Italia si era realizzato un solo polo radiotelevisivo nelle mani dell’ex-presidente del consiglio, nonché proprietario di Mediaset.
Per altro, tale ipotesi costituiva uno dei pilastri del “Piano di rinascita nazionale”, stilato negli anni Settanta della loggia segreta P2 di Licio Gelli, cui il Cavaliere era affiliato (tessera n. 1816).
L’obiettivo di Berlusconi, quindi, era di distrarre l’attenzione da questo tema: e c’è riuscito benissimo, perché in molti, anche nel centrosinistra, continuano a preoccuparsi solo delle intercettazioni e di un presunto scontro tra Berlusconi e la RAI. Questioni assolutamente accessorie,
rispetto alla metastasi che si è ulteriormente rivelata.
Alcuni di coloro, anche nel centrosinistra purtroppo, che manifestano le loro preoccupazioni, certo legittime sull’uso delle intercettazioni (questione che come Articolo 21 abbiamo posto da molti anni), sono i medesimi che quando le stesse denunce venivano fatte in modo pubblico le ritenevano roba da “girotondini” o da “radicali”: “questioncelle” irrilevanti da non prendere in considerazione. In realtà, quello che si vorrebbe cancellare è la nozione medesima del conflitto di interessi, che molti, e non solo a destra, vorrebbero collocare nelle questioni da archiviare per non “irritare”, per non disturbare il clima politico.
Ma così non si può fare!
Si continua, difatti, a non comprendere che la mancata riforma del conflitto di interessi e della riforma dell’intero settore dei media, non sono roba da “addetti ai lavori”, ma una grande e irrisolta questione democratica , che fa dell’Italia una nazione “malata” nel consesso mondiale, come è stato rilevato in modo inequivocabile da tutte le agenzie internazionali ( siamo ancora al 46esimo posto nella speciale classifica dei paesi a minore libertà informativa e di tutela del pluralismo!).

Al di là delle battute, delle finte indignazioni, il nodo resta sempre solo e soltanto uno: al governo e alla maggioranza spetta il compito non solo di portare tali riforme all’approvazione, ma anche di introdurre nella proposta sul conflitto di interessi una norma che costringa qualsiasi editore, e non solo Berlusconi, a scegliere tra la partecipazione diretta alla vita politica in qualsiasi forma o il controllo dei mezzi di comunicazione.
Tutto il resto è aria fritta!

Una legge sul conflitto di interessi che non dovesse affrontare e risolvere questo nodo, non sarebbe non una legge in grado di risolvere l’anomalia italiana.
Su questo tema non dovrebbero esistere distinzioni, almeno nel centrosinistra, tra moderati, riformisti e radicali. Anzi, dovrebbero essere proprio quelli che si autodefiniscono liberali ad essere i più intransigenti custodi del libero mercato, della competizione e della lotta implacabile contro ogni confitto di interessi, contro ogni monopolio e contro ogni accordo di cartello.
La tragedia è che sino a d oggi molti di coloro, anche nel centrosinistra, che si sono autodefiniti moderati e liberali, sono apparsi i più interessati , almeno nel settore dei media , a difendere le rendite di posizione e a non disturbare “il manovratore”, più che a preoccuparsi che dell’interesse generale del paese.
Strano!

Per alcuni di costoro i principi fondamentali di libertà, il richiamo all’Europa e al valore del mercato sono affascinanti e vanno attuati, solo quando ci si riferisce al precariato e alla flessibilità nel mondo del lavoro. Diventa, invece, noioso ed arcaico, quando ci si riferisce al conflitto di interessi e alle norme che regolano il mercato nel settore dei media e della pubblicità.
Uno strabismo politico che, speriamo, verrà corretto al più presto da tutto il centrosinistra, già subito dopo la ripresa delle attività parlamentari.

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