Dossier Caritas 2012: migranti come persone, non numeri


Fabio Pizzi - Unimondo


Il XXII Rapporto sull’immigrazione riconferma come la migrazione sia spesso una scelta inevitabile a causa delle crisi politiche ed economiche ma afferma anche con forza come essa sia un fenomeno in grado di favorire e produrre una positiva collaborazione tra i popoli.


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Il XXII Rapporto sull’immigrazione riconferma come la migrazione sia spesso una scelta inevitabile a causa delle crisi politiche ed economiche ma afferma anche con forza come essa sia un fenomeno in grado di favorire e produrre una positiva collaborazione tra i popoli.

Una globalizzazione positiva che interessa chiaramente anche l’Italia e sulla quale il ministro Riccardi si è soffermato a lungo, auspicando che a breve lo Stato sia in grado di realizzare una nuova legge sulla cittadinanza in quanto non sarà possibile pensare ad una crescita futura del nostro paese senza l’integrazione completa e il fondamentale contributo fornito degli immigrati.

Analizzando il Dossier, composto da dati provenienti da statistiche compiute su scala mondiale, europea e nazionale, emerge una cifra: 214 milioni di persone tra migranti e rifugiati a livello mondiale nel 2011.

L’Unione Europea rappresenta, assieme al Nord America, il principale polo immigratorio del mondo: gli stranieri residenti in Europa sono 33,3 milioni – 800 mila in più rispetto al 2010 – e uniti al gruppo dei nati all’estero che negli ultimi dodici mesi hanno acquisito la cittadinanza nel paese in cui risiedono stabilmente, il loro numero arriva a 48,9 milioni.

Per quanto riguarda le persone costrette alla fuga in altri paesi a causa di eventi bellici o regimi repressivi, il 2011 ha visto 42,5 milioni di persone obbligate a spostarsi e tra questi si contano 15,2 milioni di rifugiati e 26,4 milioni di sfollati interni; nell’anno appena trascorso sono state presentate 895mila domande d’asilo nel mondo. Il record di richieste – 76mila – spetta agli Stati Uniti d’America mentre l’UE ha visto la presentazione di 277mila domande delle quali 51mila in Francia, primo paese europeo per questo tipo di richieste, e 37.350 in Italia.

La nostra nazione si è confermata come un paese ad alto tasso d’ immigrazione e Caritas ha fornito una stima degli immigrati regolari (inclusi quelli non ancora iscritti in anagrafe e i comunitari) vicina ai 5 milioni di persone, con una lieve crescita rispetto al 2010. In aumento anche i permessi di soggiorno in vigore a fine 2011 passati dai 3.536.062 dei dodici mesi precedenti ai 3.637.724, con un incremento del 2.9%.

Il Rapporto ha inoltre quantificato il numero degli immigrati comunitari stimandolo in 1.373.000 di cui ben l’87% proveniente dai nuovi 12 stati diventanti membri dell’Unione. Tra essi la maggioranza è rappresentata dal gruppo proveniente dalla Romania con 997.000 individui, seguito da Polonia con 112.000: seguono bulgari, tedeschi, francesi e così via. A livello di ripartizione continentale, invece, a prevalere è L’Europa con il 27,4% di immigrati comunitari e il 23,4% di non comunitari, seguono Africa (22,1%), Asia (18,8%) e America (8,3%).

Tra i soggiornanti Europei in Italia non comunitari il numero maggiore è rappresentato dagli albanesi con 491.495 persone seguiti da ucraini (223.782), moldavi (147.519), serbi e montenegrini (101.554), macedoni (82.209) e russi (37.090) con croati, bosniaci e turchi stimati in un numero compreso tra i 20.000 e i 30.000 ciascuno.

Per quanto riguarda l’immigrazione dall’Africa, calcolata in un numero di 1.105.826 soggiornanti, prima collettività è risultata quella proveniente dal Marocco con 506.369 immigrati, seguita da Tunisia (122.595),Egitto (117.145),Senegal (87.311), Nigeria (57.011), Ghana (51.924), Algeria (28.081), Costa d’Avorio (24.235).

Scenario migratorio in crescita è risultato essere quello tra Asia e Italia; gli immigrati asiatici sono giunti a quota 924.443 nel 2011,con un incremento del 6% rispetto al 2010. Il nostro è lo stato europeo che accoglie la quantità maggiore di cinesi (227.570), seguiti da filippini (152.382), bangladesi (106.671) e srilankesi (94.577) mentre è il secondo per numero di presenze provenienti dal Pakistan (90.185) e dall’India (145.164).

Dopo aver elencato i dati principali, il coordinatore del Dossier, dott. Franco Pittau, ha ricordato l’indispensabile funzione di supporto al sistema economico e produttivo fornita da coloro i quali decidono di trasferirsi in Italia. Ha sottolineato come essi spesso svolgano mansioni che gli italiani rifuggono o come siano maggiormente disponibili a spostarsi, e quindi siano in grado, senza togliere alcuna opportunità agli italiani, di inserirsi nella società, sopperendo alle carenze presenti nel mercato del lavoro e accettando quasi sempre lavori al di sotto della loro formazione scolastica.

Nel 2011 erano 2 milioni e mezzo gli immigrati occupati in Italia ma, a causa della crisi globale, risulta in aumento anche il numero di disoccupati (310.000 di cui 99mila comunitari).

La maggior parte dei lavoratori stranieri sono collaboratori familiari, operai del settore agricolo e infermieri, seguiti da operai edili, impiegati nelle cooperative- soprattutto addetti alle pulizie – e nei trasporti. Aumentano però anche gli imprenditori, con i titolari di impresa aumentati di 21.000 unità nel 2011. Inoltre fortissima è l’incidenza in determinati settori, su tutti il calcio: ben il 50% dei giocatori della serie A – con picchi del 70% e più in squadre come l’Inter – è straniero.

Inoltre, sono ben 1.159.000 gli immigrati che nel 2011 erano iscritti a un sindacato, e questo dato è un importante indicatore della volontà di maggior tutela e inserimento definitivo nelle dinamiche di convivenza.

È anche necessario ricordare il forte introito garantito alle casse statali in termini tributari: il saldo 2010, anno dell’ultima rilevazione, risultava in attivo di 1,7 miliardi di Euro. Per dirla in parole semplici e sfatare un luogo comune fasullo: gli immigrati danno all’Italia più di quanto l’Italia spenda per loro, soprattutto grazie alla rilevanza dei contributi previdenziali versati a fronte di un numero minimo di lavoratori che vanno in pensione.

Non va dimenticato l’importante l’aspetto riferito alle rimesse, ovvero l’invio di denaro nella patria di partenza (7,4 miliardi di Euro nel 2011), il quale consente ai lavoratori immigrati di aiutare i familiari rimasti a casa. In particolare vanno sottolineati i cosiddetti ‘‘diaspora bond’’, dei buoni pensati per sostenere progetti per infrastrutture e per finalità economiche e socio-educative con una formula che riesce a garantire gli interessi dei singoli lavoratori migranti e le necessità di miglioramento dei paesi d’origine. Nota positiva in questo campo per la nazione italiana, fortemente impegnata nel monitorare i costi del servizio di invio delle rimesse e nella riduzione delle commissioni richieste per spedire il denaro.

Un’indagine ISTAT del luglio 2012, ripresa nello studio Caritas, ha infine aperto una finestra sull’atteggiamento ambivalente degli italiani nei confronti di chi immigra: se da un lato molti interpellati ritengono che gli stranieri siano troppi, dall’altro è ormai riconosciuto come essi siano trattati peggio e non valorizzati, pur rappresentando una ricchezza in termine di professionalità e cultura.

In conclusione, Il quadro generale si presenta come un’alternanza di questioni risolte e di altre ancora da risolvere. Su tutto, come ha spiegato in conclusione Mons. Paolo Schiavon, presidente della fondazione Migrantes, è però necessario non scordare mai che il fenomeno migratorio è composto di persone e non da freddi numeri vergati su un foglio. Per questo, conoscerlo deve divenire punto di partenza per promuovere una convivenza con gli immigrati sia a livello sociale che religioso.

Fonte: http://www.unimondo.org
21 novembre 2012

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