Da Kosti al sud senza il bagaglio di una vita


Misna


A preoccupare è soprattutto la sistemazione dei migranti, che arrivano in uno dei paesi più poveri del mondo con due valige stracariche e qualche confezione di biscotti regalata dalle agenzie umanitarie.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Da Kosti al sud senza il bagaglio di una vita

I primi migranti sono arrivati, ma per i loro bagagli dovranno aspettare mesi: il limite dei 25 chili per il viaggio in aereo e la stagione delle piogge sono un problema non secondario per migliaia di sud-sudanesi costretti a lasciare il paese dove hanno vissuto dalla crisi seguita all’indipendenza di Juba.

I 15.000 migranti bloccati per mesi a Kosti, uno dei principali porti sudanesi sul Nilo Bianco, avrebbero dovuto oltrepassare il confine con il Sud entro ieri per “motivi di sicurezza”. Alla MISNA, però, chi sta coordinando le operazioni di rimpatrio dice che l’ultimatum del governo di Khartoum non è più un problema. “Cerchiamo di incrementare il numero dei trasferimenti da 600 a 800 al giorno – sottolinea Filiz Demir, dirigente dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) – ma la sensazione è che le autorità non creeranno difficoltà”.

A preoccupare è soprattutto la sistemazione dei migranti, che arrivano in uno dei paesi più poveri del mondo con due valige stracariche e qualche confezione di biscotti regalata dalle agenzie umanitarie. In un primo momento, chi partiva lasciava un parente di guardia ai beni di famiglia. Poi il governo di Juba si è fatto carico del trasporto del bagaglio su camion fino a Renk. In questa città, subito a sud della frontiera, mobili, vestiti e materassi finiscono in un magazzino. Mancano le chiatte, l’unico mezzo di trasporto affidabile per proseguire il viaggio durante la stagione delle piogge. “Prima che i migranti possano riavere le loro cose – dice la Demir – bisognerà aspettare qualche mese, forse ottobre”.

Il Sud Sudan è divenuto indipendente da Khartoum nel luglio scorso, dopo una lunga guerra civile. In più occasioni, negli ultimi mesi, il controllo dei pozzi di petrolio e altre questioni lasciate irrisolte dagli accordi di pace sono stati all’origine di scontri armati lungo i 1800 chilometri di frontiera comune.

Fonte: http://www.misna.org
22 maggio 2012

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento