Crimini di guerra a Gaza: "Bambini usati come scudi umani"


Michele Giorgio, Il Manifesto


Da Onu e medici per i diritti umani denunce di atrocità commesse dall’esercito israeliano. I militari si difendono, ma aumenta la pressione per un’inchiesta vera su Piombo fuso.


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Crimini di guerra a Gaza: "Bambini usati come scudi umani"

Era solo un bambino di 11 anni e aveva un'unica «colpa»: abitare a Tel Hawa, investita in pieno dall'offensiva di terra lanciata dall'esercito israeliano. Era il 15 gennaio, tre giorni prima del cessate il fuoco. I soldati gli intimarono di camminare davanti a loro e di entrare negli edifici prima di chiunque altro. Uno bambino-scudo umano che doveva proteggere i militari dell'esercito più potente del Medio Oriente. A denunciarlo è stato ieri a Ginevra, Radhika Coomaraswamy, inviato speciale dell'Onu per la protezione dei bambini nei conflitti armati. I militari, ha aggiunto Coomaraswamy, durante le tre settimane di «Piombo fuso» (oltre 1.300 palestinesi uccisi) spararono a bambini palestinesi, buttarono giù un'abitazione con una donna e il figlio ancora all'interno e bombardarono un edificio dove prima avevano intimato ai civili di entrare.
Un racconto giunto poco dopo la denuncia dell'associazione israeliana «Medici per i diritti umani» che ha accusato l'esercito di aver gravemente violato il diritto umanitario per aver impedito l'evacuazione di feriti e per aver messo in grave pericolo il personale medico palestinese. «Non solo i militari non hanno evacuato le famiglie assediate e ferite ma hanno anche impedito alle squadre mediche palestinesi di raggiungere i feriti», hanno scritto i medici ebrei e arabi nel rapporto. Secondo i dati dell'organizzazione, durante «Piombo fuso» 16 medici, infermieri e autisti di ambulanze sono stati uccisi e 34 fra ospedali e cliniche sono stati attaccati. E sul quotidiano Ha'aretz domenica era stato riportato un documento inquietante, raccolto in una casa di Jabaliya occupata dagli israeliani: sul foglietto scritto a mano da qualcuno, forse un ufficiale, c'erano istruzioni da riferire ai soldati: «sparare sui soccorsi».
Denunce che completano il quadro che, poco alla volta, è emerso dopo il cessate il fuoco e al quale negli ultimi giorni hanno contribuito gli stessi soldati e ufficiali israeliani rivelando gli abusi, le uccisioni di civili e le distruzioni di proprietà durante corsi di addestramento e colloqui con i superiori. Molti dei quali sono stati poi riferiti da Ha'aretz e altri quotidiani. Senza dimenticare le magliette indossate dai soldati che raffigurano scene di violenza contro i palestinesi: un bambino nel mirino di un fucile con lo slogan «Più sono piccoli, più è difficile» o un'altra con l'immagine di una donna incinta e la scritta «Un colpo, due morti». Ciononostante il capo di stato maggiore israeliano, Gabi Ashkenazi, ieri si è lanciato in una appassionata difesa di quello che ha definito con orgoglio «l'esercito più morale del mondo». «Non credo che i soldati abbiano colpito civili palestinesi a sangue freddo. Attenderemo i risultati delle indagini, ma la mia sensazione è che i soldati abbiano avuto comportamenti etici e morali. Se ci sono stati incidenti, si è trattato di episodi isolati», ha affermato Ashkenazi incurante dei rapporti presentati in questi mesi da Ong, associazioni, centri per i diritti umani e dall'Onu.
Le armi impiegate di fronte alla densità della popolazione di Gaza, il fuoco indiscriminato e tanto altro potrebbero costituire un «crimine di guerra della più vasta portata in base al diritto internazionale», ha spiegato il relatore speciale dell'Onu per i diritti umani, Richard Falk, presentando ieri a Ginevra il suo rapporto nel quale chiede un'indagine di esperti. L'inchiesta, ha spiegato, dovrà stabilire tra l'altro se con le armi impiegate fosse possibile distinguere tra obiettivi militari e popolazione civile. «Se non era possibile fare questa distinzione, gli attacchi risultano illegali di per sé» ha sostenuto Falk, aggiungendo che anche senza le indagini, in base alle notizie e alle statistiche, «è possibile trarre la conclusione preliminare che dato l'alto numero di vittime civili e il livello di devastazione di obiettivi non militari a Gaza, gli israeliani si siano o astenuti dal tracciare le distinzioni richieste dal diritto internazionale o non erano in grado di farlo nelle circostanze degli scontri, rendendo di fatto impossibile conciliare gli attacchi con il diritto internazionale». Falk – al quale Israele lo scorso dicembre ha negato l'accesso ai Territori occupati – ha criticato il blocco di Gaza evocando la possibilità di crimini contro l'umanità, ma soprattutto la decisione «senza precedenti» di Israele di negare ai 1,5 milioni di abitanti di Gaza la possibilità di lasciare la zona di guerra. L'indagine, secondo il relatore, dovrà anche occuparsi delle pratiche di Hamas, incluso il lancio di razzi ed il presunto impiego di bambini e civili come scudi umani.

Fonte: il Manifesto

24 marzo 2009

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