Bambini/e, le facce dell’esclusione


la Repubblica


Più della metà dei bambini del mondo -1,2 miliardi- vive gravemente minacciata da povertà, conflitti e discriminazioni di genere, e rischia di morire prima di aver compiuto cinque anni.
Lo rivela il rapporto di Save The Children, pubblicato alla vigilia della Giornata Internazionale dei bambini.


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Singapore e la Slovenia sono i paesi più a misura di bambino del mondo; il Niger è invece quello che presenta più rischi. L’italia è ottava, a pari merito con la Corea del Sud, nella classifica redatta da Save the children, dei paesi in cui i minori hanno più possibilità di vivere al meglio la loro condizione.

Alla vigilia della Giornata internazionale dei bambini, Save the children ha diffuso il nuovo rapporto dal titolo “Le tante facce dell’esclusione” che rivela numeri sconvolgenti: più della metà dei bambini del mondo – 1,2 miliardi – vive gravemente minacciata da povertà, conflitti e discriminazioni di genere, e rischia di morire prima di aver compiuto cinque anni.

L’ Africa il continente dove la condizione dei bambini e’ più difficile. L’italia, che migliora di una posizione rispetto allo scorso anno, conta comunque un milione e 300.000 bambini in condizione di povertà assoluta. Stati Uniti, Russia, infine, si trovano dietro la maggior parte dei Paesi dell’Europa occidentale .

“No, non lo possiamo permettere”. “Non possiamo più permettere – ha detto Valerio Neri, direttore generale di Save the Children – che così tanti bambini (più della metà a livello globale) corrano il rischio di perdere la propria infanzia già dal momento in cui vengono al mondo e che siano costretti sin da subito a fare i conti con condizioni di forte svantaggio e ostacoli difficilissimi da superare. Ciò avviene – ha aggiunto – perché semplicemente sono delle bambine, oppure perché nascono e crescono in contesti caratterizzati dalla povertà o dalla guerra, dove per loro altissimo è il rischio di essere costretti al lavoro minorile, di subire sulla propria pelle le conseguenze della malnutrizione oppure, per quanto riguarda le ragazze, di essere costrette a sposare uomini spesso molto più grandi di loro quando sono ancora soltanto delle bambine”.

Ma la povertà è arrivata anche nei Paesi OCSE. Nei Paesi cosiddetti “in via di sviluppo”, 1 minore su 5 vive in povertà estrema, soprattutto in Africa sub-sahariana (dove i bambini in questa condizione sono il 52% del totale a livello globale) e Asia meridionale (36%), con l’India che da sola tocca quota 30% . Ma la piaga della povertà riguarda anche le aree economicamente più avanzate, con ben 30 milioni di bambini e ragazzi che nei Paesi OCSE vivono in povertà relativa grave , tra cui 6 milioni solo negli Usa. Contesti di povertà incidono fortemente anche sulla possibilità di andare a scuola e ricevere un’educazione. Nei Paesi a basso reddito, infatti, 1 minore su 3 in età scolare non va a scuola, rispetto a meno di 4 su 100 nei contesti ad alto reddito. Numeri che fanno riflettere se si considera che secondo uno studio dell’Unesco se tutti i bambini completassero gli studi primari e secondari, più di 420 milioni di persone uscirebbero dal ciclo della povertà, con una riduzione di oltre la metà delle persone in condizioni di povertà in tutto il mondo.

La piaga del lavoro minorile. Dal rapporto di Save the Children emerge inoltre come molto stretta sia la correlazione tra povertà e lavoro minorile, oltre che matrimoni e gravidanze precoci. Nei Paesi meno sviluppati, è costretto a lavorare 1 minore su 4, con Africa e Asia che presentano il maggior numero di minori al mondo in questa condizione (rispettivamente 72 e 62 milioni su un totale di 152 milioni). Nei Paesi in conflitto, malnutrizione, malattie e mancanza di accesso alle cure sanitarie uccidono molto più delle bombe. Secondo lo studio dell’Organizzazione, 1 bambino su 5 al mondo che muore prima dei cinque anni si trova in Paesi fragili e tediati dai conflitti. A causa dei conflitti, sono ben 27 i milioni di minori che sono attualmente tagliati fuori dall’educazione , perché le loro scuole sono prese di mira dagli attacchi, occupate dai gruppi armati o perché i genitori hanno paura di mandare i figli a scuola.

Diseguaglianze di genere anche nella miseria. Dal rapporto di Save the Children emerge anche che, rispetto ai loro coetanei maschi, le ragazze hanno maggiori probabilità di non mettere mai piede in classe nella loro vita. Stime recenti rivelano che circa 15 milioni di bambine in età scolare (scuola primaria) non avranno mai la possibilità di imparare a leggere e scrivere rispetto a 10 milioni di coetanei maschi. I matrimoni precoci sono tra i fattori trainanti della negazione, per le bambine e le ragazze, dell’opportunità di apprendere e ricevere un’educazione. Oggi, nel mondo, 12 milioni di ragazze si sposano ogni anno prima dei 18 anni. Il fenomeno delle spose bambine è particolarmente rilevante anche nelle aree colpite dai conflitti, dove in molti casi le famiglie organizzano i matrimoni per proteggere le figlie da abusi e violenze.

Violenze sessuali e gravidanze precoci. A tale fenomeno è poi strettamente collegato quello delle gravidanze precoci, che oggi riguarda 7,8 milioni di adolescenti: una questione particolarmente preoccupante considerando che le complicazioni durante la gravidanza e il parto rappresentano la prima causa di morte al mondo per le giovani tra i 15 e i 19 anni. L’analisi di Save the Children mette infine in evidenza la piaga delle violenze fisiche e sessuali – dalle mutilazioni genitali femminili agli stupri alla prostituzione forzata – di cui troppo spesso le bambine e le ragazze sono vittime nel mondo. Circa 120 milioni di ragazze, più di 1 su 10 a livello globale, nella loro vita hanno subito forme di violenze sessuali

31 maggio 2018

la Repubblica

 

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