Accordo sul digiuno. Alla vigilia del Nakba Day


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Un accordo dell’ultim’ora, tra lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interna di Israele e i rappresentanti dei detenuti palestinesi, mediato dall’Egitto, ha messo fine al più imponente sciopero della fame collettivo nelle carceri israeliane.


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Accordo sul digiuno. Alla vigilia del Nakba Day

Un digiuno iniziato poco meno di un mese fa, il 17 aprile, e continuato nel sostanziale silenzio della stampa internazionale, rotto solo da un tam tam crescente sui social network. Un tam tam che ha cominciato a risuonare con sempre più insistenza, man mano che si avvicinava la data del 15 maggio. Il giorno della Nakba, che ai palestinesi ricorda la cacciata dalle proprie case nel 1948, la fuga, i profughi, la nascita dello Stato di Israele. Una spada di Damocle, che ha accelerato i tempi di un negoziato lontano dai riflettori. La stampa mainstream, come per incanto, si è svegliata stamattina, in Italia, rendendo edotti i suoi lettori di un accordo che ha posto termine a un digiuno collettivo di cui il pubblico non ha saputo niente o quasi, per un mese intero. Ha saputo subito dell’accordo, ma non del motivo che aveva dato il via a un negoziato e, alla fine, a un’intesa. Una meraviglia…

Sia il governo di Tel Aviv sia l’Autorità Nazionale Palestinese temevano scontri pesanti per oggi, in Cisgiordania, se il digiuno dei 1600 detenuti palestinesi fosse continuato. Decine di migliaia di persone, su Facebook e Twitter, avevano già cambiato ieri – con una velocità virale – il loro avatar, sostituendo la fotina personale con la sagoma di un detenuto palestinese nella classica veste carceraria color kaki. Tra l’annuncio di un digiuno globale, per oggi, e le manifestazioni in programma in Csigiordania, Gerusalemme est, Gaza e davanti ad ambasciate e organizzazioni internazionali, la tensione stava salendo. Troppo, per Israele. (nella foto, un negozio chiuso a Ramallah per lo sciopero generale proclamato oggi, Nakba Day. Foto di ManaraRam)

Si temeva soprattutto per la vita di Bilal Diab e Thaer Halahle, in digiuno da 77 giorni. Diab e Halahle hanno interrotto stanotte lo sciopero della fame, anche se verranno rilasciati non ora, ma nei prossimi mesi. Halahle il 5 giugno, Diab ad agosto, quando scade il suo secondo round di carcere preventivo.

Sui dettagli dell’accordo non c’è ancora piena luce. A seconda delle fonti che si usano, vengono messi in luce aspetti completamente diversi. Per gli israeliani, il successo è nella rinuncia dei detenuti palestinesi “ad attività terroristiche”. Per i palestinesi, la “vittoria” è determinata dalla fine dell’isolamento in cella, dalla restituzione dei corpi di 100 palestinesi seppelliti in quello che – ho scoperto oggi leggendo un articolo – viene chiamato dalle famiglie dei detenuti il “cimitero dei numeri”, e dalla concessione delle visite dei familiari. Lo stop alle visite dei familiari dei detenuti di Gaza era avvenuto nel 2006, dopo il rapimento di Gilad Shalit. Ma le visite non erano state ripristinate dopo la liberazione di Shalit e lo scambio dei prigionieri dell’ottobre scorso. I detenuti hanno anche ottenuto di poter vedere due canali tv in arabo, che sostituiscono due canali tv in russo…. Niente da fare, invece, sulla possibilità di continuare gli studi universitari, considerato che molti detenuti sono giovani.

Confusione, invece, sulla questione della detenzione amministrativa. Si dice vagamente che non verrà rinnovata. O il rilascio o il processo. Riguarda solo chi sta in carcere, o è in vista una modifica della pratica del carcere preventivo senza accusa e senza processo? Non è ancora dato di sapere. Quello che è certo, è che il digiuno collettivo che ha fermato le carceri israeliane per quasi un mese è stata una sorta di prova generale di una campagna nonviolenta. Una campagna nonviolenta che ha cambiato le carte in tavola nello scontro tra israeliani e palestinesi. Una campagna nonviolenta che ha anche messo in difficoltà la politica classica delle fazioni palestinesi, facendo emergere la capacità di fare rete di una generazione giovane. Fuori dal carcere, per le strade di Cisgiordania e Gaza, e nel più grande mondo virtuale. Una generazione del tutto simile alle generazioni giovani egiziane, bahreini, tunisine, marocchine…

Fonte: http://invisiblearabs.com
15 Maggio 2012

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