Io voglio la pace. Io c’entro


Piero Piraccini


In queste ore in molte parti d’Italia sono esauriti i pullman per recarsi il 9 ottobre alla PerugiAssisi, alla 21° edizione della Marcia della Pace, tacita risposta alle parole accorate di Aldo Capitini che 55 anni fa chiedeva “a ognuno di fare qualcosa”.


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Abbiamo almeno provato a svuotare il Medio Oriente di un po’ d’armi? E’ la domanda posta all’Italia parolaia contro l’Isis, l’indomani di una strage che aveva insanguinato una città europea. La risposta si trova nella Relazione che la presidenza del Consiglio ha consegnato al Parlamento: “Si è pertanto consolidata la ripresa del settore Difesa a livello internazionale”. Sì, perché è vero che c’è disoccupazione, ma un settore tira: in un anno, dal 2014 al 2015, il valore delle armi vendute è passato da 2,6 a 7,9 miliardi di euro. In spregio della legge 185 del 1990 che vieta all’Italia di vendere armi a paesi in guerra o che violano i diritti umani. E così, contravvenendo ai loro compiti, i ministeri non hanno posto alcun veto alla vendita all’Arabia Saudita, agli Emirati Arabi, all’Egitto, ai paesi dell’Africa Subsahariana da cui partono molti migranti che approdano alle nostre spiagge. Proprio a questi ultimi paesi, due anni fa vendevamo armi per 2 milioni di euro, nel 2014 per 87, lo scorso anno per 153. E la conseguenza di questa ricchezza che deriva dal nostro export (le armi sono PIL, non si dimentichi!) si vede dipinta nell’orrore di migliaia di persone sopravvissute ai bombardamenti, nei corpi dilaniati che giornalmente s’intravvedono nelle immagini televisive, negli sguardi smarriti di persone che vagano da un confine all’altro respinti dai muri di un’Europa dimentica di se stessa. E’ il solito piagnisteo, si dirà. E’ vero: tale, spesso, è sentito perché ormai le guerre hanno realizzato una mutazione antropologica su una parte non proprio minoritaria di persone. E’ già successo una generazione fa quando un bambino usciva dal ghetto di Praga con le mani alzate, i soldati ridenti attorno, o quando file umiliate con la stella gialla cucita sulla giacca salivano sui vagoni della morte. Molto diverso da oggi? Sì, ma solo per i numeri. Certo che la vergogna personale esiste, ma la sua voce è flebile e quella collettiva tace. E non ci si può dire sorpresi. La minaccia di morte che investe i popoli della terra è apparsa in tutta la sua potenza già durante la seconda guerra mondiale con il fungo atomico che, anziché essere monito per un corale “mai più”, è diventato pretesto per dotarsi di armi ancor più potenti. Così come non può costituire sorpresa l’irruzione del popolo della fame nella nostra tavola imbandita, frutto immorale di un sistema economico che vede poche persone proprietarie di ricchezze la cui dimensione è indicibile perché inimmaginabile. Mentre anche la nostra tavola diventa meno ricca, se è vero che in Italia 11 milioni di persone non possono ricorrere alle cure mediche necessarie, e questo crea conflitto fra poveri, quelli vicini a noi e quelli che vicini lo stanno diventando. Però, niente paura: ci saranno centomila nuovi posti di lavoro nella costruzione di un ponte là dove un secolo fa un terremoto causò la morte di centomila persone. Così, giusto per fare un conto pari. Ma c’è dell’altro, per fortuna. In queste ore in molte parti d’Italia sono esauriti i pullman per recarsi il 9 ottobre alla PerugiAssisi, alla 21° edizione della Marcia della Pace, tacita risposta alle parole accorate di Aldo Capitini che 55 anni fa chiedeva “a ognuno di fare qualcosa”. E’ il risultato di una gran voglia d’esserci. C’è da chiedersi che cosa muova un così grande numero di persone, in mancanza di una politica che rappresenti degnamente questi valori, perché quella che si svolgerà sarà la marcia dei giovani, delle scuole, delle città, dei sindaci, degli immigrati, dei rifugiati. In centomila costituiranno il più grande corteo della pace dell’intera Europa. Il fatto è che a fronte delle tante Guerniche odierne, alla domanda: “E io che c’entro?”, c’è ancora chi risponde: “Io voglio la pace. Io c’entro”.

Piero Piraccini

1 ottobre 2016

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