Uganda, Al-Shabaab colpisce Kampala


Irene Panozzo


Nel pomeriggio di ieri, a quasi venti ore dagli attentati, è arrivata la rivendicazione. E gli Shabaab hanno fatto sapere di essere loro i responsabili della doppia esplosione che, nella serata di domenica, ha insanguinato Kampala.


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Uganda, Al-Shabaab colpisce Kampala

Per molte ore è stato solo un sospetto. Un sospetto con più di una ragion d’essere, ma senza nessuna prova. Poi nel pomeriggio di ieri, a quasi venti ore dagli attentati, è arrivata la rivendicazione. E gli Shabaab (“i giovani”), il movimento radicale somalo che controlla quasi l’80% del territorio della Somalia meridionale e combatte contro le debolissime istituzioni transitorie di stanza a Mogadiscio, hanno fatto sapere di essere loro i responsabili della doppia esplosione che, nella serata di domenica, ha insanguinato Kampala, la capitale dell’Uganda.

Un doppio attacco kamikaze, quasi in contemporanea, in due punti diversi della città. Obiettivi simili, però: due locali pubblici pieni di gente, venuta a vedere la finale della Coppia del Mondo di calcio. Erano circa le 22.30 locali, Olanda e Spagna erano ancora lontane dal fischio finale, ma all’Ethiopian Village, ristorante etiope situato in un quartiere meridionale di Kampala, e al Lugogo Rugby Club, nella parte orientale della città, una serata di calcio e festa si è improvvisamente trasformata in un incubo. Stando alle cifre aggiornate alla serata di ieri, il bilancio è di 74 morti e di diverse decine di feriti. Nessun italiano tra le vittime.
Più di uno gli elementi che fin dalle prime ore hanno fatto sospettare che dietro il doppio attacco, chiaramente organizzato nel dettaglio per uccidere un alto numero di persone, ci fossero gli Shabaab, secondo il governo Usa direttamente legati ad al-Qa’ida. Innanzitutto, le ripetute minacce degli stessi ribelli somali, che già lo scorso ottobre avevano fatto sapere, per bocca di uno dei loro comandanti, Sheikh Ali Mohammed Hussein, che avrebbero “attaccato Kampala e Bujumbura”, la capitale del Burundi. E questo in risposta a un’azione dei caschi verdi della missione dell’Unione Africana in Somalia, Amisom, esclusivamente composta da soldati ugandesi e burundesi, a Mogadiscio, che aveva fatto trenta morti tra la popolazione. Ieri anche il Burundi è quindi corso ai ripari, alzando il livello di allerta nel paese.
Oltre alla ripetute minacce, a far pendere la bilancia contro Shabaab è stata anche la modalità degli attentati, tipica delle azioni di al-Qa’ida e già usata in almeno altri due attentati sicuramente organizzati e compiuti dal movimento radicale somalo all’interno della Somalia. Infine, tra i corpi dei feriti e dei morti di domenica sera a Kampala, è stata ritrovata anche la testa di un presunto kamikaze somalo.
La rivendicazione di ieri pomeriggio ha spazzato via gli ultimi dubbi. Da Mogadiscio ha parlato Sheikh Ali Mohamud Rage, il portavoce degli Shabaab, che ai giornalisti ha detto che il gruppo “è dietro le due bombe in Uganda”. “Ringraziamo”, ha aggiunto Rage, “i mujahidin che hanno condotto l’attacco. Stiamo inviando un messaggio all’Uganda e al Burundi, se non ritirano le loro truppe Amisom dalla Somalia gli attentati continueranno”.
Il messaggio, in effetti, è arrivato forte e chiaro. Ma dice anche dell’altro. Dice soprattutto che i “giovani” somali sono diventati grandi, riuscendo a colpire per la prima volta un obiettivo lontano migliaia di chilometri dalla loro tradizionale area di azione. Come hanno colpito la pacifica Kampala, potrebbero cercare di colpire il Burundi, ugualmente reo, ai loro occhi, per l’aver inviato truppe di peacekeeping in Somalia. Oppure adocchiare nuovi obiettivi, a iniziare dal confinante Kenya. O ancora da quei paesi, se ce ne saranno, che accoglieranno la richiesta avanzata nella riunione straordinaria dell’Unione Africana a inizio mese ad Addis Abeba. Su richiesta dell’Igad, organizzazione regionale dell’Africa orientale e del Corno d’Africa, l’UA ha formalmente chiesto che il mandato di Amisom venga riformulato, il numero dei peacekeepers aumenti e che l’Onu entri a far parte della missione.

Fonte: Lettera22 e ilManifesto

13 luglio 2010

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