Ucciso, disabile e disarmato


il Manifesto


Iyad Hallaq, 32 anni, è scappato quando i poliziotti gli hanno intimato di fermarsi. Non aveva armi e non aveva aggredito nessuno. Freddato con sette colpi a Gerusalemme.


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iyad-hallaq

 

Come ogni mattina negli ultimi sei anni, ieri Iyad Hallaq, 32 anni, è uscito di casa e si è incamminato verso la scuola “Al-Bakriya”, alla Porta dei Leoni della città vecchia di Gerusalemme, l’istituto in cui riceve assistenza per la sua disabilità intellettiva e motoria.

Non sapeva che sarebbe andato a scuola per l’ultima volta e che sarebbe stato ucciso. Alcuni agenti della guardia di frontiera, un corpo paramilitare della polizia israeliana, dicono di aver notato nelle sue mani un «oggetto sospetto» e di avergli intimato di fermarsi per un controllo.

Iyad è scappato. I poliziotti l’hanno inseguito, poi nell’angolo dove aveva cercato di nascondersi, hanno sparato sette colpi, uccidendolo. Non hanno provato ad arrestarlo. Eppure Iyad non aveva nulla di «sospetto» tra le mani. Era disarmato, non aveva aggredito nessuno. Gli agenti già ricevono sostegni. Hanno commesso un errore, scrivono e dicono alcuni, vanno indagati però «hanno fatto il loro dovere» contro il «pericolo del terrorismo».

Per la Gerusalemme araba è solo l’ennesimo crimine della polizia. Iyad Al-Hallaq – scrivono in tanti sui social – è il George Floyd palestinese. È solo l’ultimo dei tanti George Floyd palestinesi uccisi da poliziotti e soldati israeliani che sparano subito, senza pensarci due volte e per uccidere, anche in situazioni in cui la loro vita non è in pericolo. Nessun palestinese crede che gli agenti coinvolti nell’uccisione di Iyad Hallaq saranno incriminati e processati. «L’immagine di neri americani uccisi a sangue freddo è molto frequente anche qui a Gerusalemme», denuncia Ziyad al-Hammouri, direttore del “Centro per i diritti sociali” di Gerusalemme, «la polizia spara ed uccide (i palestinesi) usando qualsiasi pretesto. Poi nessuno indaga seriamente sull’accaduto».

 

Michele Giorgio
31 maggio 2020
Il Manifesto

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