Turbolenze Afghane


Emanuele Giordana - Lettera22


Emanuele Giordana appena rientrato da Kabul analizza la situazione in Afghanistan mentre sale la polemica tra gli alti comandi degli alleati: "Non è solo la guerra ad andare male o ad essere quantomeno in una sorta di stallo fisiologico, quanto i rapporti tra gli alleati".


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Turbolenze Afghane

Sabato 2 Febbraio 2008 Di ritorno da Kabul – La turbolenza meteorologica di queste ultime settimane in Afghanistan, uno degli inverni più rigidi da decine di anni e che ha già ucciso centinaia di persone, è solo lo specchio di quella politica che sta attraversano gli alti comandi della Nato. Non è solo la guerra ad andare male o ad essere quantomeno in una sorta di stallo fisiologico (anche per la guerriglia), quanto i rapporti tra gli alleati. Persino quelli più stretti. Il fatto è ben dimostrato dalla recente polemica tra Berlino e Washington, resa nota dalla Sueddeutsche Zeitung che ha pubblicato un lettera scritta con toni veementi dal segretario alla Difesa americano Robert Gates alla sua controparte tedesca, il ministro Franz Josef Jung, in cui gli americani tornavano sul ritornello di più truppe e di una maggior esposizione al Sud dove, in prima linea, sono soli con britannici, olandesi e canadesi. Questi ultimi in particolare stato di fibrillazione.

I tedeschi, che hanno risposto picche, riflettono una delle tante declinazioni su cui si muove un fronte variegato che sta studiando come uscire da una palude sempre più estesa. Anche il Regno Unito, ritenuto da Washington l'alleato più affidabile, sta prendendo le distanze da una guerra in cui stenta a riconoscersi: secondo il sottosegretario agli esteri Malloch-Brown, un uomo con un curriculum di tutto rispetto nelle Nazioni Unite in cui è stato il direttore del Programma per lo sviluppo (Undp) – ha spiegato ieri che non si può enfatizzare “la sola vittoria militare ma un approccio politico in supporto a Karzai” (con cui ci sono appena state notevoli scintille ndr) nel suo tentativo di “riconquistare” chi è finito tra gli insorti, senza contare che la comunità internazionale dovrebbe “garantire assistenza economica più diretta alla gente che soffre”, un chiaro riferimento alle staffilate del rapporto uscito l'altro ieri da Oxam che condannava il fallimento della campagna afgana.

Quanto ai tedeschi, la loro posizione è stata molto dura. Dopo aver confermato le rivelazioni della stampa, Berlino ha affidato la replica a Ulrich Wilhelm. Il portavoce di Angela Merkel, che ha definito la missiva di Gates una “sorpresa” – un modo diplomatico per dire che era totalmente fuori luogo – ha chiarito nuovamente il mandato tedesco e i limiti che riguardano le truppe, rendendo noto al contempo che che il governo “non ha piani” per cambiare tale mandato. La Germania dunque resterà al Nord (area relativamente tranquilla ma non esente da turbolenza, come ha dimostrato l'attentato stragista di Baghlan a fine dell'anno scorso) e non aumenterà il suo contingente che è di circa 3mila uomini, il terzo come forza numerica . Inoltre, per mettere i puntini sulle i, il portavoce ha spiegato che al momento la posizione tedesca “non è negoziabile”.
La parte dei “buoni” la fanno i belgi che manderanno invece più truppe (circa cento soldati) e caccia F-16 rafforzando la loro forza di 370 uomini attualmente sul terreno e parte dei circa 41.700 che costituiscono l'Isaf/Nato. Tra i cattivi rischiano invece di esserci i canadesi che hanno minacciato di ritirarsi dalla zona di Kandahar se gli altri membri dell'Alleanza non invieranno altre truppe al Sud.
In questo mare di turbolenze di vario tipo arriva intanto anche una buona notizia che riguarda il caso di Parwiz Kambakhsh, il giornalista di Balq condannato a morte per blasfemia. Secondo KabulPress, l'agenzia che per prima ha divulgato la vicenda, il senato afgano ha smentito il suo presidente che aveva detto di approvare la sentenza e ha ribadito che la cosa spetta alla Corte suprema.

La seconda buona notizia è che, come si sperava, il caso verrà portato da Mazar-i Sharif, dove Parwiz è stato condannato, a Kabul. Effetto dunque hanno fatto non solo le pressioni internazionali ma anche il corteo che ieri ha sfilato per Kabul chiedendo a Karzai di intervenire. Una fonte vicina a Karzai ha detto a KabulPress che il presidente avrebbe già chiesto al capo della suprema corte, Abdul Salam Azimi, di trovare una soluzione per far uscire dal carcere il giovane giornalista e che si sarebbe mosso per far cessare le intimidazione e le minacce dei magistrati della provincia di Balq ai giornalisti locali che seguono il caso.

Fonte: Lettera 22

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