The Independent: "La Birmania è un’enorme prigione"


La redazione


Il Myanmar e’ ormai "una prigione a cielo aperto", dove migliaia di monaci buddisti, processati sommariamente dopo le proteste pacifiste, languono in campi di "rieducazione" che rievocano tristi memorie. La testimonianza pubblicata da "The Independent" arriva da una fonte diplomatica britannica.


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The Independent: "La Birmania è un'enorme prigione"

La Birmania e' ormai "una prigione a cielo aperto", dove migliaia di monaci buddisti, processati sommariamente dopo le proteste pacifiste, languono in campi di "rieducazione" che rievocano tristi memorie. La rivelazione arriva da una fonte diplomatica britannica. Secondo quanto riferito all' 'Independent', gran parte dei monaci che guidarono la protesta democratica di fine settembre sono spariti, alcuni picchiati fino alla morte, altri di cui si ignora il destino. Le strade che portano ai monasteri sono state interrotte e ormai in pubblico si vedono pochissimi religiosi.

I campi per "la vita nuova" voluti dalla giunta birmana -qualcosa di simile ai 'centri di rieducazione' creati da Pol Pot in Cambogia ai tempi dei Khmer Rossi- sono lontani dalla capitale e circondati da foschi racconti. Coloro che, secondo il regime, guidarono la rivolta, sarebbero stati puniti con la reclusione fino 20 anni di carcere. E circolano voci agghiaccianti sulle condizioni di detenzione: monaci detenuti in minuscole celle, prive di bagni, con le pareti ricoperte di escrementi, sistematicamente picchiati e messi a mollo nell'acqua gelata.

Secondo la fonte diplomatica, il regime sta tentando di ricreare un'atmosfera di normalita', ma dietro le quinte si consumano abusi di ogni genere. "Notte tempo avvengono enormi retate. Sono state portate via centinaia di persone e rigide misure di sicurezza vigono nelle zone della citta' da dove provenivano i dissidenti. Nell'ultima settimana centinaia di attivisti sono stati processati a porte chiuse a Mandalay, mentre un altro migliaio sono stati giudicati da tribunali speciali a Rangoon".

Secondo i dati ufficiali, delle 3.000 persone arrestate durante le proteste, solo 500 rimangono in stato di detenzione, ma i dati effettivi -prosegue le fonte- superano i 2.500. E la cifra ufficiale delle vittime, appena una decina, e' ben lontana dalla realta': sono "molti, molti di piu'".

Anche se la fonte ritiene improbabile, almeno a breve, la prospettiva di una riedizione della protesta del mese scorso, le tensioni continuano ad affiorare: nei giorni scorsi sono circolate voci di pietre e mattoni lanciati contro la polizia, e la manifestazione filo-governativa organizzata a Rangoon nelle scorse settimane, lungi dall'essere volontaria, era in realta' circondata da poliziotti armati. "La popolazione e' traumatizzata e per il momento si lecca le ferite, ma e' determinata a riprendere la resistenza".

Human Rights Watch ha chiesto alla Cina, membro del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, di contribuire a fermare la repressione in Myanmar dopo quanto successo il mese scorso in occasione delle proteste guidate dai monaci buddisti. Il gruppo per i diritti umani, con sede a New York, ha richiamato l'attenzione sul fatto che la data dell'8 agosto 2008, scelta per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino, segnerà il 20esimo anniversario delle proteste per la democrazia che ebbero luogo nell'ex Birmania nel 1988, anche queste represse dalla giunta militare al potere un mese dopo.

Gli Stati Uniti hanno invitato la Cina a fare di più nei confronti della giunta, suo alleato. I due Paesi non sono d'accordo sulle azioni che il Consiglio di Sicurezza dovrebbe adottare. "Rappresentanti cinesi hanno pubblicamente fatto appello alla 'cooperazione' e al 'dialogo' tra i generali birmani e i loro detrattori, ma non hanno detto nulla quando questi sono stati arrestati, sono 'scomparsi' o sono stati uccisi", dice in un comunicato Sophie Richardson, direttrice di Human Rights Watch per l'Asia.

"E cosa peggiore, il governo cinese ha bloccato gran parte degli sforzi internazionali per risolvere la crisi", aggiunge. La Cina ha detto che l'azione delle Nazioni Unite per il Myanmar dovrebbe essere "prudente e responsabile" e non dovrebbe includere sanzioni.

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