Tensione al confine tra Siria e Iraq


NEAR EAST NEWS AGENCY


Scontri a fuoco tra Baghdad e ribelli siriani. Le opposizioni accusano Maliki di interferire negli affari interni. Assad: “Pronto al dialogo se i ribelli abbandonano le armi”.


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AGGIORNAMENTO 4 marzo 2013 ore 16.45
Uomini armati hanno attaccato un convoglio di soldati siriani al confine tra Iraq e Siria: secondo le prime informazioni almeno 33 soldati siriani e sette funzionari iracheni sarebbero rimasti uccisi.
I militari del governo di Damasco si trovavano su un convoglio diretto al confine di Al-Yaarabiya, nella provincia Nord di Anbar pronti a rientrare in Siria dopo gli scontri di ieri tra ribelli siriani e truppe di Baghdad. Ad accompagnarli funzionari delle autorità irachene.

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Siria e Iraq ai ferri corti. A pochi giorni dalle dichiarazioni del premier iracheno Maliki, che si è detto preoccupato che la guerra civile siriana contagi i Paesi vicini, le truppe irachene hanno aperto il fuoco al confine con la Siria.

Ieri l’esercito di Baghdad ha bombardato alcune postazioni dei gruppi armati di opposizione al presidente Bashar al-Assad, permettendo alle forze di Damasco di riassumere il controllo del checkpoint di Al-Yaarabiya. L’attacco è seguito al ferimento di due cittadini iracheni da parte delle opposizioni siriane, che sabato hanno aperto il fuoco al confine e hanno lanciato un missile Scud in territorio iracheno.

Per la prima volta dall’inizio della guerra civile siriana, due anni fa, il conflitto si sposta al confine con l’Iraq, alleato del presidente Assad e da tempo timoroso che i settarismi siriani possano contagiare il già precario equilibrio iracheno, dove le due anime – sciita e sunnita – non paiono trovare pacificazione.

L’intervento armato di Baghdad ha provocato l’ira delle opposizioni anti-Assad che ieri hanno accusato Maliki di “attaccare il popolo siriano” e di interferire negli affari interni del Paese: “Dopo che il governo iracheno guidato dal premier Nouri al-Maliki ha dato sostegno politico e di intelligence al regime siriano, Baghdad ha alzato il tiro”, ha detto un membro del Consiglio Nazionale Siriano, federazione dei gruppi di opposizione a Damasco, che ha chiesto alla Lega Araba e alle Nazioni Unite di condannare l’attacco iracheno contro “la sovranità siriana”.

Ieri, inoltre, il leader del Consiglio, Mouaz al-Khatib, ha fatto visita per la prima volta alle aree intorno alla città di Aleppo, vicino al confine con l’Iraq, e per lo più sotto il controllo militare dei ribelli. Obiettivo ufficiale della visita era verificare di persona le condizioni di vita della popolazione siriana, da mesi al centro del violento conflitto tra regime e opposizioni. Obiettivo ufficioso è probabilmente il tentativo di aggregare le diverse anime ribelli nell’area, dove combattono brigate e gruppi rivali che spesso operano in maniera autonoma, senza sottomettersi al controllo del Consiglio Nazionale. Un tentativo necessario a evitare l’avanzata delle truppe governative che nell’ultimo periodo hanno riassunto il controllo di numerosi villaggi e cittadine intorno all’aeroporto internazionale di Aleppo.

Azioni a cui si aggiungono quelle condotte nel centro del Paese: ieri l’esercito di Damasco ha lanciato un’offensiva nelle province di Hama e Latakia, per stanare i ribelli dai villaggi. Bilancio finale – secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani – di 200 morti, di cui 120 soldati e 80 ribelli.

Una guerra civile sempre più sanguinosa, in cui i Paesi occidentali paiono sguazzare. Ieri il presidente Assad ha duramente criticato la decisione dell’amministrazione di Washington di inviare 60 milioni di dollari in aiuti umanitari alle opposizioni siriane, denaro che secondo Damasco servirà a fornire armamenti e non cibo per la popolazione civile. In un’intervista al Sunday Times, Assad si è detto pronto al dialogo con le opposizioni armate nel momento in cui abbandoneranno le armi.

“Siamo pronti a negoziare con tutti, compresi i militanti che lasceranno le armi – ha detto Assad – Non intendiamo parlare con terroristi armati che terrorizzano la popolazione, uccidono civili, attaccano luoghi pubblici e imprese private e distruggono il Paese”.

Fonte: Nena News

4 marzo 2013

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