Sparate a vista: la minaccia dei golpisti birmani


Emanuele Giordana


Myanmar. Nel discorso alla nazione il capo del Consiglio militare difende il ruolo democratico della giunta. Ma una legge ad hoc permette ora di fermare le proteste con le pallottole mentre la piazza si riempie per il quarto giorno consecutivo.


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Ultimora (06.00 del 10 febbraio ora italiana): A Naypyidaw dopo che la polizia ha sparato sulla folla c’e stata almeno una vittima e cinque feriti gravi come ci ha confermato una fonte locale. Si tratta di una giovanissima donna -Myat Thet Thet Khaing (19 anni), colpita alla testa da un proiettile (che dalle immagini sembra essere di metallo) che versava in gravi condizioni e che e’ poi deceduta in ospedale. La conferma e’ arrivata nella notte. Un altro manifestante, ferito al petto, verserebbe in gravi condizioni. Altri hanno subito violenze da parte delle forze dell’ordine mentre ci sarebbero stati diversi arresti a Mandalay. La polizia usa cannoni ad acqua, lacrimogeni e ha sparato per disperdere la folla non solo in aria. Intanto dietro la polizia spuntano i militari forti del bando ad assembramenti oltre le 5 persone a alla legge 144 che consente di sparare in caso di gravi violazioni dell’ordine pubblico. Come negli altri giorni la protesta e’ diffusa in tutto il Paese e i manifestanti intendono andare avanti. Persino agenti di polizia hanno fraternizzato con i manifestanti: piccoli numeri ma significativi

di Emanuele Giordana

Questa mattina Yangon non si è svegliata col classico cacerolazo birmano di pentole e lattine tamburellate in segno di protesta. C’è una calma tesa (che non ha impedito pero’ nuovi cortei di cui ci arriva notizia da Yangon) dopo che ieri i militari hanno minacciano il giro di vite, smesso di promettere elezioni e inasprito il coprifuoco con una legge che consente di “sparare a vista”. E’ stata questa la reazione dei golpisti a quanto avviene da venerdi in Myanmar dove già dalle prime ora di ieri mattina Yangon e altre città – da Mandalay a Naypyidaw a centri più piccoli– hanno cominciato a vedere le piazze piene per il terzo giorno consecutivo. Accompagnata da drappi e camice rosse appese alle finestre (il colore della Lega di Aung San Suu Kyi), la gente ha cominciato a raccogliersi in cortei che, nell’ex capitale, si sono poi riuniti in un’unica concentrazione alla pagoda Sule, simbolo storico della ribellione ai militari dove sarebbero confluite ieri diverse centinaia di migliaia di persone (come si evince dalla foto qui a destra).

La Lega di Aung San Suu Kyi aveva invitato tutti a non vestirsi di rosso – ci spiega un testimone che chiede di restare anonimo – per sottolineare una protesta non di partito ma nazionale. Ovunque si chiede il ripristino della democrazia e il rilascio degli arrestati mentre Tatmadaw, l’esercito birmano, fa a pezzi tutto il lavoro del governo civile visto che, aggiunge la fonte, “il National Reconciliation and Peace Center del governo è stato sciolto e Tatmadaw tratta ora con piccoli partiti regionali e persino con l’Arakhan Army (in guerra da due anni col governo ndr) per autolegittimarsi, come ha cercato di fare venerdi in un incontro col corpo diplomatico straniero dove i militari si sono presentati come i veri architetti di una transizione tradita dai brogli elettorali della Lega”. Disfare il Nrpc significa mandare a monte il processo di pace che aveva portato a un cessate il fuoco generalizzato con le autonomie regionali armate. Molte delle quali sono ora tornate sul piede di guerra.

Il discorso del generale

Intanto il generale Min Aung Hlaing ha parlato al Paese dopo che la TV aveva annunciato un “giro di vite” per difendere la democrazia: un discorso vuoto ma che va sottolineato sul detto e il non detto. Nel detto c’è la promessa del rimpatrio dei Rohingya (non nominati come tali), a indicare forse che la responsabilità della loro cacciata dal Paese non è colpa dell’esercito o per rispondere alla richiesta del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Quanto al non detto: silenzio sulle proteste e sulle elezioni tra un anno come promesso: indicazione di un piano di lungo respiro.

“Sparate a vista”

Intanto il coprifuoco è stato imposto dalle 8 di sera alle 4 del mattino in decine di township (divisione amministrativa) nelle diverse regioni mentre entra in vigore la famigerata legge 144: consente di sparare a vista in caso di violazioni gravi. Un avvertimento in una calma tesa, perché sinora polizia e militari si sono limitati a usare gli idranti a Naypydaw (anche se ci sarebbe stata a Mandalay una vittima delle squadracce). Si teme che il tempo serva a spostare da una città all’altra i contingenti militari (cosa che sarebbe già in atto) per far si che le forze di sicurezza non si facciano scrupolo a sparare su gente che non conoscono. Ipotesi buia che ricorda appunto al tattica del 2007, quando le proteste furono guidate dai monaci. E’ anche vietato l’assembramento di più di 5 persone, manovra aiutata dalle restrizioni Covid. Situazione confusa, in cui i militari giocano anche la carta “guerra psicologica”, con esperti di fakenews per tastare il terreno, intimidire, vedere le reazioni. Forse anche per questo il blocco di Internet e dei social va e viene in un quadro anomalo dove non è chiaro quanto sia tattica, strategia, improvvisazione.

Emanuele Giordana
Atlante delle Guerre
10 febbraio 2021

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