Sono Carlo, parroco nel rione Bosco Minniti alla periferia di Siracusa…


Uno dei 200.000


Sono Carlo, parroco nel rione Bosco Minniti alla periferia di Siracusa. Ho partecipato assieme ad una decina di parrocchiani alla marcia. Ma davvero bella è stata l’esperienza dell’ONU dei popoli. Ho potuto costatare che se purtroppo “le tenebre (dei diritti negati) ricoprono la terra”, è ancor più vero che questa notte è però piena di […]


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Sono Carlo, parroco nel rione Bosco Minniti alla periferia di Siracusa. Ho partecipato assieme ad una decina di parrocchiani alla marcia. Ma davvero bella è stata l’esperienza dell’ONU dei popoli. Ho potuto costatare che se purtroppo “le tenebre (dei diritti negati) ricoprono la terra”, è ancor più vero che questa notte è però piena di stelle. Sono d’accordo con quanto alcuni dicevano a Perugia e cioè che sarebbe opportuno creare una sorta di consiglio permanente dell’ONU dei popoli: per dare continuità alle riflessioni, per coadiuvare un dialogo ed un sostegno tra tante realtà sparse nel mondo che discutono, lavorano, rischiano intorno ad un sogno di diritti accessibili a tutti. Poniamoci la domanda bella di come far sentire la vicinanza di tutti e la collaborazione di tutti a ciascuna persona o gruppo che nel mondo lavora per il riscatto dell’uomo.
Ci tenevo troppo ad essere presente alle giornate culminate con la marcia della pace. Un bisogno che mi nasceva dall’esigenza di rappresentare tutte quelle persone che continuamente passano dalla mia parrocchia (a tutt’oggi sono state circa 15.000 in 12 anni, provenienti da tutti i paesi del terzo mondo, Africa soprattutto) alla ricerca di qualcuno che li accompagni verso una integrazione così difficile in Italia, li accompagni nella giungla inestricabile degli uffici pubblici dello stato e nella caterva di circolari ministeriali che si ammassano in assenza di leggi chiare in materia di immigrazione e diritto all’asilo politico.
Volevo, con la mia presenza, dire a queste persone (60 in questo momento provenienti soprattutto dal Corno d’Africa) che hanno diritto ad avere diritti, che li voglio bene e che non è vero che portano il marchio perpetuo di “stranieri” o, peggio, di “clandestini”.
Il mio desiderio è stato realizzato.
Ho respirato a pieni polmoni la bellezza che si sprigionava da quelle testimonianze, il coraggio che infondevano tanti forti racconti.
Ma ritengo che sia necessario fare una riflessione su quello che di bello sta succedendo nel mondo e che a Perugia, a Terni, ad Assisi di nuovo è emerso. Non ci si disperda !
Io, nel mio angolino del sud – est della Sicilia, sommerso dagli arrivi di tanti disperati vomitati in mare dalle carrette degli scafisti, spesso faccio l’esperienza dell’isolamento, dell’essere guardato con fastidio dalle istituzioni e dalla gente. Sperimento come la variopinta popolazione che vive con me viene considerata abusiva nella città. Li cercano solo per il lavoro in nero.
Spero, tramite la Tavola della Pace e tutto il bello ad essa collegato, di poter discutere, confrontarmi, progettare. In questo modo, anche in questo estremo lembo d’Europa che è la Sicilia può arrivare l’onda lunga della speranza che ad Assisi ha celebrato la sua indistruttibile vitalità.
La tattica dei potenti di far terra bruciata intorno a chi è diverso da loro, la censura dei mezzi di comunicazione di massa (che ha colpito anche la Perugia – Assisi) possono essere controbilanciati dalla nostra capacità di relazionarci.


Grazie di tutto amici, buon lavoro.


Padre Carlo D’Antoni
Siracusa

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