Siria: continua la repressione, pena di morte per chi arma i “terroristi”


Giorgio Beretta - unimondo.org


Continua la violenta repressione del regime siriano con un nuovo bagno di sangue a Homs. Secondo il Consiglio nazionale siriano che raccoglie i gruppi di opposizione al regime, alcuni osservatori della Lega Araba sarebbero già a Homs ma non avrebbero sufficiente libertà di movimento.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
Siria: continua la repressione, pena di morte per chi arma i “terroristi”

Mentre continua la repressione violenta del regime siriano con un nuovo bagno di sangue a Homs, sono arrivati ieri dal Cairo 50 osservatori della Lega Araba autorizzati a entrare in Siria in virtù di un accordo sottoscritto da Damasco che fa parte di un più articolato piano per mettere fine a una crisi che va avanti dallo scorso marzo. Secondo Burhan Ghalioun, presidente del Consiglio nazionale siriano (Cns, organismo che raccoglie diversi gruppi di opposizione) alcuni osservatori della Lega Araba sarebbero già a Homs ma non avrebbero sufficiente libertà di movimento – riporta l'agenzia Misna.
Proprio a Homs ieri, secondo il Comitato di coordinamento locale – che promuove le iniziative di protesta – sono state almeno 33 le persone uccise dalle forze di sicurezza e altre vittime si sono avute a Daraa (nel sud) a Douma, un sobborgo di Damasco, a Hama e Idlib (nord). La stessa fonte riferisce di diversi arresti.
Intanto nei giorni scorsi il presidente Bashar al-Assad ha firmato una legge che prevede “la pena di morte per chiunque fornisca armi o aiuti a fornire armi per compiere atti di terrorismo” – riporta Amnesty International. “La legge potrebbe produrre gravi conseguenze, dal momento che secondo le autorità siriane le proteste contro il governo sono opera di ‘terroristi armati’. Si tratta di un ulteriore strumento dell’arsenale della repressione delle autorità di Damasco, che va annullato immediatamente” – ha commentato Philip Luther, direttore ad interim di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
In una delle settimane più terribili da quando a metà marzo sono iniziate le manifestazioni in favore delle riforme, sarebbero state uccise 170 persone, tra cui 70 disertori, nel bombardamento del villaggio di Kafr Awaid, nella provincia nordorientale di Idlib. Sarebbero rimasti uccisi anche decine di militari dell’esercito siriano. Dalle immagini pervenute ad Amnesty International, pare che alcune delle persone uccise fossero già state catturate, avendo i loro cadaveri le manette ai polsi.

Amnesty International è in possesso dei nomi di oltre 3800 persone morte dall’inizio delle proteste. È probabile che la maggior parte di esse siano state uccise dalle forze di sicurezza quando queste hanno aperto il fuoco su manifestanti pacifici, su coloro che partecipavano ai funerali di persone uccise durante le manifestazioni e su coloro che cercano di passare il confine. Sono stati uccisi anche membri delle forze di sicurezza, alcuni per mano di disertori che hanno preso le armi contro il governo.
Migliaia di altre persone sono state arrestate. Molte di esse sono tenute in isolamento in luoghi non resi pubblici, dove sarebbe frequente il ricorso alla tortura. Amnesty International ha redatto un elenco di oltre 200 persone morte in carcere da aprile. Gli attivisti accusano il governo di aver trasferito i prigionieri in basi militari – dove gli osservatori non possono andare – e di aver nascosto i cadaveri dalle strade e dall’obitorio di Homs – riporta oggi AsiaNews.
Da aprile, Amnesty International continua a chiedere al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di riferire la situazione della Siria alla Corte penale internazionale, di imporre un embargo totale sulle forniture di armi e di congelare i patrimoni del presidente Bashar al-Assad e di altre persone coinvolte, per averle ordinate o eseguite, in gravi violazioni dei diritti umani.
Un embargo sulle forniture di armi al regime di Bashar al-Assad a cui anche l'Italia dovrebbe rispondere. Come ha ampiamente documentato Unimondo sui carri armati T72 di fabbricazione sovietica sono da anni installati i sistemi di puntamento e di controllo del tiro TURMS-T: un sistema di terza generazione “especially developed for the fire control modernisation/upgrade of Russian origin T-family tanks” – spiega il sito di Selex Galileo, ex Galileo Avionica, una controllata di Finmeccanica. La commessa di Damasco per 500 sistemi di derivazione TURMS prodotti dalla allora Officine Galileo destinati all’aggiornamento dei carro armati T72 di fabbricazione sovietica del valore iniziale di 229 milioni di dollari (oltre 400 miliardi di lire) risale al 1998 (si veda qui) ma è continuata fino al 2009 quando il Governo Berlusconi ha autorizzato la consegna di 286 parti di ricambio e 600 ore di assistenza tecnica per “sistemi di derivazioni TURMS”.

Fonte: www.unimondo.org
27 Dicembre 2011

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento