Siria. Attacco a basi militari, 40 vittime. Sospetti su Israele


Nena News


Colpite nella notte diverse basi governative ad Aleppo e Hama, a due settimane dal raid aereo di Usa, Francia e Gran Bretagna. Il principale sospettato è Tel Aviv, impegnato negli ultimi mesi in una dura escalation diplomatica e militare contro l’Iran


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Nella serata di ieri un attacco aereo ha colpito diverse base militari siriane tra le province di Aleppo e Hama. A due settimane dal raid aereo congiunto di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, il governo di Damasco ha denunciato ieri una nuova aggressione esterna, missili “nemici” come riporta la tv di Stato.

L’attacco è avvenuto ieri sera alle 22.30 ora locale, diverse esplosioni si sono sentite nelle zone rurali delle due province. Diverse le versioni che da ieri vengono date così come diversa è la conta degli eventuali feriti. Secondo l’Osservatorio Siriano per i diritti umani, organizzazione basata a Londra e legata alle opposizioni al presidente Assad, in almeno due delle basi colpite sarebbero stati presenti soldati iraniani, nella città di Salhab, a ovest di Hama. Colpite anche basi governative intorno all’aeroporto di Aleppo.

L’agenzia russa Sputnik, citando fonti militari siriane, indica nel deposito di armamenti della 47esima Brigata dell’esercito siriano il target: le esplosioni, scrive, hanno provocato un incendio.

Il quotidiano Tishreen invece identifica i presunti responsabili nella “coalizione” a guida Trump, ovvero Usa e Gran Bretagna: i missili, aggiunge, sarebbero partiti da una base giordana. Ma le voci più insistenti parlano di un nuovo attacco da parte israeliana, dopo le ripetute incursioni e i ripetuti raid degli ultimi anni, intensificati subito prima dell’operazione statunitense su Damasco (pochi giorni prima jet israeliani hanno bombardato la base T4 a Homs, uccidendo sette soldati, di cui almeno quattro consiglieri militari iraniani).

Più di una fonte cita a riprova della responsabilità israeliana le dichiarazioni di ieri mattina del ministro della Difesa di Tel Aviv Avigdor Lieberman: “Non abbiamo intenzione di attaccare la Russia o di interferire nelle questioni interne siriane – ha detto durante la conferenza annuale del Jerusalem Post – ma se qualcuno pensa che sia possibile lanciare missili o attaccare Israele o anche la nostra aviazione, senza dubbio risponderemo e risponderemo con grande forza”.

Il chiaro riferimento è all’Iran, contro cui Tel Aviv imbastisce da anni una campagna diplomatica e militare che sta trovando in questi mesi il sostegno della nuova amministrazione statunitense, oltre a quello dell’Arabia Saudita. Sebbene Teheran non abbia mai attaccato il suolo israeliano o compiuto operazioni contro gli alleati Usa nella regione, la narrazione rimane la stessa e si radica nelle politiche mediorientali della presidenza Trump, farcita di falchi anti-iraniani e ora diretta a smantellare l’accordo sul nucleare siglato con il 5+1 nell’estate 2015.

Alta tensione anche a nord est, a Deir Ezzor, dove ieri scontri significativi sono esplosi tra le Forze Democratiche Siriane (federazione multietnica e multiconfessionale, guidata dalle Ypg curde è sostenuta dagli Stati Uniti) e truppe governative. Le Sdf hanno cacciato da quattro villaggi i soldati siriani che li avevano ripresi per alcuni pre nella giornata di ieri. Secondo fonti delle Sdf, a fermare l’avanzata governativa è stata la coalizione statunitense attraverso non meglio precisati “canali di de-escalation”. Non è chiaro dunque se i jet statunitensi o i Marines a terra abbiano preso a parte a scontri diretti con l’esercito siriano, una possibilità che metterebbe gli Usa in prima linea contro il principale alleato della Russia.

Nena News

30 aprile 2018

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